martedì 23 febbraio 2016

ENDORFINE, ENDORFINE DELLE MIE BRAME

Mezzanotte passata e non riesco a staccarmi dal pc, anche se sto ascoltando musica sbolsa e sto gironzolando per la rete in cerca del senso della vita e in preda a degli attacchi di nostalgia (qualche ora fa mi ha colta d'improvviso la voglia di riascoltare gli Aiden, e su YT ho trova un video con lo zio Guglielmo che racconta "10 things you didn't know" su Nightmare Anatomy e puttana galera che ondata di feels. TANTI FEELS. Belli feels, ma decisamente troppi per un lunedì sera, mi sento così emo che potrei andare a cercare i guantini a righe nello scatolone dei ricordi, infilarli e dormirci dentro per tutta la notte, e poi mettermi la matita rossa sotto agli occhi e l'ombretto rosa come quella zoccola della Gerarda dei tempi d'oro).
Chiusa questa luuuuunghissima parentesi non mi resta che appuntare che gli sbalzi d'umore sembrano essere il leitmotiv di questa settimana, ieri sera/notte ero presa con le bombe e invece oggi sto meglio, non ho troppo mal di schiena e riesco anche a muovere decentemente il braccio destro, cantiamo tutti in coro un Alleluia, su dai. Magari sono ancora sotto l'effetto della pera di endorfine post camminata di un'ora di oggi pomeriggio. Aria aperta, campagna e Parfum de Luam, e un po' di sole soffocato dall'umidità, ecco il vero miracolo per l'umore. O forse le endorfine non c'entrano niente, c'entra che la mancanza di energia vitale è arrivata al punto critico, al punto di svolta, laddove o cambio qualcosa o finisce che mi ammalo sul serio. 
Cambio, che è meglio. 
Youtubers che scrivono libri,
grandi editrici che li pubblicano,
bimbe/bimbiminchia che li comprano

E STASERA, IO COSÌ.
Se domani non mi sveglio di nuovo storta vuol dire che un cambiamento è già in atto, per il momento segnalo che dopo aver appreso dai TT di Twitter che l'ennesimo youtuber sta per sfornare un libro, che sicuramente gli verrà pubblicato da un grande editore come la Sperling, la Mondadori o la Feltrinelli, mi sono stretta nelle spalle, non ho commentato e sono passata oltre. Non me la sono presa, non mi sono sentita amareggiata, non ho bestemmiato. Niente reflusso gastro-esofageo, batticuore, smocciolamenti, non so se mi spiego. Qua la questione è seria: se non scopro che sono improvvisamente maturata un altro po' e ho fatto un salto di qualità, vuol dire che sto scivolando nell'apatia che precede l'esaurimento nervoso.
Ma no, scherzo, ma quale esaurimento nervoso? Sto benissimo, sul serio, sto come una mosca nel Paese delle Merde, domani è anche martedì, ci sono zumba, fitboxe e Belli Capelli in sala ad allietare il mio allenamento. Che posso chiedere di più dalla vita?
Stamattina è anche arrivata Shirley mentre ero ancora a letto, e mi ha fatto fare un volo in giardino in pigiama di pile con gli arieti, fiatella, cispa e capello sconvolto all inclusive. Non vedo l'ora di iniziare a leggere "Abbiamo sempre vissuto nel castello", anche se avevo già in programma di leggere "Il nome della Rosa" e "I Nibelunghi"
Caro Babbo Natale, per la fine di quest'anno solo due cose: giornate di quarantotto ore e un paio di occhi e un cervello in più a uso esclusivo della lettura, grazie.

domenica 21 febbraio 2016

E DOMANI ARRIVA SHIRLEY (e altre cose creepy)

Domani arriva Shirley, non vedo l'ora!!! Intanto covo un po' di mal di testa in attesa di andare a dormire se ci riuscirò, dato che oggi sono stata per la seconda volta alla mostra dei serial killer a Jesolo, ho guidato io andata e ritorno perché la Chiaretta non si fidava dell'autostrada e per finire in bellezza, dopo cena film horror. Hai voglia poi a fare sogni e sonni tranquilli (che poi mi lamento ma non tengo mai conto di questi particolari che non sono esattamente dei particolari. Voglio dire, è come mangiare un chilo di peperonata e poi lamentarsi di una notte insonne e del culo in fiamme, eh...).

