sabato 31 dicembre 2016

FESTEGGIO QUANDO MI PARE

Quando continuo a scrivere e riscrivere un post senza mai concluderlo, o lo concludo ma cancello tutto quello che ho scritto prima di pubblicarlo, è un segno inequivocabile che il post non funziona e che dovrei smettere di essere un'ostinata testa di cazzo. Questo post in particolare era qui nelle bozze dal 9 dicembre, di tempo ne è passato un bel po'. L'8 dicembre è successo qualcosa di inaspettato e poco piacevole, seppur non grave, che ha dato una batosta tale al mio umore che da allora non si è più ripreso, e scrivere che cos'è successo all'inizio del mese adesso che l'anno è praticamente finito mi sembra davvero stupido, quindi non lo farò.
In alternativa avevo pensato a un post speciale per celebrare l'ultimo giorno del 2016... ma poi mi sono resa conto che proprio non me ne frega una ceppa del Capodanno, del fuori il vecchio e dentro il nuovo, e l'unico pensiero che smuove qualcosa nel mio cuore di pietra è quello di essere riuscita a piazzare sessanta titoli nella libreria di aNobii come avevo deciso di fare a gennaio. Chiaramente non sono pronta per un cambiamento oggi. Quando sarò pronta festeggerò il mio personale Capodanno anche se sarà aprile.


mercoledì 7 dicembre 2016

APOCALISSE NATALE

Non dovrei (poi sto male, mi viene da piangere), ma me ne frego e lo faccio. L'ho già fatto e probabilmente continuerò a farlo. Che cosa? LA NOSTALGICA. 
Oggi ho la netta impressione di aver passato almeno l'ultimo anno a seppellire la nostalgia sotto un cumulo di altre emozioni, per non sentirla, per soffocarla. Nostalgia e malinconia mi hanno sempre fatto visita in almeno due momenti fissi dell'anno, a settembre e a dicembre, ma anche in altre occasioni. Da un punto di vista maturo ed equilibrato non ci vedo nulla di male, sono emozioni come altre, fine della storia, non tiriamoci ulteriori pippe.
Il guaio è che io sono tutto meno che matura ed equilibrata, io le emozioni le sfondo come ho sfondato gli stivali, a marzo, a forza di camminare per le calli veneziane. Il melodramma è mio fedele amico, la tragedia greca viene a cena da me una sera sì e l'altra pure, è tutto "come in un film", a volte ho persino una colonna sonora dedicata (ho guardato troppa televisione in gioventù, troppa davvero). Per tali ragioni, quando mi dedicavo consapevolmente alla nostalgia e alla malinconia finiva che ci sguazzavo per farmi male, alla ricerca di pretesti per mettere il cilicio (come se mi servisse un pretesto oltre al fatto di essere al mondo), per recriminare. E l'unica soluzione che ho trovato all'annoso problema del masochismo è stata quella sbagliata: la negazione.
Va bene, Nostalgia & Malinconia, tra noi è tutto finito, abbiamo chiuso!
Come se a loro fregasse qualcosa. Le emozioni in me hanno lo stesso funzionamento della Creatività: io cerco di piegarle alle mie regole, le vesto col grembiulino col fiocco e le faccio sedere al banco di scuola per insegnare loro come voglio che si comportino... e a loro non frega un cazzo. Si puliscono il moccio con la manica del grembiule, lo imbrattano di proposito con i colori a tempera, lo usano per pulirsi le mani sporche di marmellata dopo aver fatto merenda. Buttano all'aria la sedia e il banco e corrono in tondo urlando, spensierate e felici. Guarda quanto cazzo ce ne frega delle tue regole!
Hanno ragione, comunque. Tentare di imbrigliarle è una follia. Sono nate per essere quello che sono, e niente di quello che potrei dire o fare servirà mai a cambiare questa realtà. Dovrei solo strapparmi di dosso la divisa di rigida insegnante e correre in tondo urlando insieme a loro. Dovrei fidarmi... di dove mi vogliono portare, di quello che mi dicono e che mi fanno fare. È che ancora non ce la faccio. Non mi fido di me. E se poi faccio una cazzata? Se faccio male a qualcuno? Insomma, capite di che cosa sto parlando.
Il guaio, se di guaio si può parlare, è che adesso la Nostalgia non si seda più in nessun modo, pervade interamente la mia persona e si prende tutto il tempo libero che ho, tutte le mie energie. Perché finora di tempo e di energie non ne ha avute nemmeno per sbaglio. Fa bene a imporsi. Picchiami duro, ci sta.
Di recente io e il topo abbiamo festeggiato undici anni di matrimonio (e sedici insieme). Non sono tantissimi, ma sono comunque un bel po'. Undici anni fa avevo ventisei anni, ero ancora giovane... non che adesso io sia vecchia, forse ho più energie di quante ne avevo allora che fumavo quasi un pacchetto di sigarette al giorno e mangiavo cose che voi umani non potete immaginare (tipo le patatine fritte precotte e scaldate nel microonde - tanto vale ciucciare una ciabatta di plastica), ma la mia è una vecchiaia emotiva... sono vecchia dentro, capite? Una decrepita novantenne che se ne va in giro pronunciando frasi che iniziano con «Eh, quand'ero giovane io...» oppure «Una volta, quando non c'erano i social...». Ma adesso i social ci sono, gli smartphone ci sono e non posso farci niente. E non ho più ventisei anni, altro fatto a cui non posso porre rimedio.
E non è finita qui.
Non è finita perché non sono soltanto vecchia dentro, ma riesco ad essere anche un po' adolescente dentro, con tutte le mie fantasie di fuga dalla realtà e dalle responsabilità, e dai rapporti interpersonali. La ribellione in ritardo, quando mi sto avvicinando ai trentotto anni (con tutto che meglio tardi che mai, eh...). Ho reso l'idea? Capite che razza di caos si agita dentro questo povero corpo che non sa più dove sbattere la tensione e allora la mette un po' qua e un po' là, a muzzo, 'ndo cojo cojo. Possiamo dargli torto? Direi di no.
A volte penso di aver perso la fiducia nella vita e nell'umanità ma non è davvero così, lo prova il fatto che basta un po' di gentilezza per comprarmi, e che nonostante io stia sempre brontolando se posso essere d'aiuto non mi tiro mai indietro. Penso di avere soltanto paura di soffrire ancora (alzi la mano chi non è stato ferito da qualcuno/qualche situazione e ora non si caca un po' addosso al pensiero di soffrire ancora), e di aver imparato, per proteggermi, a vivere di stereotipi e luoghi comuni. Gli stereotipi sono rassicuranti. Chiudo gli occhi e mi immagino la vita come la vorrei, le amicizie come le vorrei, e sticazzi come li vorrei. Poi mi sveglio e niente è come l'ho immaginato, e non riesco a farmene una ragione. Non sono minimamente toccata dalla concreta possibilità che le cose vadano meglio di quanto le ho immaginate perché non riesco a guardare al quadro generale, e a vedere che in effetti è sempre stato così anche in passato. 
D'accordo, ho avuto una vita complicata e spesso ho camminato sui mattoncini Lego a piedi nudi, ma alla fine ce l'ho sempre fatta. Sempre. Anche quando ero sicura che non ne sarei uscita. Sicché qualcosa di buono dev'esserci, in tutto questo, è che non lo vedo. Sì, sono la stolta che se le indichi la luna guarda il dito e non la luna, sempre ammesso che riesca a mantenere l'attenzione abbastanza a lungo da notare anche il dito.

Domani inizia ufficialmente la stagione delle feste natalizie e io non sono pronta. Vorrei smettere di fare orribili pronostici ma il materiale per gli orribili pronostici mi salta addosso che una biblica invasione di cavallette al confronto è roba da ridere. Tengo a bada il mal di testa da cervicale con completo da domatore, frusta e sgabello, masticando compresse per lo stomaco e aspettando... che l'Apocalisse mi piombi addosso come ogni anno in questo periodo.
Passerà, come tutto il resto.
Passerà come la Nostalgia per quello che sono stata e non sarò più, per le cose perse - ma che sicuramente dovevo perdere. Aspettando tempi migliori mediterò sulle sponde di fiumi di cioccolata calda, riposerò su materassi di morbido pandoro e che Dio m'assista. O almeno che mi mandi l'A-Team.
Sempre domani, con il topo andiamo a Pontebba a vedere la sfilata dei Krampus (sono emozionatissima!!!). Perché va bene la sfiga, ma una gioia ogni tanto ce l'ho anch'io. Speranze - più che aspettative - per domani: che sia caduta un po' di neve (fa tanto atmosfera), che la sfilata non sia troppo veloce, e che dalla mostra al municipio cicci fuori qualche libro interessante sui Krampus (non c'è praticamente letteratura sull'argomento e ciò mi dispiace alquanto).
Restate sintonizzati per aggiornamenti. 

domenica 4 dicembre 2016

È CHE PROPRIO NON ME NE FREGA UN CAZZO

Oggi è appena il 4 di dicembre, citare le feste sembrerebbe prematuro, ma dato che è anche l'unico momento in cui vivo una sorta di tregua con la festa che più mi abbruttisce in assoluto, scriverci un post non mi è sembrato poi così fuori tema. Allo scopo di farmi vagamente ammorbidire dall'atmosfera natalizia, stamattina ho tirato giù dal letto il marito a un orario antelucano e mi sono fatta accompagnare al Villaggio di Babbo Natale di Bussolengo, tripudio di palle e decorazioni, cibo grasso, zuccheroso e buonissimo e stanze allestite con i manichini inquietanti che mi piacciono un sacco, ma l'unica cosa che mi ha toccato un po' l'anima, alla fine di tutto, è stata il brezel gigante che ho mangiato all'uscita. Ad ogni modo, come mi è già capitato di scrivere in passato, oggi non ho ancora bestemmiato la madonna, e questo si può considerare a tutti gli effetti un accenno di spirito natalizio.
Come se il mio scarso interesse non bastasse, quel filibustiere del topo ha tagliato ieri sera il pandoro che avevo destinato alla merenda dell'8 dicembre, quando per tradizione addobbiamo l'albero e la casa con sottofondo di canzoni stucchevoli e poi ci rimpinziamo di prodotti da forno industriali. Insomma, non si mangia il pandoro prima dell'8 dicembre, dai!!!! Tra l'altro mi toccherà comprarne un altro, perché quello che è stato aperto non durerà mai fino a giovedì.

