giovedì 31 dicembre 2015

IL REGALO PIÙ BELLO

Vabbè, dai, sta finendo il 2015: metto da parte quello che non mi piace più e lo lascio indietro. Che poi posso lamentarmi ancora delle piccole cose che non funzionano nella mia vita o delle persone con cui non vado d'accordo, ma in verità sono la donna più felice del mondo perché non importa in quanti casini mi ritrovo, o quanti impegni posso avere (che mi prendo controvoglia perché sono un fenomeno), non starò mai male quanto lo sono stata dalla fine del 2010 alla metà di questo 2015.
A ben guardare ogni fine anno da allora, incluso l'anno scorso, è stato tutto un'ansia, un'ipocondria, un attacco di panico e/o una depressione, tanto che adesso mi sembra davvero di vivere un sogno. Non so spiegarmi con altre parole: è un sogno che si è avverato.
Bene o male la mia quotidianità di oggi è la stessa di qualche anno fa (ben lungi dall'essere "perfetta"), solo che ora mi piace. No, di più: la amo. Amo ogni singolo giorno che vivo, ogni stupidaggine, anche il disagio in fondo, quando riesco a usarlo per compiere piccoli o grandi passi verso il cambiamento. Ci sono ancora quei momenti di grandi dubbi e di abbondanti pianti, ma sono l'eccezione e non la regola, e svegliarmi ogni mattina con questa serenità, con la voglia di alzarmi dal letto e di ridere o anche solo di sorridere è il più alto successo che ho mai raggiunto. Tutto il resto è opzionale, se deve arrivare di meglio sarà il benvenuto, ma sia chiaro che potrei campare anche soltanto di questa gioia per il resto dei miei giorni. E se strada facendo incontrerò altri ostacoli adesso so di avere la forza di superarli... perché non sarà mai più come negli ultimi quattro anni e mezzo, e allora sarà solo e soltanto una benedizione. 
L'amore che ho provato soprattutto in questi ultimi mesi, la comprensione e la vera compassione mi hanno cambiata tanto che spesso non mi riconosco, devo fermarmi e concentrarmi per poter sentire distintamente questo calore e riconoscerlo come qualcosa di mio, che parte da me e non arriva da fuori. È un regalo che ho pagato a caro prezzo, ma ne è valsa la pena. È valsa la pena di guardare in faccia il dolore, quell'immenso buco nero che mi si era scavato nell'anima, anche se ho avuto una paura fottutissima di farlo e di non riuscire a sopportarne il peso. Tutto ha senso, adesso che riesco a portare all'esterno qualcosa di buono e di autentico che nasce da me... e non il contrario.

PICCOLE GRANDI PERDITE

Di nuovo in fase calante. Ma di quelle che proprio non riesco a scrivere nemmeno sotto tortura, e la cosa ridicola è che prima di Natale me ne andavo in giro dichiarando che non vedevo l'ora che passassero il venticinque e il ventisei per potermi mettere a scrivere "di nuovo" "come dio comanda". Uhm, ok, che cosa mi sono persa?
Ah già, la fotta. Ecco che mi sono persa per strada. 

Devo smettere di mangiare pandoro zuccherato, tutta quella merda chimica mi sta mandando in pappa il cervello.

martedì 29 dicembre 2015

POCHE MA IMPORTANTI CERTEZZE

Mi sono iscritta a due corsi in palestra per stasera ma oggi mi sono alzata a mezzogiorno, ho finito di pranzare alle quattro e un quarto e adesso che son le cinque passate non so ancora, esattamente chi sono, dove mi trovo, che giorno è. 


Dai, CULO PESO, che devi
smaltire il pandoro!!!!!
Le poche certezze del momento sono quattro secchiate di biancheria da lavare, i ricordi che mi cagionano disagio (è la fiera del disagio, ultimamente...) e la faccia brufolosa (hai voglia a depurarti dopo giorni di cibo spazzatura, stamattina ho mangiato della frutta fresca e il mio apparato digestivo si è spaventato).

lunedì 28 dicembre 2015

DYSAGIO E INQUIETUDINE - PARTE 2458412548

Mi sono appena accorta che mio padre ha un profilo Facebook e che lo aggiorna molto più spesso di me, e non capisco per quale motivo il fatto mi inquieta così tanto. Forse è perché penso che lui che ha sessantaquattro anni si è adattato al mondo tecnologico meglio di me che ne ho trentasei, e ogni tanto in segreto mi riscopro a rimpiangere gli anni Novanta (non soltanto per le taglie comode).
Per scrollarmi di dosso l'inquietudine ho fatto un giro nel mio carrello di Amazon che straborda di libri e film, guardare il suo contenuto mi fa sentire inspiegabilmente bene anche se non posso impegnarmi nell'acquisto, e anche se il benessere che ne traggo è effimero come lo è il sollievo dopo un gesto dettato dalla compulsione. Tipo quando entro in libreria con fame di libri, esco a mani piene e nei dieci minuti successivi tutto mi sembra perfetto e meraviglioso. 
Mi manca proprio tanto, la mia routine di lettura e scrittura, troppa realtà sotto le feste mi ha inaridito l'anima e mi ha lasciata in uno stato di prostrazione e insofferenza. Mi manca il non aver voglia di spegnere la luce, la sera, perché non riesco a mollare il libro del momento, e mi manca anche il mondo in cui ero entrata con l'ultimo romanzo in lavorazione e che alla fine ho dovuto abbandonare. Appena finisco di frignare per tutte queste mancanze chissà, magari mi rimetto a leggere e scrivere come dio comanda.