Sono stanca, di nuovo. Di quella stanchezza che non è dispendio energetico dovuto al movimento ma dispersione di energia vitale in attività inutili (rimuginare sulle solite pippe mentali come una vaccona che rumina per ore lo stesso sputo di erba). 
Ieri sera, dopo che avevo già preso la decisione di finire un monte di libri che mi aspetta da ottobre dell'anno scorso e intendevo mantenerla, ho iniziato comunque un nuovo percorso con un manuale di Mindfulness, un argomento del tutto nuovo e l'alternativa a un aiuto esterno di qualche tipo che non mi sento ancora pronta a chiedere. Insomma, in qualche modo vedrò di uscirne anche stavolta. Sento che la soluzione è a portata di mano, vediamo se stavolta ho le palle (e se è il momento giusto) per espormi un po' e prenderla.

E poi boh, ho scoperto di essere ossessionata dalla statale che passa per Musile di Piave e porta a Jesolo, che è tutta casali abbandonati e campi a perdita d'occhio da un lato, acqua dall'altro e nutrie spiaccicate sull'asfalto. Un posto di merda in cui non starei neanche dipinta ma che nello stesso tempo mi affascina, oggi che ci sono ripassata ho rallentato di proposito un po' per godermi il passaggio da un lato e poi dall'altro. 
Il paesaggio desolato mi ha ricordato quella gita nella zona del ferrarese e del rodigino del 2009 con la morosa, a fine luglio, con un caldo becco e la Berta al collo. È stata anche la prima volta che ci siamo inoltrate nel giardino dell'ospedale psichiatrico infantile di Aguscello e solo a stare lì c'era da cagarsi in mano. Che figata però... 
Ho pensato a una cosa stupida, negli ultimi giorni, su di lei. Anzi, a due cose stupide. La prima è stata che le gite organizzate nei luoghi abbandonati che faccio adesso con Devis e la sua associazione le sarebbero piaciute un casino. La seconda è stata un pensiero su Venezia. 
Non sono ancora sicura di quello che provo quando ripenso a lei, in questo momento. Ci sono giorni in cui la carogna sulla schiena mi sussurra cattiverie, altri giorni in cui mi tornano in mente solo i ricordi migliori. Giorni in cui ripenso a quando non ci siamo capite, altri in cui mi manca comunicare con lei perché al di là di tutto, dell'essere amiche o non esserlo, ho sempre avuto la sensazione che sapesse leggermi dentro senza che avessi bisogno di esprimermi apertamente.
Io non la conoscevo altrettanto bene né la vedevo così profondamente, suppongo di essere stata quasi sempre troppo presa da me stessa e dalle sue reazioni alle mie azioni (lo so, è una logica contorta ma rimane una logica) per accorgermi che con lei avevo appena scalfito la superficie, e lo capisco soltanto adesso che ho preso le distanze e che sono maturata un po'. Ma che mi piaccia o meno lei è ancora nella mia vita, e ci sono un mucchio così di situazioni in cui il suo ricordo ciccia fuori e mi chiede attenzioni. Hey, sono qui, esisto e non puoi fare finta di non vedermi. 
Qualche giorno fa ho scritto alla Ele e ho chiarito la mia posizione riguardo la nostra amicizia. E sì, ho cancellato il post sull'argomento che trasudava acidità perché a volte scrivo scemenze, perché sono arrabbiata col mondo o in crisi ormonale, e poi me ne pento. Mi assumo pienamente la responsabilità del mio essere un po' stronza come è un po' stronza tutta l'umanità. Dopo il chiarimento, la Ele mi ha fatto sapere che intendeva passare un fine settimana a Venezia, a marzo, e che se avessi voluto essere della partita le avrebbe fatto piacere e io ho accettato. Abbiamo trovato una sistemazione comoda e a un buon prezzo e l'abbiamo prenotata. 
E io ho pensato per tutto il tempo a lei. Alla Lennie, intendo. È una stronzata in realtà, a Venezia ci vado da anni e ci sono andata decine di volte prima che ci conoscessimo, ma dopo quelle tre o forse quattro occasioni in cui l'abbiamo scelta come meta per me è diventata un posto diverso. Riesco a non dare peso ai ricordi quando ci vado con il topo, perché è il topo, ma se penso di trascorrerci tre giorni con la Ele non possono non tornarmi in mente il Bar Torino, i sedici euro a testa di caffè, quanto cazzo ho riso il giorno della prima riunione creativa, il portaprogetti con le banane, quella minchia di cestino per la merenda dei Barbapapà.
Quanti post ho scritto, finora, su quella maledetta di una donna? Quante volte, da due anni a questa parte, ho scritto che la odiavo e che non vedevo l'ora che il suo ricordo si levasse dai coglioni così da permettermi di andare avanti con la mia vita? Non perdo tempo a contarle ma so che sono tante. E sì, a volte vorrei che non avessimo condiviso tanto, o che quello che abbiamo condiviso non mi facesse l'effetto che mi fa perché non è giusto, perché, ricordiamocelo bene, sono trincerata dietro il mio muro di odio e la mia convinzione di aver ragione su tutto. Però succede, che cosa ci posso fare?
Posso aspettare, suppongo. Aspettare di trovare il bandolo della matassa. Nell'attesa, spingo tutto da parte (sono diventata bravissima, di recente, a spingere da una parte quello che non voglio vedere), e pubblico questo post senza riletture. Diciamo che va bene così, grezzo ma onesto, anche se magari tra qualche tempo farà la fine di tanti suoi simili, cancellati al passare di una crisi.