Pandori a parte, credo che un post che chiarisca i motivi, seri e non, della mia idiosincrasia verso il Natale non sia assolutamente necessario, in quanto ho aperto questo blog a novembre del 2010 e sono sicura di averne scritto almeno uno ogni anno sull'argomento. Questa sì, è una tradizione con cui rompere (e con cui persino io mi sono ormai ampiamente rotta le palle).
C'è però qualcosa che contraddistingue questo dicembre 2016 e lo differenzia dai precedenti, e su cui mi viene spontaneo spendere un paio di righe: questa cosa è l'indifferenza. Non la sento come una sensazione negativa... è quella che è: una mancanza di emozioni e di interesse nei confronti delle feste. Anche se ci scherzo e mi diverto a farlo, e forse lo farò ancora, in realtà non provo nemmeno l'idiosincrasia di cui ho scritto sopra.
È che proprio non me ne frega un cazzo. Non mi si smuove niente nell'anima, non ho voglia di fare regalini e di essere carina e gentile, posto che io sono sempre carina e gentile (vabbè... diciamo civile ed educata, via).
Quest'anno ho deciso di non preparare un milione di pensierini "anche per le conoscenze", tipo le ragazze che vedo ai corsi in palestra ma con cui non ho rapporti d'amicizia al di fuori del contesto dei corsi, oppure le commesse del negozio di animali da cui mi rifornisco di pappe per i gatti, perché "è Natale ed è bello sorprendere gli altri con un pensiero affettuoso". Ho deciso che non sarò munifica con le amiche - per cui non spendo mai soldi miei - perché se lo faccio finirà che a gennaio, archiviati albero, decorazioni, buoni sentimenti e pippe del genere, il solito milione di conti da pagare che ci attende ci farà finire il mese con l'acqua alla gola.
Messe giù così, queste sembrano delle scelte sensate. In fin dei conti, non è il pensiero che conta? Ma è comunque un ragionamento strano per me, qualcosa di inaspettato a cui ancora non mi sono abituata.

L'unica cosa che mi chiedo, seriamente, è se sono diventata una persona arida oppure se sto guardando il Natale e le persone che mi circondano con gli occhi di una risvegliata. Così su due piedi non saprei qual è il piatto della bilancia che pesa di più, non ho mai avuto tanta confusione in testa e nel cuore come in questi ultimi tempi.
Di recente, persone che credevo amiche mi hanno lanciato delle accuse davvero insensate (a proposito di stranezze, per quanto mi riguarda: ho avuto finalmente il coraggio di ribattere, di non sentirmi colpevole e di non dare immediatamente ragione alle accuse), per altre sono una specie di bidone in cui svuotare ogni giorno tutta la merda della loro vita, salvo quando spariscono per settimane e tornano al bisogno, un po' come se fossi un self-service. Non riesco più ad avere sentimenti per gente così. Quando faccio due conti sulle poche amicizie che mi sono rimaste non provo più grandi emozioni praticamente per nessuno. Così è per il Natale. Bene o male qualcosa riusciva a penetrare la mia scorza dura, almeno finché non avevo modo di trovarmi faccia a faccia con i parenti. Quest'anno ho l'impressione di vedere la festa unicamente come una manovra economica, e non ho nemmeno la voglia di essere polemica sui social.
Quello che veramente vorrei, al momento credo di non saperlo. 
Scrivere, forse. Sto continuando con la narrativa quotidiana, non più con i ritmi del NaNoWriMo ma con costanza. Con le cazzate, con la non-narrativa, idem. Soprattutto la notte, ché ultimamente non mi riesce di prendere sonno prima delle tre, a volte delle tre e mezza. Spesso, se mi addormento prima dell'una sono comunque agitata, le ore di sonno effettive sono due, le altre sono un dormiveglia neanche troppo pesante. Mi sveglio definitivamente alle quattro, magari alle cinque, troppo presto per alzarmi. Allora scrivo. Non è male, almeno non sto ad angosciarmi sul perché non riesco a dormire.
Leggere, di sicuro. Mi mancano quattro libri per vincere la Reading Challenge di quest'anno (60 libri).
E stare per conto mio. Mai come in questo periodo della vita ho avuto desiderio di stare da sola, per quanto a volte mi faccia star male l'essere da sola, il non confidarmi con nessuno sulle questioni che davvero mi toccano (dunque, non devo essere del tutto insensibile, perché c'è ancora qualcosa che mi emoziona). Anche il solo pensare che non c'è nessuno, ora, a cui vorrei confidare i miei segreti mi fa sentire sottosopra eppure, come mi capita con l'ansia quando arriva, so che sto facendo il percorso giusto per me. Nonostante la strenua resistenza che ancora oppongo ai naturali cambiamenti, resistenza che mi cagiona ottantasette mal di testa al giorno, l'infiammazione della cervicale, mal di schiena, mal di stomaco e chi più ne ha più ne metta. Adesso penso che di vecchie abitudini da smaltire ne ho tante, altrettante sono le cose da imparare, e ci vuole solo pazienza.

giovedì 1 dicembre 2016

A MALI ESTREMI

Oggi è il primo giorno dell'ultimo mese dell'anno. Cosa di per se stessa normalissima, insomma, dicembre è un mese come un altro. Non fosse che...

«Wow, mancano 24 giorni a Natale!». 

Come sono contenta,
che bella notizia...
Stando all'ultimo bollettino materno, mia nonna ha già iniziato un giretto di telefonate per discutere di Santo Stefano-Non Santo Stefano (vedere post sull'argomento). Più dettagli apprendo, più cresce la mia voglia di darmi malata e mandare tutti a fanculo.

Io non sono il tipo di persona che si spaccia per malata quando non lo è. Giuro su quello che vi pare, posso anche produrre prove fisiche dato che ho conservato i libretti delle giustificazioni di scuola: in sei anni di liceo (cinque + bonus ripetente) ho fatto qualcosa come quattro giorni di assenza. Credo che per questo meriterei una menzione nel libro dei guinnes dei primati di tutti i tempi. 
Come ci sono riuscita? Semplice: sono cresciuta con il Sergente maggiore Hartman. E con una certa dose di sfiga dato che ero la prima ad alzarmi e ad uscire di casa la mattina, c'era un solo autobus che mi portava a scuola e che passava alle 7, o prendevo quello oppure ero nella merda fino agli occhi. Come se non bastasse, mio padre lavorava in proprio e non aveva orari, poteva restare in casa per tutta la mattina o fare dei rientri imprevisti, a sorpresa, mentre mia mamma lavorava a Vicenza, faceva molte commissioni in centro e le probabilità che mi sgamasse in giro anziché in classe erano sempre altissime. Ma mai una gioia mai, è proprio il caso di dirlo. Ovviamente non mi erano concessi nemmeno strappi alla regola come, ad esempio, un giorno di assenza per preparare un compito particolarmente ostico, se non avevo la febbre a quaranta o qualcosa di rotto non mi azzardavo neanche a inumidire l'occhio nella speranza di commuovere la genitrice. Questo rigore militare perpetrato per anni si è tradotto in una salute particolarmente robusta, mi sono sempre ammalata di rado, e anche in una capacità straordinaria di prendermi degli accidenti unicamente nei fine settimana o durante le vacanze (l'ultimo, memorabile week-end di malattia ai tempi del liceo è capitato nel gennaio del 1999, quando ho trascorso sabato e domenica con la testa nel water a causa dell'influenza intestinale ma poi lunedì mattina ero presente in classe a fare il compito di fisica. Ai supereroi Marvel ci piscio in una scarpa io, tzè!).
Questa vita di stenti e privazioni, ma soprattutto privazioni (cit.), non ha avuto fine né con la maggiore età né dopo che ho trovato lavoro, ha continuato a pilotarmi e in modo del tutto indipendente dalla mia vera volontà, dal Sergente maggiore e dalla mancanza di autobus nei paesi di provincia. Avevo ormai sviluppato, in forma cronica, questa specie di Sindrome del Dovere per la quale non potevo assolutamente mancare dal lavoro se non in casi estremi (cioè la morte quasi certa), e che di fatto mi ha portata a lavorare per anni con una buona resa (migliore di tanti altri inetti fisicamente ed emotivamente sani con cui ho condiviso l'ufficio) nonostante fossi in pieno esaurimento nervoso con insonnia. E ora vi esorto a pormi la Grande Domanda, suvvia, non siate timidi. Di quanti giorni di mutua hai usufruito, Valentina, negli anni in cui hai lavorato? Zero. Che comunque, anche mi fosse venuta una broncopolmonite la mutua non mi sarebbe servita dato lo stratosferico numero di ferie non godute di cui disponevo, per forza di cose (non godere, a quanto pare, è un altro stile di vita a cui sono molto avvezza).
Di questa ridicola forma di stacanovismo non vado fiera, sarebbe come dire che sono fiera di essere sempre stata una grandissima COGLIONA, ma non posso non ammettere che essere allevate prone al sacrificio presenta degli aspetti positivi. Tuttora mi ammalo di rado (sempre nei fine settimana o quando il marito è in ferie), e sono una donna estremamente affidabile, se prendo un impegno lo mantengo. La quale cosa, tra parentesi, dovrebbe essere la normalità, ma dato che siamo tutti esseri umani soggetti agli scazzi della vita comprendo la possibilità di cambiare idea. Piuttosto, io dovrei spostare la mia attenzione su un altro piano, smettendo cioè di prendermi impegni senza riflettere, spinta dalla pulsione a comportarmi da persona civile, educata e socialmente bene inserita anche se sono una stronza asociale, perché nel 98% dei casi scopro che di quegli impegni non me ne frega un cazzo ma ormai li ho presi e devo andare fino in fondo, pena la morte tra atroci tormenti. Questo spostamento di piano, tuttavia, è più difficilmente applicabile alle situazioni familiari nel contesto feste natalizie, e non crediate che io non abbia tentato di proporre delle alternative perché l'ho fatto e me le hanno bocciate tutte. 
Quest'anno, quindi, temo che "La donna che non si dà mai per malata se non lo è" farà un'eccezione, e per il 26 dicembre avrà il cagotto. Poco nobile, ma... 


