sabato 9 aprile 2011

EMMA SONO (UN PO') IO

Normalmente Emma amava le persone generose nelle dimostrazioni d'affetto, e lei per prima non lesinava su baci, carezze e abbracci a prescindere da chi le capitava sottomano, ma forse perché sapeva che la sua migliore amica era innamorata di quello che sarebbe potuto diventare il suo ragazzo, la stretta le parve soffocante. Quando cercò di prendere una boccata d’ossigeno si ritrovò in bocca una manciata di capelli e un pezzo della sciarpa dell’amica. Non voleva che l’altra capisse che cercava di respingere l’abbraccio, ma d’altra parte le sarebbe dispiaciuto di vederla andare in giro con la sua saliva dappertutto.
“Vedo sì che sei felice” commentò sciogliendosi dalla stretta “mi stai strozzando! Ma chi è il fortunato destinatario di tanto amore?”
Finalmente aveva fatto la domanda fatale e inutile, dato che conosceva già la risposta.
“Indovina?”
”Proprio non ne ho idea…”
Laura arrossì un po’ e abbassò gli occhi.
“Cristiano”
Emma deglutì, e l’altra si girò repentinamente per studiare la reazione dell’amica allo scoppio della bomba atomica, e si accorse di star guardando una città che cercava di rimettersi in fretta in piedi dopo una disgrazia di proporzioni epiche.
“E lui che cosa ne pensa?”
Il sorriso di Laura si spense, quello di Emma cercò debolmente di accendersi come una lampadina che sta per scoppiare e fa luce ad intermittenza.
“A dire il vero non lo so. Gliel’ho detto ieri notte e non mi è sembrato molto sorpreso…un po' come te adesso, insomma. Forse se l’aspettava…magari gli ho fatto capire più cose di quelle che avrei voluto”
“In effetti anch’io ci ho pensato qualche volta” postillò Emma con tono leggero, tralasciando di riferire che il pensiero le aveva fatto venire mal di pancia.
“Comunque alla fine non ha detto niente di preciso” proseguì Laura, mentre il sorriso le tornava sulle labbra “ma penso di piacergli almeno un po’. E poi ci conosciamo da così tanto tempo che non potremo non stare bene insieme, non ti pare? Forse sono esagerata, non vorrei sembrare spocchiosa come Luna ma sto cercando di pensare positivo”
Io sto cercando di capire se sia possibile amare e odiare una persona allo stesso tempo!’ pensò Emma, perché da una parte i suoi sentimenti per Laura non erano mutati, e come non poteva farsi una colpa per il sentimento nato tra lei e Cristiano allo stesso modo non poteva aggredire l’amica perché si era innamorata di lui. Ma d’altro canto, come faceva lei, innamorata con la stessa intensità, a reprimere la voglia di prenderla a schiaffi per quello che aveva detto? Credeva forse di non avere rivali solo perché lo conosceva da sempre?
Dio che nervi!
Quello poteva essere il momento migliore per dire tutta la verità.
Sputare il rospo, prego, oppure sputare tutti i denti. 
Ma non poteva prendere quella decisione senza prima consultare Cristiano perché le parti coinvolte erano tre, non soltanto due, e non era escluso che la sua durezza della notte precedente avesse portato il ragazzo a decidere che in fin dei conti era meglio mettersi con Laura. Data la sua propensione di quella mattina a vedere tutto nero come le palle di un toro, Emma avrebbe potuto vagliare qualsiasi ipotesi.
Si infilò in fretta gli occhiali da sole e mise mano alla portiera.
“Se non ti spiace esco a fare una fumatina prima di partire” sbottò verso Laura “non resisto fino alla stazione…”
La sua amica ci rimase evidentemente male, perché mal di stomaco a parte non si era aspettata una reazione così fredda da parte di Emma.
Si comportava non soltanto come se quella cosa non le importasse ma anche come se le desse fastidio. Aveva bisogno di indagare e vederci chiaro, perché anche il modo in cui aveva reagito Cristiano la sera precedente le aveva dato parecchio da pensare. Essendo insicura sui sentimenti di lui si aspettava il sostegno e le rassicurazioni della sua migliore amica e quindi, uscì dalla macchina e si avvicinò alla compagna, che fumava in silenzio.
Non c’era anima viva in giro. 
La mattina sorgeva cupa, in sintonia con l’umore schifoso di Emma che proprio non sapeva che pesci pigliare. Se non avesse prevalso il bisogno di tenere segreto quello che stava provando si sarebbe affrettata a chiamare Cristiano e chiedergli consiglio. Da come aveva messo le cose quando si erano salutati la sera prima pareva che la decisione dipendesse soltanto da lei. Aveva cancellato dal cellulare i messaggi che si erano scambiati perché dovendo dividere la stanza con Laura aveva pensato che non sarebbe stato prudente lasciare in giro tracce che avrebbero potuto scatenare la Terza Guerra Mondiale, e lì sul momento non riusciva a ricordarsi che cosa esattamente lui le aveva scritto. Davvero l’aveva indotto a credere che fosse solo lei l’indecisa? Ma perché cavolo i casini universali dovevano dipendere dalle sue decisioni? E perché le suddette decisioni non erano mai facili da prendere? E infine, fatto molto rilevante, lui non si preoccupava di poter guastare l’amicizia con Laura? Dopo tutti quegli anni, come poteva non farsi un minimo di scrupolo?
Ah già, gli uomini. Se li guida il pisello, possono combattere una guerra a mani nude.
“Perché sei così silenziosa stamattina?”
Emma si girò a guardare Laura e per un istante il mondo ondeggiò. 