Stasera ha chiamato mia nonna. Malaticcia, ma contentissima per la festa di ieri. Non ha nemmeno accennato al comportamento del nonno che è stato più psicopatico del solito, né io ho avuto la forza di dirle che cazzo, stavolta ha davvero esagerato. Stavo pensando che però era giusto farglielo presente, tanto per chiarire che anch'io ho dei sentimenti, quando lei se n'è uscita con meno male che c'eri tu, sei una persona squisita, tu sì che sai come prendere il nonno, con la giusta dolcezza, e guarda che lui lo sa che lo capisci.
Minchia, meno male che lo sa e mi vuol bene. Come si comportava se gli stavo sul cazzo???!

sabato 26 dicembre 2015

Scrivo post e poi li cancello. Com'è la storia?
È che quando sento la necessità di lamentarmi per iscritto è come se facessi un passo indietro e tornassi ad essere una persona che so di non essere più, e ne percepisco interamente la forzatura. Non sono a favore del cieco ottimismo perché la vita non va sempre bene, non è sempre meravigliosa ed è giusto guardare in faccia anche il suo lato meno brillante, ma in fondo lamentarmi che beneficio mi porta? Ormai lo so com'è la mia famiglia, so che sotto le feste dà il peggio di sé, brontolare è solo far suonare un disco rotto. Difficile che gli altri cambino, anzi, col passare del tempo mi aspetto che peggiorino, quindi sta a me prendere certe situazioni in modo diverso.
L'altra parte della storia, quella che per sopravvivere a questo periodo ho fatto finta di non vedere, è che appena ho smesso di scrivere la realtà mi ha travolta come un'onda e ha invaso completamente la mia vita. Ecco perché sto male. Ecco il perché delle paranoie. Troppa realtà, troppa quotidianità nuda e cruda, vista senza le speciali lenti filtranti che si mette il mio cervello quando sono in fase creativa.
C'è che sono stata anche un po' incazzata con me stessa perché farmi prendere seriamente come scrittrice e ritagliarmi il tempo di leggere e scrivere sta a me, sono io a dover mettere dei paletti.
Ma alla fine anche un'incazzatura così ha il valore che ha. Se spendessi anche solo la metà del tempo che spendo a incazzarmi per fare scelte ragionate per il futuro sarei già a metà strada.

mercoledì 9 dicembre 2015

MA È UN'INGIUSTIZIA PERÒ! (cit.)

Il momento in cui ho impegni, COSE DA FARE, GENTE DA VEDERE ma tutto quello che desidero è stare chiusa in casa a scrivere.
Frustrazione maxima.
Mi immagino la vita che tenta di farmi imparare la lezione del giorno, ovvero che nel casino devo imparare ad organizzarmi, e io trovo questa iniziativa lodevole... ma non potrebbe darmi lezioni non so, il mese prossimo? O quando non ho la fotta e l'ispirazione che poi per forza di cose si sgonfiano come un soufflé mal riuscito??!!! 
Comunque questo non è un post-lamentela, lo giuro, è solo un promemoria che lascio qui per la prossima volta che mi verrà voglia di prendermi degli impegni non necessari solo perché sono buona, sono compiacente, sono sempre gentile e si avvicina Natale.

martedì 8 dicembre 2015

ARGH IL POLPACCIO... M'È VENUTO UN KRAMPUS!

Che spettacolo sabato a Tarvisio a vedere la sfilata dei Krampus... ho ancora le pelle d'oca solo a ripensarci e nello stesso tempo mi rammarico perché la giornata mi è sembrata troppo breve, e la sfilata troppo veloce. A questo punto vorrei tanto non porre la classica domanda inutile che suona più o meno come «Ma perché le cose belle durano sempre poco?!» ma ops', l'ho appena posta. Mi è scappata. Vabbè, passiamo oltre.

[Fonte]
A Tarvisio il cielo era limpidissimo e c'erano appena quattro gradi, un freddo becco. Non che mi sia dispiaciuto dato che amo pazzamente il freddo... ho mai accennato al fatto che amo pazzamente il freddo? Lo amo, sono sicura che con le opportune ricerche scoprirei che i miei antenati venivano tutti dal Circolo Polare Artico.
I Krampus sono arrivati con il buio, dopo le cinque, sfilando per una strada che scoppiava di gente. Ho tentato di fare delle fotografie e ho visto più teste di turisti che altro, tanto che alla fine ho lasciato perdere le foto e mi sono buttata quasi in mezzo alla strada, oltre un gruppo di ragazzini alti come pertiche che non mi facevano vedere niente. Questi bestioni sono scesi da stradine secondarie facendo versi belluini, con catene e campanacci, con le fiaccole e le fruste, e saranno state maschere quelle che avevano in faccia ma io a guardarli mi sono fatta lo stesso la cacca in mano. Un'esperienza unica, credo proprio che l'anno prossimo dovrò ripeterla. Tra parentesi ho scoperto con sommo disappunto che non esiste un libro serio su questa specifica tradizione e/o sui Krampus stessi, se mai un giorno dovessi avere i mezzi per farlo lo scriverò io.