Nell'attesa, e mentre i miei anticipano catastrofi natalizie (pratica del tutto coerente con le loro contorte personalità), cercherò di tenermi fuori dalle chiacchiere e dalle previsioni per continuare a scrivere in santa pace. Che poi, di casini ne ho già abbastanza per conto mio. La battuta conclusiva di quasi tutte le telefonate con mia nonna è: «Vale, la vita è dura. La vita è dolore», e spesso io concordo con questa analisi. Ma proprio per questo motivo, vorrei dire a nonna, ti pare il caso di complicarla ancora di più? 

mercoledì 30 novembre 2016

NaNoWriMo DAY 30 - THE LAST NaNo DAY

Ultimo giorno di NaNoWriMo, che per inciso non ho ancora finito. Ieri pomeriggio ho barato, caricando qualche parola in più di quelle che avevo effettivamente scritto, così adesso finché non ho recuperato non voglio convalidare la vincita. È una cazzata, lo so, ma rimane una questione di principio. E comunque voglio restare nel NaNo fino all'ultimo giorno, fino all'ultimo momento, perché so che poi sentirò la mancanza dell'atmosfera della competizione anche se a volte ho bestemmiato, attraverso tuttora un periodo di misantropia feroce e ho dovuto smadonnare per arrivare alla fine conservando la sanità mentale. Ma è strepitoso essere parte di questa follia di parole per almeno un mese ogni anno. Lo scrivo sinceramente.

Ogni anno
la stessa storia...
Mi sono persa un po' di "post del mese" per la strada, ma se considero la quantità di parole che ho prodotto negli ultimi trenta giorni penso che non sia proprio un problema, non scrivevo così tanto nemmeno nei diari cartacei da... boh, anni, credo. ANNI. È un vero e proprio miracolo, alleluia!
Ho imparato un sacco di cose, in questo novembre 2016.
Che sono ancora rigida, criticona, bacchettona e intransigente, ma che posso accettarlo e non sentirmi per questo una merda che cammina. Che non sono più capace di menarmela, e quando sto male per qualche motivo o si vede (faccia-polpetta), o lo sento fisicamente in modo abbastanza violento. Sembra una cosa terribile, messa giù così, invece io la trovo fantastica: non posso più spazzare lo sporco sotto il tappeto.
Ho imparato che i feels vanno e vengono, ed è utopico credere di poterli eliminare totalmente dalla mia esistenza. Se non ci fossero be', immagino che non sarei viva (o che non sarei un essere umano).
Ho capito che butto giù più peso quando dico di no alle cose che non voglio fare, alle persone che non voglio vedere, e che le amiche vere le conto sulle dita di una mano. Ho visto un sacco di persone sotto una luce nuova, diversa, non piacevole ma autentica. Mi sento sola, a volte, ma poi mi ricordo che è stata una mia scelta. Sembra che questo non c'entri nulla con il NaNoWriMo, ma se non avessi preso le distanze da tutto e tutti per la necessità di arrivare alle mie 1667 parole quotidiane non avrei nemmeno potuto allungare lo sguardo e capire.
Capire un pochino me stessa, la gente che frequento... ma soprattutto, che voglio scrivere sul serio. Non perché devo diventare famosa o dimostrare qualcosa, ma solo perché mi piace. Perché, come direbbe Doc Morelli, così il mio seme germoglia e fa la pianta. Che cacchio di pianta sarò non lo so e mi sta bene non saperlo, yep!

domenica 27 novembre 2016

NaNoWriMo DAY 27 - WEEK-END CON IL DISAGIO

C'è mancato poco che cedessi alla tentazione di farmi prendere dall'ansia perché ho solo quattro giorni per finire il NaNoWriMo e sono indietro di più di 6000 parole. VALE, MA SUL SERIO?!
È solo una competizione, e ce la posso fare a tenere una media altissima per un paio di giorni, e poi non devo per forza arrivare alla meta in anticipo per sentirmi uguale ai Wrimos che invece ce l'hanno fatta. Insomma, come mi disse la nipote una volta, SCIALLATI ZIA.
Mi sciallo.
Anche se oggi, con la sveglia alle due passate, mi sa che mi sono sciallata pure troppo.
Facciamo un passetto indietro, a ieri sera/notte quando era nelle mie intenzioni scrivere come un'indemoniata col favore delle Perfette Condizioni. Le Perfette Condizioni consistevano in: marito alla cena dei coscritti, suocera e resto della famiglia a una cena di baccalà non ricordo dove, ergo, casa vuota e silenzio totale. Pantaloni della tuta infilati nelle babbucce di lana, caminetto acceso, caffè. Non vorrei dire che sono fantastica ma lo sono, e mi sa che il NaNo me lo finisco in anticipo, tzè. 
Questo accadeva grossomodo intorno alle 20.30. Alle 22.45, a quota 236 parole, la cervicale mi menava duro a ritmo di conga calandomi con forza una pinza arroventata nel cervello tra un salto e l'altro. Mezzora di attesa prima che l'antinfiammatorio facesse effetto, mezzora spesa a bestemmiare e a riempire la casa di fumo nel tentativo di far ripartire il fuoco che si era quasi del tutto spento. E poi nient'altro. Ero troppo stanca e dolorante per scrivere ma anche troppo nervosa per andare a dormire, così sono stata risucchiata dalla rete e ho finito la nottata a lurkare profili Instagram di gente più o meno famosa e invecchiata malissimo tipo i gemelli Madden (ho così scoperto che l'anno scorso Benji Madden si è sposato Cameron Diaz - e lui sembra più vecchio di lei anche se ha sette anni di meno. Vabbè, COSE INTERESSANTISSIME).
Alle quattro di mattina sono crollata a letto, più che stanca emotivamente scarica per non aver fatto sostanzialmente un cazzo per tutta la sera. Agitata per il troppo caffè della giornata che non avevo smaltito. Incazzata. A disagio. Preda di feels di cui avrei fatto volentieri a meno.
Stamattina prima sveglia alle 9 circa, di soprassalto perché anche in quel di Montecchio oggi si è festeggiata la Giornata del Ringraziamento con sfilata di trattori e mezzi agricoli (e, a giudicare dal rumore, dei cingolati da guerra tipo Panzer VI Tiger), e il passaggio obbligato della parata era la strada sotto la finestra della mia camera da letto. Porco il governo ladro. Seconda sveglia ore 11: Cervicale Feat. Gloria Estefan - Parte 2, la parte superiore del collo e della schiena erano talmente irrigiditi che per raggiungere il bagno non ho camminato ma ciondolato a destra e a sinistra per il corridoio, sembravo ciucca. Alla fine, la sveglia definitiva è arrivata dopo le 14. Il tempo di aggiornare come al solito il diario di bordo, fare le abluzioni e mangiare il muesli ed ero già in ritardo sulla vita.
Crepuscolo creepy: ti adoro!
Sono dovuta uscire per una passeggiata, anche se era umido da far schifo e sapevo che il crepuscolo sarebbe sceso prestissimo (infatti poco dopo le 16 era già buio). Mi sarei dovuta sentire a disagio, sola per la campagna con quest'atmosfera inquietante, invece ci sono stata da papa, e se non fossi uscita troppo tardi e senza il giubbino coi catarifrangenti avrei fatto un giro in più e sarei rientrata col buio pesto. È curioso quello che mi capita in simili circostanze, cioè quando vado a zonzo in queste situazioni un po' fuori dall'ordinario, perché non riesco mai a definire precisamente le emozioni che provo, il massimo che riesco a fare è qualificarle come vibrazioni positive. Vibrazioni curiose. Sono rientrata alle cinque passate coi pantaloni imbrattati di terra post incontro ravvicinato con Pedro il Jack Russell e Lola la Bouledogue française e zero voglia di scrivere.
Zero voglia anche adesso, che sono le 22.40 e ho di nuovo sonno, e queste sono le uniche parole che ho scritto per il momento. E meno male che il mese era iniziato bene, che ero partita convinta di quello che stavo facendo e, soprattutto, che avevo preso tutto molto alla leggera.

sabato 26 novembre 2016

NaNoWriMo DAY 26 - POST DELLA NOTTE

Dato che sono indietro di due giorni con i post stavo pensando di fare una cosa stupidissima come "recuperarli", vale a dire scriverli e datarli a ritroso per averli tutti nei giorni giusti. E con ciò comprovare, tra l'altro, il mio lato ossessivo-compulsivo. Poi ci ho riflettuto con calma e mi son detta che un bel "post della notte" tra venerdì 25 e sabato 26 novembre sarà più che sufficiente, in considerazione del fatto che con il NaNo alle battute finali essere stringata col resto diventa un imperativo, e il numero di cazzate che ho scritto nel corso del mese è scandaloso e ipoteticamente potrebbe bastarmi per una vita e mezza (ma non lo do per scontato giacché le cazzate sono come le ciliegie per me, una tira l'altra).