La prima sigaretta del giorno dopo ore di astinenza le faceva sempre l’effetto di una sberla improvvisa in faccia. Che doveva dire a quel punto? L’amica non poteva lasciarle un attimo di tregua? Cosa si aspettava che facesse dopo quella confessione, che desse fiato alle trombe? 
La rabbia riprese il sopravvento, e si odiò a morte per aver pensato quelle brutte cose su Laura.
“Senti scusa davvero se non sembro in vena, sono una migliore amica di cacca lo so, ma dato che staremo in camera insieme te lo devo dire: la mattina non parlo quasi mai. Mi posso alzare a qualsiasi ora ma esco dalla fase REM solo verso le undici e dopo almeno tre caffè…porta pazienza”
L’altra sembrò immediatamente sollevata.
“Hai fatto bene a dirmelo, dato che io invece sono sempre in vena di chiacchierare. Pensa che casino se non l’avessi saputo…mi avresti odiata! Osserverò il massimo silenzio finchè non avrai preso il tuo terzo caffè, promesso! Però adesso me lo puoi dare un abbraccio? Prima eri così distante…non sei arrabbiata con me vero?”
Ma come poteva fare la stronza di fronte ad una persona così? Come?
Abbracciò Laura subito dopo aver gettato il mozzicone della sigaretta poco distante.
“Prima avevo la tua sciarpa in bocca” ammise ridendo “non volevo sbavarti addosso”
La compagna si unì alla sua risata e poi, accennò all’auto.
“Cosa dici? Partiamo? Gira e rigira siamo qui da venti minuti…”
“Andiamo, prima di perdere l’appello” ribattè allora Emma e salì in macchina, allacciando la cintura di sicurezza e pensando che partire era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare. 
Quando l’auto si mosse lanciò uno sguardo disperato verso casa sua. Era assurdo ciò che stava pensando, eppure sentì in quell’istante che le cose si sarebbero messe male e che forse non sarebbe più tornata indietro. Anche lasciando perdere quella sua speciale abilità nel portare al parossismo ogni emozione c’era davvero qualcosa nell’aria, qualcosa che nel suo stato mentale sovreccitato dalla veglia e dalle preoccupazioni, Emma era riuscita a recepire.
Giunsero in stazione quasi per prime.
C’erano soltanto le quattro secchione della classe che parlavano con un professor Pastorelli dall’aria inedita. Il vecchio soprabito che usava d’inverno era stato sostituito da un poncho impermeabile bordato di pelliccia e sui capelli sale e pepe l’uomo portava un basco di sbieco.
“Ma dove crede di essere il prof?” domandò Laura divertita, mentre trascinava la valigia pesantissima nella sala d’aspetto della stazione.
“Mi chiedo solo come farò a superare l’appello senza ridergli in faccia” commentò a sua volta l’amica “Ed è fortunato che stamattina mi sento di merda…"
In effetti lo spettacolo era molto più che insolito, anche se l’abbigliamento non aveva in alcun modo apportato differenze all'uomo che c’era dentro. Bastò il suo pesante sarcasmo a far capire che il cane rognoso e represso che era in lui non si era assopito ma aveva solo cambiato aspetto e tuttavia, quelle due biglie nere e lucide che aveva al posto degli occhi quella mattina sembravano meno opache del solito. L’elettricità che si poteva respirare nell'aria per quella partenza sembrava che l’avesse in qualche modo rinvigorito e si capiva molto bene quanto tenesse a quella gita, contrariamente a tutti gli altri partecipanti. I minuti passavano e dopo essere stata sconfitta dalla sua vecchia conoscenza Paranoia, Emma si vedeva di nuovo in piedi sul ring, conciata peggio di Rocky nei minuti finali dell’ultimo round, a prendere a pugni l’Ansia. Le sembrava di vedere la sua faccia coperta di sangue, con un sopracciglio spaccato, il naso ridotto ad una polpetta e gli occhi…oh mamma! Gli occhi erano uno spettacolo vivente di colori varianti dal viola al nero e al verde. Da qualche parte nella borsa che portava sempre a tracolla, doveva esserci anche del collirio. Non si ricordava nemmeno se l’aveva infilato in qualche taschino insieme alle pastiglie per tenere a bada il mal d’autobus…Pastiglie, nausea, mezzo litro di caffè e un uomo che pretendeva di presentarsi con un ridicolo poncho ed essere preso sul serio…Che altro doveva aspettarsi quella mattina? Un elefante col tutù che faceva piroette per la stazione o magari un principe azzurro su un cavallo bianco che sarebbe arrivato a rapirla e riportarla a casa? Pastorelli aveva già segnato il suo nome sulla lista: non poteva più tornare indietro, neanche accusando qualche malanno improvviso perché se c’era qualcosa che l’uomo sapeva fare a meraviglia, era smascherare una bugia a tempo record, riuscendo anche nel frattempo a spuntarsi un sigaro. L’ansia la stava battendo alla grande. 
Il terzo round era appena iniziato e le aveva già fatto ingoiare tutti i denti. Sapeva che Cristiano avrebbe presto varcato la soglia della stazione e si domandava con quanta abilità loro due sarebbero riusciti ad eludere gli sguardi sospettosi di Laura, che di sicuro li avrebbe puntati come un pointer non appena li avesse avuti entrambi a tiro. Emma poteva anche sentirsi come se avesse dimenticato a casa il cervello, ma il commento dell’amica in macchina, quando le aveva rivelato della stessa tiepida reazione che sia lei che Cristiano avevano manifestato di fronte alla confessione del suo amore non le era sfuggito. Se sospettava qualcosa, non avrebbe mollato facilmente la ciccia finché ce l’aveva tra i denti.
“Emma sei ancora nel mondo dei vivi?”