Intanto mi è venuta una fotta che se non scrivo entro le prossime ore mi scoppiano gli arcobaleni nel cervello, ma prima mi tocca la decorazione del povero alberello spelacchiato (con il topo abbiamo decretato che questo sarà il suo ultimo Natale), con sottofondo di musiche natalizie e gran finale con Ciobar e pandoro, per iniziare degnamente il periodo dell'ingrasso festivo. Evviva *RUT*

mercoledì 2 dicembre 2015

GIRAMENTI

Oggi è proprio una di quelle giornate in cui il mondo mi va di traverso anche se non ha fatto niente per rendersi odioso. È l'opposto di quando vivo nel flusso dell'amore cosmico e amo tutti a prescindere: oggi mi stanno tutti sul cazzo a prescindere. Non che io sia maleducata o che tenga il muso, non sia mai che l'Inquisitrice mi consenta di essere né poco né tanto stronza con gli altri come capita a tutti di tanto in tanto (non posso essere una Cattiva Bambina, guai, pena la dannazione eterna). Come dico sempre in giornate simili, anche Gandhi avrà avuto un giramento di coglioni una volta nella vita, figuriamoci se non posso averlo io.

PICCOLI GRANDI TRAGUARDI e RESOCONTI DI FREDDO E DI GELO

L'altro ieri è finito il NaNoWriMo e per questo mi sento un po' triste e un po' sollevata.
In un certo senso ho barato sulla vincita, perché volevo arrivare alla meta senza contare le parole che avevo già scritto prima di iniziare e invece alla fine ho conteggiato anche quelle, quindi a competizione chiusa ho tolto gli avvisi dai social e ho fatto finta di niente. Diciamo che questa è stata più che altro una vittoria morale, ecco.
Comunque, sono sollevata per la fine del NaNo perché il numero fisso di parole quotidiane sommato agli impegni stava per farmi sbroccare, adesso se anche ne scrivo appena cinquecento di parole perché sono riuscita a rosicchiare solo un'ora alla giornata non mi sento in qualche modo manchevole.


Domenica sono stata a Poveglia, per una gita che resterà scolpita per sempre nella mia memoria.
Ero emozionata, ma non avevo aspettative. Sto imparando cose molto interessanti, in questi giorni, sulla gestione delle aspettative, e avendo letto di tutto e di più sull'isola e il manicomio (o casa di riposo per anziani, o quel che è stato il posto) ho cercato di mantenermi il più distaccata possibile.
Alla partenza da casa, alle sette circa, eravamo un bel po' sotto zero, ma secondo me non eravamo tanto sopra nemmeno quando siamo partiti in barca dalla laguna di Chioggia un paio d'ore dopo. C'era il sole, e il viaggio è filato liscio e tranquillo. E il sole splendeva anche a Poveglia, ma in mezzo alla giungla di piante, per non dire all'interno degli edifici, faceva un freddo insopportabile, del genere che ti si infila sotto i vestiti non importa quanto sono pesanti e ti entra nelle ossa. Una volta a casa, la sera, sono rimasta sotto la doccia bollente per mezzora per tirarmi via la sensazione del sangue gelato.
Non mi metterò a raccontare di aver visto o sentito cose strane, ma dopo aver passato un ponticello che separa due parti dell'isola per andare a calpestare il suolo che era stato adibito a cimitero (o grande fossa comune che dir si voglia) mi si è rivoltato lo stomaco. Quella parte dell'isola è più spoglia, per mancanza di edifici ma anche della vegetazione che invece abbonda altrove, e alla fine del ponte c'è un odore tremendo di non si sa cosa, forse di acqua che ristagna (ma giuro, a me non sembrava affatto acqua stagnante). 
Ci sono rimasta solo qualche minuto, e mi è bastato.
Ma anche senza andare alla ricerca di fantasmi e anime in pena, girare per Poveglia inquieta come inquieterebbe qualsiasi altro posto nelle sue stesse condizioni (giova anche il pensiero di trovarsi su un'isola in mezzo al mare, perché è un posto da cui non si può fuggire senza mezzi adeguati). Sicuramente emette una forte vibrazione, da persona nient'affatto impressionabile (non in questo senso almeno) giuro che al primo piano dell'edificio principale ho avuto la pelle d'oca come mai in vita mia, e non mi sono voltata indietro a guardarla dalla barca mentre me ne andavo, ma alla fine non fa così paura. 
Certo, non di giorno, con il sole e una compagnia di trenta persone.