Così ti riassumo
le ultime due settimane
Non è particolarmente tardi eppure stasera, che ho addosso la stanchezza arretrata di ieri, riesco a stento a tenere gli occhi aperti. Stamattina mi sono forzata ad alzarmi prima del solito per poter scrivere a mano per almeno un paio d'ore, perché nelle ultime settimane ho avuto quasi esclusivamente parole di biasimo, cattiverie e lamentele per tutti e buttare questa merda sulla carta prima di alzarmi, e di avere un qualunque contatto col mondo, mi ha permesso di non fare figuracce e di non avere reazioni esagerate e inconsulte. Ho pensato che magari sul lungo periodo mi sarei pentita di aver mandato a fare in culo persone che frequento ormai da anni, anche se adesso la pulsione a farlo è molto forte, e che immagino ci sia una via di mezzo tra il non avere un filtro cervello-bocca ed esercitare una censura totale. E insomma, nell'attesa di raggiungere un qualche equilibrio, o meglio, di capire chi veramente si merita di essere mandato a fare in culo una volta per tutte, trovo che smollare delle badilate di merda emotiva al diario sia cosa buona e giusta.
Vorrei affrontare meglio questo discorso sulle "amicizie-non proprio amicizie" e i cambiamenti nei miei bisogni di rapporti sociali, non scrivendone con troppa serietà e nemmeno in modo superficiale, ma temo di essere troppo rincoglionita per farlo stanotte. Magari domani, o più avanti, quando avrò finito di macinare parole per il Nanetto e potrò abbassare un po' la media quotidiana.

Che poi, detto tra noi, non sono così sicura di voler abbassare la media quotidiana dopo il 30 di novembre. Che io debba farmi un culo come una cesta e dare un taglio netto alle distrazioni per scrivere 1700/1800 parole al giorno non è una novità, mi è stato chiarissimo già durante il primo NaNo, la novità del NaNoWriMo di quest'anno è stata rendermi conto che adeguare la routine alla produzione di quel numero parole mi ha fatto un gran bene, in tutti i sensi. Perché, quindi, non dovrei continuare su questa strada?

mercoledì 23 novembre 2016

NaNoWriMo DAY 23 - WORD WAR!!



Post veloce-veloce da leccarsi le orecchie (cit.), perché stasera finalmente mi sono decisa a prendere parte a una Word War e voglio vedere fino a che punto riesco a spingermi con le parole.
Nel secondo giorno di ciclo, col mal di testa e post seduta dal dentista.
Sarà meglio che metta su un po' di caffè... 

martedì 22 novembre 2016

NaNoWriMo DAY 22 - A PROPOSITO DI ANSIA... (E CENE DEPRIMENTI E MEGAFOTTA)

Having period like...
Che oggi sarebbe stato il Martedì dell'Ansia l'ho capito già stamattina, appena mi sono accorta che il ciclo accennava a partire ma non era convinto di quello che stava facendo (la nuova fissa del momento è per la menopausa precoce. Meno impegnativa di una malattia mortale ma abbastanza invalidante da farmi sudare freddo). Quando il ciclo si comporta così l'intensità delle paranoie, dell'ansia e delle crisi di pianto aumenta al punto che la peggior pulsione autolesionistica che mi passa per la testa diventa improvvisamente un'attività invitante (e NON sto scherzando). Mi direte, se sai che tutto questo disagio dipende dal ciclo non dargli peso, passerà. Certo, se sapessi come farlo non sarei qui a scriverci un post.

Che poi non ho veramente intenzione di imbastire un post su questo argomento (vi ho fatto un po' di paura, eh?!?!). Di rientro dalla palestra (i corsi che frequento sono sempre più deprimenti. Stasera in sala eravamo in nove, sembrava di essere dentro uno stadio deserto), ho ingoiato al volo due uova sode e dei pomodorini che sapevano di gomito (una cena più deprimente dell'allenamento) perché non avevo voglia sottrarre tempo prezioso alla scrittura per spignattare. Sarò anche nel pieno dell'ansia mestruale ma oggi pomeriggio, nell'orario in cui di solito sono meno produttiva, mi è partita una fotta di scrivere che mi sono dovuta staccare a forza dalla storia per andare ad allenarmi (e indovinate? Sono arrivata in ritardo lo stesso. I'M-THE-FUCKIN'-QUEEN! -Cit.).

Ok, non credo che questo post sia scritto in italiano. Al massimo è cimbro, e pure scorretto. Lo prendo come un segno che devo smettere con le cazzate e dare voce alla Megafotta prima che si offenda e se ne vada. 

lunedì 21 novembre 2016

NaNoWriMo DAY 21 - COLLASSARE

Ieri la sessione creativa è effettivamente finita con un buon NaNo-Punteggio, dato che mi sono riportata sulla media per riuscire a finire il 30 di novembre, ma tra una cosa e l'altra ho spento tutto, incluso il cervello, che erano le due e mezza di notte, e oggi ho pagato il conto. Sono oltretutto nel delicato momento del mese in cui dovrei avere più cura e rispetto dei miei limiti fisici (buon riposo, buona alimentazione), ma come sempre me ne fotto e poi sbiello incolpando impunemente gli ormoni.

Per farla breve...
Pur avendo fotta sufficiente per scrivere venti pagine di romanzo e ottantacinque post inutili nel blog mi impongo di spegnere tutto adesso che ho ancora la lucidità per farlo, perché non so che cosa accade di preciso ai miei neuroni, ma superata la boa dell'una di notte poi posso restare incollata al pc per cinque ore senza pause e non voglio che mi succeda anche stanotte.
Poter dormire la mattina è spesso motivo di gioia per me e, quasi sempre, di invidia per tutte le persone che conosco e che, al contrario della sottoscritta, hanno un lavoro per cui devono alzarsi che fuori è ancora buio (non la meno troppo sull'ovvia - ovvia per me - considerazione che preferirei di gran lunga avere un lavoro e uno stipendio piuttosto che svegliarmi e non sapere che cazzo fare della mia vita, dettaglio tra l'altro non trascurabile quando si soffre di ansia Feat. depressione. Diciamo che cerco di prendere il meglio da questa situazione di merda finché non trovo un rimedio). Ma proprio perché la mattina posso dormire ho enormi difficoltà a regolarmi con gli orari, e più ancora con la valutazione oggettiva delle mie risorse mentali e fisiche. 
Per natura non sono mai stata un tipo mattiniero, o di quelli che «bon, è suonata la sveglia» e si alzano. Anche in tempi remoti i miei risvegli erano accompagnati da crisi di identità, rantoli e intellegibili turpiloqui. Ho sempre avuto bisogno di quarantacinque caffè per ricordarmi le cose fondamentali tipo chi ero, dove dovevo andare e come arrivarci, e comunque non mi svegliavo mai del tutto prima delle tre di pomeriggio anche se riuscivo a rispondere a comandi e domande elementari (mettiamo che ho avuto il culo di venire al mondo dotata di un valido pilota automatico, peraltro utilissimo per i pranzi e le cene di cui non mi importa un cazzo - ovvero quasi tutti).
Quindi, sommando la situazione non proprio rosea in termini lavorativi all'essere un animale sostanzialmente notturno, vien fuori che tendo a tirar mattina anche quando il corpo mi implora di dormire, e quasi sempre per fare cose nocive come cercare di capire a quale malattia mortale corrisponde il sintomo che avverto da qualche giorno. Nutrire l'ansia è un'arte che io, modestamente, padroneggio alla perfezione (il dottor House mi fa una ricca sega). Ogni tanto uso le notti per fare anche cose carine, tipo scrivere o sfondarmi di live dei Metallica, ma anche se per un po' la mente e il fisico, in qualche modo, tengono botta (finché guardo live dei Metallica), prima o poi arriva il momento del collasso.
Ecco, oggi direi che sono al collasso.

Spero di dormire decentemente, e poter sfogare tutta la mia creatività bestiale domani. Spero che The Fotth ovvero La Fotta si mantenga attiva e non vada a spegnersi in qualche angolo del mio cervello da cui poi non vorrà più uscire.

domenica 20 novembre 2016

NaNoWriMo DAY 20 - MA BUON NATALE UN CAZZO!