domenica 14 febbraio 2016

TU CHIAMALA CHIAROSENZIENZA SE VUOI (ma "FARSI LA CACCA IN MANO PER L'ANSIA" per me rende meglio)

Prima volta in vita mia che vado ad esplorare un paio di posti abbandonati e ritorno a casa con un'ansia che a momenti non riesco a prendere sonno. Forse il tempo non ha aiutato, ieri era una giornata decisamente cruda, ma anche riflettendo a distanza di ore, mentre faccio ordine tra le foto, mi sembra che lo stomaco mi si ribalti come il cestello di una lavatrice in centrifuga e non ho ricordi che mi sia mai successo, nemmeno a Poveglia dove invece mi sarei aspettata di sentirmi nauseata ed oppressa.
Pensando che vado a visitare un paio di alberghi abbandonati immagino tutto meno che l'inquietudine. Ok la puzza di urina e chissà cos'altro, la distruzione degli ambienti, i segni inequivocabili dei bivacchi che non sono proprio la gioia per gli occhi ma fanno parte dell'abbandono, ma i brividi e tutto il resto? La vocina nella testa che ripete «Voglio uscire, dai usciamo, ti prego usciamo!»??!
Questa foto è tutta mossa perché sono una fotografa abbastanza incapace e spesso mi parte il dito a banana, ma le due ombre scure in primo piano, che si allungano verso l'alto e sembrano incombere sul corridoio, a me è sembrato di sentirle alitarmi sul collo mentre ero lì, a fare "s-ciaff s-ciaff" con gli anfibi sulla moquette impregnata di umidità.


E non è andata meglio fuori, guardando la piscina esterna piena di acqua torbida e ogni genere di schifezza. Se non esce qualche creatura lovecraftiana da lì non può uscire da nessun'altra parte.


E a proposito di creature lovecraftiane sorte dai fanghi di un vecchio albergo in località termale, se non sono stata catturata e fagocitata da qualche immonda creatura antropomorfa mentre visitavo il secondo albergo è stato davvero un miracolo. Siamo entrati dal retro, passando per due piccole vasche collegate (una interna e una esterna) con solo poche dita d'acqua verdastra sul fondo. Di lì siamo passati per un lungo corridoio dall'aspetto "ospedaliero" (passatemi il termine) disseminato di porte e stanzette per le cure con i getti d'acqua, i fanghi e gli aerosol.




Una doppia porta tagliafuoco ci ha portati nella hall, un'altra simile ci ha dato accesso ai piani con le camere da letto. Non ho mai sentito un odore così schifoso e nauseabondo come quello dell'umidità accumulata nei vani scale, quasi completamente al buio, e chiariamo subito una cosa: ho lavorato come donna delle pulizie in un'azienda metalmeccanica e ho visto bagni che voi umani non potete immaginare, quindi non sono un tipo delicato e che si nausea facilmente. Ma lì stavo per sentirmi male.
Il però peggio l'ho provato al primo piano, esplorando quello che resta delle camere da letto sulla facciata dell'hotel. Dai soffitti piove letteralmente acqua che fa marcire i materassi, la moquette e le imbottiture dei divani e delle poltrone, e ventagli di una muffa marrone che non ho mai visto in vita mia si aprono sulle pareti e sopra le porte e sembrano soffiati lì di proposito, a mo' di decorazioni.