2 commenti:

  1. Sei molto brava. Davvero molto! Riesci a muoverti con un approccio particolare in situazioni narrative che in apparenza possono sembrare comuni, ma che con il tuo linguaggio carichi di una strana elettricità e le rinnovi e le muti mentre le dici. Come se dietro quel velo di ironia e anche di una certa tensione, si nasconde qualcosa che sta per scoppiare. Scrittura molto fisica, come le manciate dei capelli e il pezzo della sciarpa nella bocca, che scivola e incuriosisce. Ottimo il ritmo.
    Luigi

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  2. Caro Luigi, ti ringrazio sinceramente con tutto il cuore!! =D
    Mi permetto di essere sincera con te e dirti che troppo spesso non ho avuto stima di me e dei miei lavori ma ultimamente mi sto un po' rivalutando e, come nel caso di questo romanzo (iniziato ormai un milione di anni fa -credo nel 2004, in varie "versioni"- e fermo a pagina 202, a metà strada), a volte mi stupisco di quello che scrivo. Adesso non vorrei eccedere nel senso opposto e quindi diventare presuntuosa, come scrittrice sono costantemente in fase di studio e sperimentazione e non mi considero mai "arrivata", però credo che converrai che un po' di sana autostima ci vuole ;) e così in questo momento di esaltazione, le tue parole mi fanno doppiamente piacere, davvero, perciò GRAZIE MILLE ANCORA!

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