Oggi domenica segnata dall'ansia (positiva, eh!) di recuperare per rimettermi in pari col conteggio del NaNo, adesso che ce l'ho fatta mi sento meglio. Ma è stata anche una domenica segnata dalla vescica che mi è spuntata sul medio causa aggiornamento feroce del diario mattutino. Ho contato le parole, prima: 1351. Domani mattina la penna mi tocca impugnarla col naso, tipo.
Breve digressione: dopo giorni di freddo intenso affrontato col piumino da mezza stagione, motivo per cui mi svegliavo in modalità bastoncino di Capitan Findus, mi sono decisa a sfoderare il piumone invernale, quello spesso quasi quanto il materasso e che disperavo di poter usare dati gli ultimi inverni molto miti. Tempo di rifare il letto e taaac!... le temperature si sono alzate, mi sembra giusto. Sicché stamattina alle sette mi sono svegliata perché mi pungolavano le fiamme del fottuto inferno, e in più avevo una pizza mal digerita ancora sulla bocca dello stomaco. Senti, le ho detto, o vai giù o torni su, ma occhio che se torni su esci anche. Nell'attesa del responso ho preso il diario e mi sono messa a scrivere, e in capo a due facciate ero affogata in un mare di riflessioni rabbiose sugli abusi natalizi a cui la mia famiglia mi sottopone ogni anno.

Per tradizione vivo una sorta di tregua, durante la quale il Natale mi sembra ancora una cosa bella, che va dall' 8 al pomeriggio del 25 dicembre. Già verso sera iniziano i preparativi per l'appuntamento del 26 con la gastrite e il Germano Mosconi che ti si aggrappa sulle spalle e ti suggerisce nuove, creative bestemmie.

Lo spirito che distingue il giorno di Santo Stefano, noto nella nostra famiglia non come giorno di Santo Stefano bensì come "compleanno di quello psicopatico di mio nonno materno", si basa da sempre su due solidi principi:

«Se possiamo complicare una cosa semplicissima abbiamo il dovere di farlo»«Se possiamo dare il peggio di noi stessi e odiarci più di quanto già ci odiamo, abbiamo il dovere morale di farlo»

Mi chiederete, perché dunque ci costringiamo a stare nella stessa stanza per un pomeriggio che però ci pesa addosso come la stanchezza di una settimana di lavoro in miniera? È la domanda, senza risposta, che mi pongo più o meno da quando ho smesso di cacare nel pannolino e ho capito che aria tirava in casa mia.
Al fine di superare l'infame giorno in un modo un po' meno infame, l'anno scorso decido di mettere in atto un piano semplice ma di sicuro successo: recuperiamo un po' di calore natalizio, dai. Le parole magiche sono "MI OCCUPO DI TUTTO IO", voi limitatevi a portare i regali, e che la nonna tenga occupato il vecchiaccio fino alle quattordici e trenta. Decoro la taverna, porto il cibo e le stoviglie e poi, sorpresa! 
Ma figuriamoci. 
Perché permettermi di fare qualcosa di bello senza rovinarlo almeno un po', per non dire del tutto? Alla cosiddetta festa a sorpresa a momenti si scatena una guerriglia a suon di tramezzini e torta salata, e anziché gioire (non dico ringraziare, ma almeno gioire), mio nonno ha rotto i coglioni per tutto il tempo perché eravamo lì a festeggiarlo anziché idolatrarlo per i nuovi quadri che aveva dipinto e appeso alle pareti. Quadri che nessuno aveva notato dato che, vivaddio, nessuno ci entra mai in quella  cazzo di casa.
Non pensate che io stia esagerando, questa è pura verità e posso produrre dei testimoni. E nemmeno contrariatevi, vi prego, nel leggere i miei insulti. So bene quali immagini evoca anche solo la parola "nonno" - dolce, saggio vecchierello pieno d'affetto - ma per me "Il Nonno" è ed è sempre stato una specie di mostro psicolabile col riporto tinto e incrostato di lacca Splendor. Mio nonno è lo stronzo che una volta ha mimato l'atto di abbracciarmi, a momenti a me scappa una lacrimuccia di gioia - finalmente mi ha accettata, ho pensato, ma invece poi mi ha tastato i fianchi per sentire quanta ciccia c'era. È quello che a un «Ti voglio bene» risponde con «Lo so, grazie» (c'è da dire che almeno è educato. Un pezzo di merda ma educato). Non è che la sua demenza sia un fatto nuovo, è sempre stato un pazzoide, ma col tempo sta peggiorando. Ora non si limita più a dare per scontato che gli vuoi bene (come potrebbe essere altrimenti, è una creatura talmente amabile, lui), si spinge oltre e ti insulta anche quando hai fatto le capriole per rallegrargli il compimento degli ottantun'anni. 
Mia nonna non è tanto diversa, del resto vive con lo psicopatico tutti i giorni, si capisce perché anche lei ha perso un po' di sentimenti. Mia madre sostiene che la nonna mi ha sempre adorata, è vero che la stessa mi ricorda sovente quanto le estati che abbiamo trascorso insieme al mare, quand'ero ragazzina, siano stati i momenti più belli della sua vita. Anch'io adoravo la nonna, forse a volte ho creduto di volerle persino bene quanto ne volevo alla mamma, finché non sono cresciuta e ho iniziato a deludere tutte le sue aspettative. Non è che mia nonna non mi voglia bene, è solo dispiaciuta perché non sono magra, famosa, o almeno una madre di famiglia. Non le ho dato un bisnipote, SHAME ON ME. L'atteggiamento è grossomodo lo stesso che ha adottato mio padre: sei una fallita ma ti voglio bene lo stesso. Lei dice, a mia madre, «È grassa, ma a noi non dispiace se viene a trovarci».
MA GRAZIE. 
AL CAZZO.
Trovo lecito, alla luce di quanto sopra citato, dubitare un po' di questo proclamato affetto. Parlare di adorazione, poi, mi sembra addirittura fantascienza. 

Ora vorrei porre una domanda semi-seria: posto che cazzate come quelle sopraelencate capitano in moltissime famiglie, soprattutto durante le feste che ci obbligano a stare per ore chiusi in stanze male areate a ingozzarci come anatre da fois gras, secondo voi, fino a che punto si possono sopportare e giustificare tali soprusi natalizi?
Perché io ne avrei ben piene le oviaie. Con quello di quest'anno sono trentasette volte Santo Stefano-Non Santo Stefano, toh, facciamo trenta perché i primi anni grazie al cielo li ho rimossi. Ma trenta volte sono comunque tante.
Quest'anno ho voglia di darmi malata. Non l'ho mai fatto, e non mi piace. Detesto accampare scuse del genere, piuttosto vorrei essere onesta. Ma la salute comunque c'entra: è quella emotiva. Ci posso ridere su, posso recitare la parte di quella distaccata, "superiore" e "più intelligente" finché vi pare, ma ci rimarrò sempre un po' di merda. Io non ci riesco, a fregarmene. E poi ci sono cresciuta con questa gente, per anni ci ho convissuto cinque giorni la settimana... direi che ho pagato per tutti i peccati commessi nelle mie dieci vite precedenti e per quelli che commetterò nelle prossime tre. Un Natale normale, tranquillo, lo posso avere anch'io?
Immagino di sì.

E niente, milleduecentosettantasei parole per sproloquiare IN ANTICIPO!!!!! sul Bianco Natal. Ma è possibile?!?!?!? Mi sa che le metto in conto al NaNoWriMo, sono pur sempre parole. Poi, un giorno, magari mi impegnerò a scrivere dei post che trattino di narrativa, che per inciso dovrebbero essere la regola per una che si proclama scrittrice. Anche se, in effetti, non millanto: per scrivere scrivo. Fuffa, ma pur sempre scritta. 

sabato 19 novembre 2016

NaNoWriMo DAY 19 - NON È DIVERTENTE

Possibili argomentazioni da sviluppare nel post del giorno: 

1) Nel sito del NaNo ho caricato un tot di parole che ancora non ho scritto, e considerando che mi si stanno chiudendo gli occhi ORA non so quando le recupererò. E comunque sono sempre sotto la media, e anche se non vorrei la cosa comincia a rompermi un po' le palle.

2) È così umido stasera che temo mi stiano crescendo i funghi nel cervello.

Quando tenti di rimetterti in pari con la media
del NaNo,
ma l'Inner Editor deve dire la sua...
3) Fräulein Rottenmeier è tornata in anticipo dalle ferie e da ORE me la mena perché sono sotto la media, ho scritto da schifo, sto scrivendo da schifo, sono un caso perso, ecco, lo vedi che senza di me va tutto a puttane?
La voglio uccidere.

4) Che è umido l'ho già scritto, vero?

5) Domani vado a comprare il nuovo album dei Metallica e non sono emotivamente pronta per la manzitudine in arrivo.

6) Tra l'altro non tutte le parole che ho caricato nel sito del NaNo le ho scritte per la stessa storia, ho conteggiato anche un'altra serie di lavori... capisco quindi perché, a dispetto di un totale di circa trentamila parole, del progetto principale non ho ancora sviluppato praticamente uno stracazzo di niente.

7) Ho smesso di divertirmi.

Ok, forse è meglio se per oggi NON approfondisco. 

EXTRA NaNoWriMo - RICORDI E SDOLCINATURE RANDOM

Giorni che ho voglia di scrivere questo post "extra" NaNoWriMo perché mi urge dal di dentro, giorni che ne rimando la stesura per tanti motivi tra i quali il suggerimento del saggio Morelli (eletto mio Guru dell'Anno): «Tieni per te i tuoi pensieri e sentimenti». Ma a me piace ancora fare qualche cazzata, quindi li smarono tutti su un blog pubblico.

