mercoledì 7 dicembre 2016

APOCALISSE NATALE

Non dovrei (poi sto male, mi viene da piangere), ma me ne frego e lo faccio. L'ho già fatto e probabilmente continuerò a farlo. Che cosa? LA NOSTALGICA. 
Oggi ho la netta impressione di aver passato almeno l'ultimo anno a seppellire la nostalgia sotto un cumulo di altre emozioni, per non sentirla, per soffocarla. Nostalgia e malinconia mi hanno sempre fatto visita in almeno due momenti fissi dell'anno, a settembre e a dicembre, ma anche in altre occasioni. Da un punto di vista maturo ed equilibrato non ci vedo nulla di male, sono emozioni come altre, fine della storia, non tiriamoci ulteriori pippe.
Il guaio è che io sono tutto meno che matura ed equilibrata, io le emozioni le sfondo come ho sfondato gli stivali, a marzo, a forza di camminare per le calli veneziane. Il melodramma è mio fedele amico, la tragedia greca viene a cena da me una sera sì e l'altra pure, è tutto "come in un film", a volte ho persino una colonna sonora dedicata (ho guardato troppa televisione in gioventù, troppa davvero). Per tali ragioni, quando mi dedicavo consapevolmente alla nostalgia e alla malinconia finiva che ci sguazzavo per farmi male, alla ricerca di pretesti per mettere il cilicio (come se mi servisse un pretesto oltre al fatto di essere al mondo), per recriminare. E l'unica soluzione che ho trovato all'annoso problema del masochismo è stata quella sbagliata: la negazione.
Va bene, Nostalgia & Malinconia, tra noi è tutto finito, abbiamo chiuso!
Come se a loro fregasse qualcosa. Le emozioni in me hanno lo stesso funzionamento della Creatività: io cerco di piegarle alle mie regole, le vesto col grembiulino col fiocco e le faccio sedere al banco di scuola per insegnare loro come voglio che si comportino... e a loro non frega un cazzo. Si puliscono il moccio con la manica del grembiule, lo imbrattano di proposito con i colori a tempera, lo usano per pulirsi le mani sporche di marmellata dopo aver fatto merenda. Buttano all'aria la sedia e il banco e corrono in tondo urlando, spensierate e felici. Guarda quanto cazzo ce ne frega delle tue regole!
Hanno ragione, comunque. Tentare di imbrigliarle è una follia. Sono nate per essere quello che sono, e niente di quello che potrei dire o fare servirà mai a cambiare questa realtà. Dovrei solo strapparmi di dosso la divisa di rigida insegnante e correre in tondo urlando insieme a loro. Dovrei fidarmi... di dove mi vogliono portare, di quello che mi dicono e che mi fanno fare. È che ancora non ce la faccio. Non mi fido di me. E se poi faccio una cazzata? Se faccio male a qualcuno? Insomma, capite di che cosa sto parlando.
Il guaio, se di guaio si può parlare, è che adesso la Nostalgia non si seda più in nessun modo, pervade interamente la mia persona e si prende tutto il tempo libero che ho, tutte le mie energie. Perché finora di tempo e di energie non ne ha avute nemmeno per sbaglio. Fa bene a imporsi. Picchiami duro, ci sta.
Di recente io e il topo abbiamo festeggiato undici anni di matrimonio (e sedici insieme). Non sono tantissimi, ma sono comunque un bel po'. Undici anni fa avevo ventisei anni, ero ancora giovane... non che adesso io sia vecchia, forse ho più energie di quante ne avevo allora che fumavo quasi un pacchetto di sigarette al giorno e mangiavo cose che voi umani non potete immaginare (tipo le patatine fritte precotte e scaldate nel microonde - tanto vale ciucciare una ciabatta di plastica), ma la mia è una vecchiaia emotiva... sono vecchia dentro, capite? Una decrepita novantenne che se ne va in giro pronunciando frasi che iniziano con «Eh, quand'ero giovane io...» oppure «Una volta, quando non c'erano i social...». Ma adesso i social ci sono, gli smartphone ci sono e non posso farci niente. E non ho più ventisei anni, altro fatto a cui non posso porre rimedio.
E non è finita qui.
Non è finita perché non sono soltanto vecchia dentro, ma riesco ad essere anche un po' adolescente dentro, con tutte le mie fantasie di fuga dalla realtà e dalle responsabilità, e dai rapporti interpersonali. La ribellione in ritardo, quando mi sto avvicinando ai trentotto anni (con tutto che meglio tardi che mai, eh...). Ho reso l'idea? Capite che razza di caos si agita dentro questo povero corpo che non sa più dove sbattere la tensione e allora la mette un po' qua e un po' là, a muzzo, 'ndo cojo cojo. Possiamo dargli torto? Direi di no.
A volte penso di aver perso la fiducia nella vita e nell'umanità ma non è davvero così, lo prova il fatto che basta un po' di gentilezza per comprarmi, e che nonostante io stia sempre brontolando se posso essere d'aiuto non mi tiro mai indietro. Penso di avere soltanto paura di soffrire ancora (alzi la mano chi non è stato ferito da qualcuno/qualche situazione e ora non si caca un po' addosso al pensiero di soffrire ancora), e di aver imparato, per proteggermi, a vivere di stereotipi e luoghi comuni. Gli stereotipi sono rassicuranti. Chiudo gli occhi e mi immagino la vita come la vorrei, le amicizie come le vorrei, e sticazzi come li vorrei. Poi mi sveglio e niente è come l'ho immaginato, e non riesco a farmene una ragione. Non sono minimamente toccata dalla concreta possibilità che le cose vadano meglio di quanto le ho immaginate perché non riesco a guardare al quadro generale, e a vedere che in effetti è sempre stato così anche in passato. 
D'accordo, ho avuto una vita complicata e spesso ho camminato sui mattoncini Lego a piedi nudi, ma alla fine ce l'ho sempre fatta. Sempre. Anche quando ero sicura che non ne sarei uscita. Sicché qualcosa di buono dev'esserci, in tutto questo, è che non lo vedo. Sì, sono la stolta che se le indichi la luna guarda il dito e non la luna, sempre ammesso che riesca a mantenere l'attenzione abbastanza a lungo da notare anche il dito.

Domani inizia ufficialmente la stagione delle feste natalizie e io non sono pronta. Vorrei smettere di fare orribili pronostici ma il materiale per gli orribili pronostici mi salta addosso che una biblica invasione di cavallette al confronto è roba da ridere. Tengo a bada il mal di testa da cervicale con completo da domatore, frusta e sgabello, masticando compresse per lo stomaco e aspettando... che l'Apocalisse mi piombi addosso come ogni anno in questo periodo.
Passerà, come tutto il resto.
Passerà come la Nostalgia per quello che sono stata e non sarò più, per le cose perse - ma che sicuramente dovevo perdere. Aspettando tempi migliori mediterò sulle sponde di fiumi di cioccolata calda, riposerò su materassi di morbido pandoro e che Dio m'assista. O almeno che mi mandi l'A-Team.
Sempre domani, con il topo andiamo a Pontebba a vedere la sfilata dei Krampus (sono emozionatissima!!!). Perché va bene la sfiga, ma una gioia ogni tanto ce l'ho anch'io. Speranze - più che aspettative - per domani: che sia caduta un po' di neve (fa tanto atmosfera), che la sfilata non sia troppo veloce, e che dalla mostra al municipio cicci fuori qualche libro interessante sui Krampus (non c'è praticamente letteratura sull'argomento e ciò mi dispiace alquanto).
Restate sintonizzati per aggiornamenti. 

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