Le stanze disposte sul lato opposto hanno tutte le finestre chiuse, impossibile fare foto o vedere bene l'interno (ma neanche ci tenevo, non vedevo l'ora di andare via e fare duemila docce bollenti con la varechina), mentre quelle sulla parte più interna dell'albergo erano meno devastate ma non meno inquietanti. Una in particolare, una specie di sartoria, credo mi fornirà incubi per almeno il resto dell'anno.


Stessi umori mefitici e pioggerella piena di microbi anche nella hall e nella vicina sala da pranzo, dove non è rimasto gran mobilio ma sopra una credenza sono ancora appese le indicazioni alimentari per alcuni pazienti ospiti della struttura. Sulla moquette nella hall ci sono vecchie tessere della tombola, cartoline con vedute dell'albergo al suo massimo splendore, conti e fatture, vecchi schermi di computer distrutti, e in giro un po' di poltrone e divani.




A parte l'odore tremendo di cose che ammuffiscono (e sembrano in grado di prendere vita propria, della serie che mi aspettavo di essere aggredita e mangiata viva da un materasso da un momento all'altro), di entrambi gli alberghi mi hanno colpita molto due particolari:
1) non ho visto graffiti in nessuna stanza, quando si sa che i posti abbandonati sono le mete preferite dei graffitari (di fatto nei posti che ho visitato in precedenza ho trovato abbondanti reperti di questo tipo) e
2) non ho visto nessun segno di bivacco, nemmeno nelle stanze meno esposte all'umidità e quindi più "vivibili".
Può darsi che questo non significhi nulla, o che significhi qualcosa di più sensato come entrambi gli alberghi si trovano in posizioni bene in vista, uno lungo una strada circondata di caseggiati d'appartamenti e l'altro in piazza, proprio di fronte al municipio del paese, e quindi ad entrarci si attira più facilmente l'attenzione, ma conosco almeno altri due posti con accessi altrettanto in vista che sono diventati lo stesso il ricovero di sbandati, clandestini e senzatetto e allora mi chiedo, com'è che dei rifugi tutto sommato sicuri, che non minacciano crolli, vengono così snobbati in favore di altri più pericolanti? Non sono granché dotata in quanto a chiarosenzienza, e sono anche una persona abbastanza concreta, ma io là dentro qualcosa di strano l'ho avvertito di sicuro e chissà, magari non sono stata l'unica.

martedì 9 febbraio 2016

00.50, cacchio fai ancora sveglia, cara?

Cerco di buttare giù le bistecchine di soia che mi sono rimaste sulla bocca dello stomaco, e adesso vado a finire Dickens una volta per tutte, anche se sapevo fin dall'inizio di essermi imbarcata in una storia incompiuta (e già a metà avevo capito chi era il possibile assassino... che non lo dicono poi che è lui ma insomma, si capisce che è lui).

Ho riletto un mio vecchio manoscritto di parecchi anni fa, una cosuccia proprio da ragazzine, e mi sono un po' emozionata. Sono tempi, questi, in cui raramente mi emoziono sul serio, sicché boh, tutto questo interesse mi fa un po' paura, non è che poi mi trasformo in una vecchia bavosa come E. L. James coi suoi cinquant'anni suonati e le Cinquanta sfumature di gggggioventù (rispetto a lei, intendo) ??!

01.05, è meglio che vai da Dickens e poi a dormire.