Dopo la rilettura di un vecchio post mi sono resa conto che i giorni di novembre 2011, l'anno del mio primo NaNoWriMo, coincidono esattamente con i giorni di novembre di quest'anno, e per questo nel mio cervello è scattato il meccanismo del ricordo malinconico con FEELS (meglio non pensare che il suddetto cervello è una sala comandi abitata da un paio di neuroni rincoglioniti che ogni tanto premono pulsanti a caso, incuranti delle conseguenze - ad esempio un accenno di bipolarismo che a volte non sembra nemmeno tanto un accenno).
Per un po' ho fatto finta di non vedere e non sentire i ricordi, che ovviamente per questo non solo non se ne sono andati ma mi si sono attaccati addosso tipo cozze. Allora ho fatto loro spazio dentro di me, credendo che fosse ciò che volevano, e che per questo avrebbero levato le tende in tempi brevi. Ma niente, sono ancora qui. Allora, come ho fatto tante altre volte, ho deciso di metterli in un post. Non so se alla fine lo pubblicherò davvero, o se lo lascerò nelle bozze e poi lo cancellerò. Per ora mi limito a scriverlo.

Ho ripensato molto alla mia cosiddetta ex migliore amica, in questi giorni. Non che sia stata la prima volta, ma forse adesso l'ho fatto in modo veramente diverso, con distacco ma senza rancore. Sono trascorsi tre anni da quando ci siamo sentite l'ultima volta, e sapevo che lei non si sarebbe mai rifatta viva per prima. Non l'ha mai fatto quando abbiamo discusso e per un po' non ci siamo parlate, sono sempre stata io a trovare una scusa per riattaccare bottone. È la ragione per cui nei primi mesi dopo la litigata parlavo di lei come se fosse morta. Sapevo che non mi sarei fatta avanti io per prima, stavolta, e che per questo l'amicizia sarebbe defunta. Comunque non me ne sono ancora pentita.
Ma anni fa era tutto diverso. Io ero diversa. Non sono qui, oggi, per chiedermi se ho fatto davvero bene, negli anni che abbiamo trascorso frequentandoci, a sforzarmi di rimettere insieme i pezzi quando tutto si rompeva. Probabilmente sì, anche se era chiaro che con lei non riuscivo ad andare d'accordo. Anche se poi i risultati della riappacificazione erano pessimi, e si rivelavano una forzatura. Chiaramente dovevo fare certi sbagli.

Il 2011 lo ricordo molto bene.
A fine 2010, dopo la disastrosa trasferta londinese, tra noi sembrava tutto finito (per l'ennesima volta). Io avevo voluto mettere la parola fine, con una certa convinzione, e nel giro di tre settimane, un mese al massimo, ero già sulla via del pentimento acuto a strapparmi i capelli.
I primi di novembre i My Chemical Romance annunciano la data italiana di Milano. Attenzione: non stavamo parlando di un concerto qualunque, bensì di quello che lei ed io avevamo tanto sognato di vedere insieme fin da quando ci eravamo conosciute. Lo vengo a sapere una sera che sono fuori a cena, ed è come ricevere una sprangata sui sentimenti e poi doversi pure mangiare la spranga. Di ferro. Sulla via del ritorno mi ingrippo, ma penso che sia un problema, per l'appunto, dovuto alla cattiva digestione, ma quando il cuore comincia a battere a mille all'ora penso ok, Huston, abbiamo un problema. Alla fine, alla quarta o quinta volta che ripeto il copione mi rendo conto che ho avuto un attacco di panico (che quando sei ignorante in materia interpreti facilmente come un chiaro segnale che stai morendo d'infarto). Avevo iniziato a dare un po' i numeri già ad ottobre, ma sono tuttora convinta che sia stata quella sera a dare ufficialmente il via alla Crisi (notasi C maiuscola).
Poco dopo, dietro mia insistenza, io e l'ex BFF abbiamo ricominciato a sentirci. La riluttanza di lei era così evidente... ma io avevo un bisogno disperato della mia amica del cuore, e pensavo che con un po' di pazienza, sputo e olio di gomito sarei riuscita a rimediare al casino che credevo di aver combinato. Come? Con lettere di dieci pagine piene di auto-critiche, auto-analisi, scuse, scuse e ancora scuse e giustificazioni di ogni genere. Con dichiarazioni d'amore e uno scatolocino pieno di regali. Il proverbiale "bacino passa-bua" che non fa passare un cazzo di niente.
Ci siamo poi riviste a marzo, quando mi sono presentata al fatidico concerto dei Chem piena di grandi speranze e di Xanax fino agli occhi. Non so quanto ne ho preso ma so che era tanto, non smettevo di spararmi gocce in gola perché ero talmente agitata al pensiero di rivedere lei, e di vedere il concerto, che non mi rendevo pienamente conto di quello che facevo (qualcuno di Lassù deve amarmi molto, dato che sono partita da Milano all'una e mezza di notte, in condizioni pietose, e sono riuscita a non schiantarmi da nessuna parte e a tornare a casa sana e salva).
A maggio, con la terapia che iniziava a dare i primi - e anche ultimi - frutti, finalmente il neurone ha spinto il pulsante giusto nel cervello. Quello del "My dear friend, ho capito che ti sto sul cazzo, e tu stai sul cazzo a me, quindi è meglio che le nostre strade si dividano qui". Tre hurrà per il mio acume in ritardo.
A fine ottobre non ero proprio disperata come l'anno precedente, ma sentivo comunque molto la sua mancanza (allora non usavo comunicare da persona matura e preferivo affidarmi a sistemi più complessi, tipo - Ok, ti scrivo un post nel blog perché so che tu lo leggi - e un po' infantili. Solo un po'). Ripensavo ogni giorno al 2009 - periodo Muse - e a tutto quello che avevamo condiviso in quel contesto. Litrate di lacrime ascoltando Resistance e Starlight. E poi, «È solo un innocuo, innocente messaggino di auguri per il suo compleanno», mi sono detta mandandole il primo sms dopo mesi di silenzio.
Il 5 di novembre ci siamo incontrate a Ferrara, e sono quasi sicura che sia stata una delle rarissime occasioni in cui anche lei, per natura poco incline ai contatti fisici, mi ha abbracciata con trasporto. Tremavamo persino, per quanto eravamo emozionate. Le ho portato qualche regalino di compleanno, mentre lei aveva fatto i muffin nei colori di Halloween con gli zuccherini intonati.
Perché mi ricordo ancora tutte queste stronzate sdolcinate?
Boh. Me le ricordo e basta. Ci ripenso e non vanno via. Ma mi fanno sorridere. Quello del 2011 è stato il NaNoWriMo più emozionante a cui ho partecipato, e quel mese è stata una delle tante parentesi meravigliose che ci sono state nei sei anni in cui io e la Lennie ci siamo frequentate. Ovviamente a febbraio del 2012 era già andato tutto a puttane un'altra volta, e di lì in poi la strada è stata tutta in discesa... direi verso lo scarico del cesso.

Adesso, sabato 19 novembre 2016, alle ore 01.58 del mattino, ripenso a tutti i motivi per cui sono stata incazzata con lei e mi viene da ridere. Per certi versi oggi sono com'era lei anni fa (non so se poi sia cambiata): una persona riservata, quasi schiva, che ama tanto stare da sola e che soffre per le amicizie soffocanti (vedere precedenti post a riguardo). Allora non capivo... non potevo! Avevo tanta di quella strada da fare...
Non sento veramente il desiderio di rivederla o di risentirla, per quanto sono convinta che se ci parlassimo in questo momento riusciremmo a farlo con naturalezza, come se ci fossimo viste l'altro giorno. Non mi manca la sua presenza come elemento per completare la mia vita... è solo che per qualche motivo ripenso a lei.
Forse un paio di cose vorrei dirgliele. Tipo che mi dispiace di essere stata odiosa, a volte, perché proprio non riuscivo ad accettarla così com'era, e a capire i suoi bisogni. Adesso vedo sul serio e chiaramente tutta la mia chiusura mentale. Ma è chiaro che le cose dovevano andare in questo modo.

È difficile capire qualcuno che ha un "male", chiamiamolo così, che nasce dalla sua stessa mente. Figuriamoci quanto può esserlo averci a che fare, e pure spesso. Non posso biasimarla per essersi stancata, ad un certo punto, anche se nella mia logica contorta il fatto di raccontare praticamente solo a lei come mi sentivo, a ripetizione, era un segno tangibile del bene che le volevo, della fiducia che riponevo in lei.
Ma dopo il cambiamento, e a distanza di tanto tempo, percepisco anch'io tutto il peso della negatività che sprigiona chi, vivendo un momento di crisi, ha solo bisogno di parlare, di buttare fuori il disagio, e non sta a sentire né le rassicurazioni né i consigli (una a volte li propina con sincero affetto, quando vede un'amica stare male e vorrebbe aiutarla. A volte non sono nemmeno veri consigli, ma solo frasi un po' di circostanza che viene spontaneo pronunciare per consolazione). Mi ci sono voluti non meno di sei anni, e una bella dose di pianti e bestemmie per capire che l'amicizia non ha niente a che vedere con questi comportamenti, che non ha niente a che vedere col sostegno reciproco ma che è piuttosto una condivisione, e dovrebbe costituire uno stimolo per crescere, non un peso che frena.
Mi immagino facilmente 'sta povera disgraziata che tentava di andare avanti con la sua vita, di fare cose, mentre io, ogni volta che ci vedevamo e magari era l'occasione buona per parlare di progressi e progetti, non facevo che lamentarmi di quello che non andava nella mia vita (tutto). In cuor mio avrei tanto voluto smettere, nemmeno io amavo particolarmente la persona che ero diventata, ma non ci riuscivo. Solo ora è evidente che avevo bisogno di rompere definitivamente con lei, di passare per altre amicizie e poi di ritornare a casa, alla solitudine. È che quello che ho imparato l'ho visto solo a fine percorso, non certo mentre stavo camminando.

In conclusione, sono contenta di tutto quello che è successo.
Stanotte sto pensando che la vita è stata davvero buona con me. Mi avrà pure messa di fronte a un sacco di prove difficili da affrontare, ma mi ha fatto anche dei grandissimi regali, di valore inestimabile. Quando mi guardo intorno, spesso vedo persone alle prese con casini ben più gravi, con malattie e dolori cronici che a me non sono toccati, vittime di abusi da cui io sono stata solo sfiorata. Non voglio sminuire il mio dolore, solo ridimensionarlo, e non perché è quello che farebbe una persona saggia e intelligente, ma perché riesco a vedere sul serio le cose buone che ho avuto.


PS: alla fine, a quanto pare ho deciso di pubblicare il post. Doc Morelli non approverà questo elemento ma oh, pazienza.

venerdì 18 novembre 2016

NaNoWriMo DAY 18 - DÉJÀ-VU, DÉJÀ-VU OVUNQUE!

Riassunto della mia settimana
Ero veramente tentata di scrivere un altro, lunghissimo post sulla stanchezza di questi giorni, ma alla fine ho aspettato che la voglia mi passasse prima di tornare qui per l'intervento quotidiano. 
Quando dico che sono stanca non mi riferisco quasi mai alla stanchezza fisica. Quella non mi dà alcun problema, anzi, mi energizza, è corroborante e mi aiuta a pensare, produrre, digerire e dormire meglio. È la stanchezza emotiva che mi bastona più ancora di una influenza con la febbre altissima. Tutte le puttanate che sono successe nelle ultime settimane, ma che si sono concentrate in particolare in quella appena trascorsa, hanno fiaccato così tanto il mio entusiasmo che per un attimo ho pensato persino di mollare il NaNoWriMo.
Il fatto è che se permetto ancora agli altri, o al mondo esterno, di influire in questo modo nella mia esistenza non ne verrò mai fuori. Non rifiuto niente di quello che mi è successo e che ho provato, al contrario: sprofondo nella poltrona e nel silenzio e ascolto. Apro le braccia a ogni pensiero ed emozione che arriva, che siano benvenuti. Poi però devo andare avanti, in qualche modo. Devo andare avanti con le cose che mi piacciono e che mi fanno sentire bene, e lasciare indietro il resto. Se lo faccio, posso vedere cose speciali ovunque, anche nelle giornate autunnali brevi e grige, o nei piccoli gesti quotidiani che prima invece mi annoiavano. 
Questa specie di stato di grazia non è qualcosa di nuovo. Mi è capitato altre volte di provare la sensazione che tutto fosse perfetto così com'era, così come stava accadendo, anche se tutto era sostanzialmente uguale al giorno precedente. Abituata a legare la gioia ad avvenimenti e soprattutto a speranze future (domani andrà meglio, quando mi sarò realizzata allora sarò davvero felice, quando avrò ritrovato l'indipendenza economica, quando i miei sogni si saranno avverati. lotterò fino alla morte per il miei sogni... insomma, "E ANCHE OGGI UNA GIOIA DOMANI" - Cit. the JackaL), tutto il resto in generale non sapeva di niente, era solo una mortale noia nell'attesa del Grande Miracolo. Tranne nei momenti, rarissimi, in cui mi colpiva la sensazione di non avere più nessun desiderio, di essere perfettamente felice com'ero. L'esperienza mi ha quindi provato che la felicità non è mai dipesa dalle cose che mi sono capitate o dalle persone che ho incontrato, ma è un'emozione che mi nasce dal di dentro e che posso provare quando voglio, senza bisogno di un evento scatenante. Una cosa che arriva così, a muzzo, nei momenti più stronzi tipo quando sono in fila alla cassa del supermercato o ferma al semaforo (meglio l'epifania, comunque, che scaccolarsi).

Ma bando alle ciance, parliamo di Siffatte Ciuffole (si intenda, con Siffatte Ciuffole, lo scritto a cui sto lavorando al momento, qualunque cosa sia). Sono indietro come il culo con la produzione quotidiana per il NaNo (avverto, in quest'ultima affermazione, una forte sensazione di déjà-vu. Voi no?), e per come sono messa ora piuttosto che cercare di scrivere tirerei due craniate contro il muro, è che non ho lo stucco per ripararlo.

Ieri ho aumentato lo svantaggio perché invece di recuperare e produrre fuffa nuova ho passato la serata a scaricare video sui Krampus, e a cercare delle mete alternative a Tarvisio per vedere almeno una sfilata. Chissà perché, prima di dare un'occhiata in rete ero dell'idea che ci fosse solo la manifestazione di Tarvisio il 5 dicembre, che quest'anno cade di lunedì e quindi andarci era da escludere, quando invece ce ne sono tantissime in altre date e anche in paesi un po' più vicini. Da oggi quindi è ufficialmente iniziata l'opera di scassamento di maroni per convincere il topo a imbarcarsi in una gita fuori porta, per andare a ghiacciarsi i sentimenti e vedere una marcia di tizi vestiti da diavoli (e magari prendermi delle gran legnate sulle gambe come l'anno scorso).
Teoricamente, molto teoricamente, tutta la faccenda dei Krampus rientrerà nella stesura delle sopraccitate Siffatte Ciuffole, sempre ammesso che io riesca ad andare avanti abbastanza da inserirla nel contesto. L'anno scorso, i primi di dicembre, con la storia mi trovavo nello stesso punto in cui mi trovo oggi, ancora qui a capire quanto cazzarola di tempo occorre alla protagonista per arrivare a parlare di questo essere mascherato, misterioso, molto peloso, molto diavoloso. In ogni caso, potrò sempre far passare la gita inconsueta e fuori porta come "lavoro di documentazione". Con le giuste tecniche di seduzione sono sicura che il topo ci crederà. 

giovedì 17 novembre 2016

NaNoWriMo DAY 17 - E NIENTE.


Illustrazione sgraffignata a Roxan McDonald, alias "writersresource" su Instagram (la trovate QUI - ed è pure gnocca), che descrive perfettamente il mio stato d'animo attuale.
E niente. Mi chiedevo... perché ho deciso di imbarcarmi in questa avventura? Ora, così su due piedi, non me lo ricordo più.

mercoledì 16 novembre 2016

NaNoWriMo DAY 16 - MA CHITTESENCULA?!!?!?

Oggi, a fanculo ci mando anche la diplomazia. Lasciamo perdere tutta la questione per cui dovrei pensare ai fatti miei e non a quelli degli altri: non sempre ce la faccio, d'accordo? È dall'inizio del NaNoWriMo che sopporto i post di 'sta gallina che già il primo giorno ha scritto un milione di parole, che non c'è mai per sostenere gli altri Wrimos del gruppo, per complimentarsi o dimostrare un po' di apprezzamento. Lei fa una puntatina ogni tanto solo per ricordarci i suoi progressi, per farci sapere che al 16 di novembre ormai è vicina al traguardo... ma io ti auguro con tutto il cuore di raggiungerlo entro domani, così poi ti levi dai coglioni una volta per tutte.
Ah, dite che non è questo lo spirito del gruppo? Che tutti sono liberi di esprimersi? Sacrosanto. È quello che sto facendo anch'io. Non è che questa mi sta sulle palle perché è più avanti di me, io il NaNo me lo sto godendo giorno per giorno in tranquillità, arrivano le parole che arrivano. Mi sta sulle palle perché le persone che si vantano e non peccano un po' di modestia mi mandano il sangue al cervello e le prenderei tutte a sberle. Sottostimarsi sarà male, ma anche incensarsi non è da meno. Che poi, tra l'altro, ma chi ti si incula, esattamente? 
Qui, ora e così, dichiaro apertamente la fine della mia diplomazia a tutti i costi. Sarà stata la faccia bordeaux che mi è venuta la settimana scorsa che mi ha fatto riflettere, sarà quel che sarà, ma non riesco proprio più a trattenermi, a fingere che una persona mi vada a genio anche quando non è così.
Non ci so più stare, con le persone. Sono seria. Una volta avevo bisogno degli altri, di socializzare e di aggrapparmi a qualcuno perché la solitudine mi terrorizzava, e non credevo nella mia capacità di arrangiarmi. Quando mi isolavo, periodicamente, ci stavo da cani. Lo facevo di proposito ma per dispetto, seminando ovunque post pieni di risentimento verso persone specifiche, prevalentemente la Lennie.
La mia ex migliore amica era il bersaglio preferito dei miei dardi avvelenati perché ogni tanto si defilava, aveva bisogno di aria, di respirare, di stare per i cazzi suoi e quando succedeva io mi incazzavo sempre come un caimano. Giuro che non avrei mai, mai immaginato di arrivare a scrivere una cosa del genere ma oggi devo farlo: adesso la capisco.
Lei si dichiarava anaffettiva, e io ho senz'altro contribuito a rinforzare questa percezione - sbagliatissima!!!! - che aveva di se stessa, perché da brava egoista guardavo unicamente ai miei bisogni, mentre ora penso sinceramente che fosse saggia e intelligente. Di sicuro più intelligente di me in quel momento e in quel contesto. Credo che, nel profondo, il suo isolarsi mi ferisse perché ero gelosa della sua indipendenza.