sabato 6 febbraio 2016

SCIOPERO

Martedì sera sembrava essersi risolto tutto in una semplice faccia di culo, invece dopo un accenno di mal di gola, da ieri sera il mio naso è entrato in sciopero e ha interrotto ogni comunicazione con l'esterno. No ma io quell'incontro "fratello-genitrice-avvocati" alla fine l'ho preso bene, eh... no ma io non ci ho pensato in anticipo per non caricarmi di troppe ansie... ho scaricato tutto dopo in uno dei miei soliti "download della merda emotiva". Avrei dovuto lasciar sfogare il raffreddore e non frenarlo per non ostacolare il processo di guarigione, ma come spesso mi succede quando sto male non ho pazienza, e dopo una mezza giornata con il deserto del Gobi nella gola e la bocca atteggiata a bambola gonfiabile mi sono rotta i coglioni e ho preso dell'antistaminico, che non mi ha fatto recuperare il gusto ma almeno mi ha aiutata a dormire e a respirare decentemente.
So che è dipeso tutto da martedì sera e so anche che anziché bestemmiare dovrei prendere contatto con le emozioni che tutto 'sto trambusto fisico mi sta comunicando, ma non biasimatemi se per adesso non ce la faccio. Sono stanca di prendere contatto con le cose che non funzionano. Voglio prendermi una vacanza dalle cose che non funzionano per fare altro almeno per un po'. Voglio finire il primo editing del romanzo e cominciare una nuova correzione, voglio finire almeno qualcuno dei dieci libri iniziati a gennaio e voglio bere tanto caffè e non pensare ancora a mio padre, nemmeno se dovrò rivedere mio fratello che è la sua copia sputata, papele papele. Che poi, e lo scrivo senza melodrammi, sono convinta che un certo magone mi resterà sempre quando penserò a lui e a quello che è stato (e/o non stato), e attraverserò sempre dei momenti in cui sarò meno forte e questo magone mi farà spremere delle lacrime e non sarà certo la fine del mondo, quindi prima scenderò a patti con questa realtà, prima potrò fare qualche altro passo avanti in questo senso.

martedì 2 febbraio 2016

IL MIO NOME È CULO. FACCIA DI CULO.

Se ieri potevate chiamarmi NERVOSO, oggi potete chiamarmi CULO. Sul serio, non potete immaginare la faccia m'è venuta dopo il crollo della tensione accumulata, tralasciando tra l'altro l'aver trascorso buona parte del pomeriggio sul cesso, sospetto a causa del nervoso di cui sopra, prima al rientro dal colloquio ero così fuori fase che ho cenato con una tazza di cereali e un tè e poi sono collassata in poltrona. Quando mi sono ripresa, a parte constatare che razza di faccia avevo mi sono anche chiesta ma poi, tutta quella tensione, quelle mani sudaticce e le ascelle pezzate perché di preciso? Per quale motivazione, mia cara? Non avevo mica niente da nascondere. Non sono certo io quella che ha nascosto la testa sotto la sabbia per due anni. Voglio dire, alla peggio l'arpia si lasciava scappare una delle sue cattiverie ma insomma, osserva l'immensità del cazzo che me ne frega di quello che tu pensi di me. 
Ma non importano le mani viscide e sguscianti come anguille, le risate forzate e le ascelle olezzanti come cartoni di pizza, importa che il colloquio è andato, finito, CHIUSO e ciao, statemi bene tutti, adesso posso tornare alla mia vita.

MA DEVITALIZZARE I PARENTI NO?

Stasera chiamatemi NERVOSO. Domani, in un colloquio combinato dai rispettivi avvocati, rivedrò mio fratello e sua madre dopo due anni dalle ultime parole che ci siamo scambiati e preferirei mille volte andare a farmi devitalizzare un altro dente
Immaginando che ciò avrebbe giovato al mio stato d'animo, nei giorni scorsi non mi sono concessa di fantasticare troppo su quello che potrà succedere durante il colloquio, o che potrei dire per cercare di far ragionare quelle due teste di pene, ma stasera eccomi qui in tensione manco dovessi andare a rifare l'esame di maturità.
Che poi, detto tra noi, io ho non ho ancora capito dove sta il vero problema con quella gente. Non ho capito perché una semplice richiesta di discutere civilmente, da persone adulte, sia stata così violentemente respinta (d'altra parte un chiarimento mi spettava di diritto, checché se ne dica il morto che da tre anni sta facendo da trait d'union tra me e i due mentecatti era mio padre, non possiamo farci niente). Ma forse la risposta all'arcano sta proprio qui, nel mio considerare adulte e civili persone che chiaramente non lo sono.
Mi faranno anche perdere l'allenamento in palestra, 'sti due cialtroni, spero di riuscire a cavarmela in un'oretta e a sgattaiolare almeno all'ora di fitboxe, per conservare così i pugni per il sacco e non scaricarli sulla faccia di Fratello e di quell'arpia della sua genitrice.
Fatemi gli auguri.