Ma non mi metto a ravanare oltre nel passato, giuro. Quel che è stato ormai è stato, è che non posso fare a meno di guardare a come vivo oggi la socialità senza che mi scattino certi paragoni. Non sono contentissima nemmeno di aver riesumato il nome dell'ex amica, ma è l'unica persona che ho conosciuto, finora, in grado di stare per i fatti suoi senza rompere i coglioni. Non mi mandava messaggi o email per svuotare il cestino della spazzatura, come fanno quasi tutte le < < cosiddette amiche > > che frequento oggi. Non mi cercava soltanto quando aveva bisogno di sfogarsi e, soprattutto, non si lamentava (e basta) di tutto e tutti, porca mignotta. Io l'ho fatto, mi sono lamentata alla morte per un sacco di tempo con lei, ma almeno ero giustificata dall'esaurimento nervoso. Se ero fuori di testa, molto dipendeva anche da quello (e lei non aveva alcun diritto di dirmi certe cattiverie). 
Adesso non immagino nemmeno per sbaglio di fare una cosa del genere, e se ti cerco, Amica, è perché ho veramente voglia di vederti o di sapere come stai. Ma le < < amiche > > anziché apprezzare, anziché rendersi conto che magari le cerco di meno ma evito di usarle come cesso in cui scaricare la mia merda, rompono i coglioni. Sei cambiata, non sei più quella di prima, non ci sei mai, le vere amiche non si comportano così (discorso identico a quello che facevo io a chi non rispettava i miei standard... ma c'era bisogno di sottolinearlo? No, ma l'ho fatto lo stesso perché sono una donna giusta e non dimentico gli errori che ho fatto). Ragionare con questa gente è impossibile, perciò sì, è vero, avete ragione. Sono cambiata, non sono più quella di prima, non sono una vera amica, sono un'amica di merda.
Fine della storia.
Io non ci so stare, con la gente. Ma davvero. E questo post ne è una prova.

Oggi ho camminato per un'ora al freddo, in campagna, e quando mi sono finalmente seduta a scrivere ho sparato circa 1700 parole tutte in una volta, senza pause. Non è una media eccellente per il NaNo dato che sono indietro come il culo sulla tabella di marcia (e me ne frega il giusto, perché so che recupererò), ma sono soddisfatta perché quelle parole non ho dovuto pensarle, sono sgorgate spontaneamente dalle dita. 
E, dicevo, anche oggi la fotta la vediamo domani. È che se aspetto la fotta sto fresca. È che il NaNo non ha niente a che vedere con la fotta, è solo produzione a manetta, è solo pura scrittura (anche se fa cacare), è buona abitudine quotidiana. 
Mi sono resa conto che sforzandomi di scrivere anche quando ho non particolari sentimenti per la storia ci riesco, e con risultati non meno interessanti di quando scrivo travolta dai feels. Riesco a non pensare che sto scrivendo con il culo... che meraviglia, alleluia!, tre hurrà per me!!
Negli ultimi tre giorni ho scritto nuovi capitoli un po' sulla falsariga della precedente versione di WDF, ma solo un po'. Ho dato un taglio netto a buona parte del materiale che avevo, cominciando col togliere alla protagonista una voce interiore particolarmente odiosa che aveva, perché in fase di rilettura della prima bozza, per il nervoso il fegato mi era diventato un mappamondo. Così com'è adesso, Myrtle, mi piace molto di più. Si spippa mentalmente come prima, ma con un po' di melodramma in meno, che è cosa buona e giusta. 

martedì 15 novembre 2016

NaNoWriMo DAY 15 - SEND - MORE- HELP

Classico effetto collaterale degli ormoni:
in premestruo diventi Vittorio Sgarbi.
Lo volete un bel post pieno di riflessioni su quanto sono incattivita e incazzata in questi giorni, su quanto mi manchi la fotta per scrivere e quanto, perciò, io sia indietro con il NaNoWriMo?
No?!
Ho capito bene, avete risposto di no??!?!?!?
Meno male, perché in caso contrario temo che sarei riuscita a scriverlo e avrei così sprecato un prezioso pomeriggio con della merda inutile. 


Stasera torno in palestra dopo una settimana di assenza causa faccia-polpetta (vedere post precedenti), fatemi gli auguri. 
Anzi, mandate aiuto che forse è meglio.


POSCRITTO IGNORANTE-ORMONALE:
fra tre giorni esce il nuovo album dei Metallica. Incidentalmente, il giorno prima esce anche "Lights Out", che come film non è un granché ma nel cast c'è Alexander DiPersia che... mlmlml. 
Come gestirò cotanti ormoni davvero non ne ho idea. 
Send more help, please.

lunedì 14 novembre 2016

NaNoWriMo DAY 14 - LAGNA DAY

Sto ridendo malissimo.
Avevo iniziato a scrivere un post sulle persone che mi circondano e che non fanno altro che lamentarsi e toh, mi stavo lamentando anch'io. 
Oggi Lagna Day.
Ma perché, mi chiedo, non possiamo parlare anche di qualcos'altro? Va bene la vita quotidiana, tutti abbiamo i nostri casini, ma è necessario discuterne ogni singolo, fottutissimo giorno? Secondo me no. Ma ora mi fermo qui per non scadere nell'incoerenza. Che poi continuare a parlare di certe cose, o scriverne, poco mi aiuta. Mi aiuta di più fare cose concrete... tipo mandare affanculo chi dev'esserci spedito, basta. Domani sera, in palestra, ci mando la Dottoressa Sukencazz, GIURO.

Il NaNoWriMo prosegue lentamente, ma prosegue. Speriamo che torni presto anche la fotta.

domenica 13 novembre 2016

NaNoWriMo DAY 13 - PIETOSI PILE

Che bello è, l'autunno in città?!
Effettivamente oggi è andata un po' meglio, anche se sono passate le dieci di sera e non ho ancora scritto un cazzo per il NaNoWriMo. Voglio dire, né oggi né ieri. Ergo: avrei 1667 parole da recuperare che non so se recupererò. Sono partita con quasi cinquemila parole di vantaggio ma ancora non le ho usate nei giorni inattivi, perché se lo faccio una volta poi mi sentirò motivata a farlo di nuovo mentre devo essere motivata piuttosto a recuperare, se non oggi o domani la prossima settimana, o comunque prima della fine del mese.
Stamattina sveglia a orario antelucano per andare a Vicenza, a "Cosmofood", con il maritozzo. Non ero esattamente partita con l'idea di mangiare come un pitone ma una volta là ahimè, le pappe buone mi sono saltate in bocca. E siccome siamo entrambi dei coglioni, siamo anche riusciti a farci vendere del pecorino alla modica somma di un rene a testa + un quarto di fegato (però ne è valsa la pena, dai...).

Siamo rotolati fuori dalla fiera che era ancora presto, così ho sfoderato il labbrino strategico per convincere il topo ad andare un po' in giro ed è finita che ho fatto quella cosa brutta e cattiva che avevo giurato di non fare più almeno fino a Natale: sono andata in libreria, e ho comprato altri due Piccoli Brividi
In centro c'era il mercatino dell'antiquariato, che poi è la fiera del kitsch e delle Cose Orrende che non vorrei in casa neanche per sbaglio (a parte quei servizi da tè vintage che sono fighissimi e prima o poi me ne compro uno solo per sfizio, ché tanto non invito nessuno a prendere il tè da me perché sono stronza, asociale e misantropa), e lì ho fatto un affarone comprando "L'uomo della sabbia e altri racconti" di Hoffmann e "L'isola" di Aldous Huxley. 
Quest'ultimo non ero proprio intenzionata a comprarlo, avevo letto di recente la trama e mi aveva intrigata fino ad un certo punto, forse perché sono in un periodo dell'anno in cui mi vanno più a genio altri tipi di letture, ma quando l'ambulante me l'ha proposto l'istinto mi ha suggerito di prenderlo (e poi non potevo non approfittare di uno sconto di sei euro su un libro usato ma praticamente nuovo, eh!). In parte. la trama di questo romanzo di Huxley mi ha ricordato la storia dell'isola di Floreana e dei suoi misteri, forse è per questo che qualcosa in me ha spinto perché comprassi il libro, ma rimando qualsiasi ulteriore commento a quando avrò affrontato la lettura.

Adesso, volente o nolente, devo ritrovare l'energia e la fotta per sbattermi più di tremila parole (o almeno duemila sul totale) anche se la vedo grigia (ma immagino che il senso del NaNo stia in momenti simili più che in quelli in cui la scrittura risulta facile). C'era anche una Word War stasera, ma mi sono tirata fuori dall'evento "social" per timore di mettermi in lista e poi non mantenere l'impegno. Perché in un qualsiasi altro momento potrei mantenerlo senza difficoltà, ma adesso che il premestruo è feroce no. Cambio umore nell'arco di dieci minuti, passando dalla rabbia al pianto con una disinvoltura sconvolgente: meglio se mi ritiro nei miei appartamenti finché non saranno arrivate le Cugine da Mestre.
Ok, perché ho iniziato il paragrafo con l'argomento NaNoWriMo e l'ho finito con le mie funzioni corporali? 
Vabbè, stendiamo un pietoso pile (che fa freddo).

venerdì 11 novembre 2016

NaNoWriMo DAY 11 - NO. PERCHÉ NO.

No, per favore, NO. Oggi NO! 
Neanche il tempo di bere il primo caffè del giorno che... telefonate, grandi discorsi, gatti isterici... cos'è, una congiura? Lo fate apposta? 
Un giorno, ve lo chiedo in ginocchio: non pretendo la pace ma almeno la tranquillità, sono bloccata in casa con la faccia che va a fuoco da martedì sera, ho un totale pari a quattrocentocinquanta chili di biancheria da smaltire nel fine settimana, sono indietro con la produzione quotidiana per il NaNoWriMo e sono anche in premestruo, abbiate un po' pietà. 
O almeno non risentitevi se alzo la voce e vi rispondo male. Provate ad andare a rompere i coglioni a un crotalo e poi lagnatevi perché vi ha morso.