domenica 31 dicembre 2017

Dai, un ultimo post per il 2017, mi son detta. Ogni tanto lancio un'occhiata all'archivio, vedo che i primi post di questo blog sono del 2010 e banalmente penso cazzarola, già così tanto tempo è passato? 
A quanto pare sì.
Ho fatto un giro per i social e ci ho trovato più o meno le stesse cose di sempre: il sarcasmo sulla sfiga prevista per il 2018, i buoni propositi sdolcinati, l'eterno braccio di ferro tra chi fa il Capodanno fuori casa e si spacca ammerda, e chi invece "stare a casa in pigiama is the new festeggiare il Capodanno" (è lo stesso principio che si applica a un qualsiasi post relativo al sabato sera, perché a quanto pare oggigiorno l'umanità si deve dividere per forza in chi nel fine settimana sta a casa a guardare serie tv e chi invece va a locali ad annegarsi nell'alcool). In tutto ciò, il mio unico pensiero è stato ma possibile che la gente sia incapace di fare una cosa qualunque senza condividerla? Stiamo aspettando che fotografarsi seduti sul water inizi a trendare da qualche parte?
Va be', in fondo lo sto facendo anch'io. Sto condividendo il mio punto di vista che credo non interessi a nessuno, predico bene e razzolo male eccetera eccetera, ma sento che la mia implosione è talmente avanzata che tra poco, ne sono sicura, smetterò di comunicare normalmente.
Comunque, sempre della serie "L'arcobaleno del cazzo che ce ne frega", a me questo 2017 è piaciuto. 
Ho ricominciato a scrivere. Ho ricominciato a scrivere SUL SERIO, e mi piace di nuovo no matter what (e senza bisogno di tanti "hashtag A WRITERS LIFE"). Tutto il resto conta fino ad un certo punto. Tutto il resto si ridimensiona. Se il 2018 mi consentirà di continuare a scrivere e ad implodere, non avrò nient'altro da chiedere. 

venerdì 22 dicembre 2017

Stasera sono andata dal dottore. Non ci andavo da marzo del 2011, e avrei voluto continuare su questa strada perché andare dal dottore significa ammettere che ho un problema che non sono stata capace di risolvere da sola. La cosa grottesca in tutto ciò è l'essere tornata nel suo studio per la stessa ragione per cui ero andata a febbraio del 2011. Dottore, ho dei dolori che dai glutei mi arrivano ai piedi e non riesco a camminare e a stare in piedi per più di qualche minuto. Faccio fatica a dormire, ho la schiena e il collo sempre contratti, ormai il dolore non va via neanche quando non sono di umore terribile. Dottore, ho il terrore delle malattie. Dottore, non ce la faccio più ad analizzare ogni singolo pensiero e ogni azione che compio: voglio dormire, voglio vivere. 
Sapevo che mi avrebbe prescritto lo Xanax ancora prima di entrare nel suo studio. Ho fatto tre quarti d'ora di anticamera cercando di concentrarmi sulla lettura, con le mani gelate e le gambe così tese che il minimo rumore mi faceva rimbalzare sulla sedia come un canguro. Ho sperato che non volesse prendermi la pressione, perché gli avrei mandato in tilt gli strumenti. Mi guardi, dottore: sono disperata.
Sei ancora abbastanza equilibrata, mi ha detto. Sei uno scalino sopra gli ipocondriaci veri e propri che fanno decine di controlli, perché sei consapevole che il sintomo passeggero è dovuto all'ansia. Grazie, dottore, è stato bello sentirmi dire che almeno un pesce buono sono riuscita a pescarlo in questo mare di merda e puttanate in cui sto nuotando da non so più quanto. È che, dottore, lo scalino verso l'ipocondria vera sta sotto lì, ci metto niente a posarci i piedi.
So che lo Xanax non è la risposta ai miei problemi, ma solo un aiuto temporaneo. So che non dovrei addormentare i sintomi, e scacciare l'ansia la farà tornare più forte di prima, eccetera eccetera, ma come faccio io a prendere davvero coscienza dei miei problemi e mettere a punto una qualche soluzione valida con la schiena sempre contratta? Fa male, e il dolore non contribuisce al mio benessere emotivo. Magari lo Xanax farà di peggio, ma sono disposta a rischiare stavolta. Non farò come nel 2011, quando dopo pochi giorni dalla prima dose ho smesso di prenderlo perché volevo farcela da sola, perché non volevo più scappare dai miei problemi e dalle mie responsabilità.
Adesso invece voglio scappare, voglio nascondermi, voglio essere vile e codarda e debole - almeno per un po', almeno per le feste... perché il cervello si spenga per quattro o cinque giorni e smetta di girare in continuazione come l'ago di una valvola rotta. Voglio essere una vigliacca, e ammettere che da sola non ce la faccio e che sono stanca di provarci. Voglio essere fragile, e smettere la pantomima della donna sempre brillante - con gli altri ci riesco, quando sono in compagnia, quando parlo con qualcuno che mi espone i suoi problemi, mentre parlavo con il dottore - ero così controllata e serafica, seppur con le mani e i piedi gelati e lo stomaco chiuso nonostante il digiuno - perché devi essere forte, Valentina, sei una dura, ce la puoi fare.
E invece no. E invece "la dura" a momenti non riesce più a camminare. La Donna Tosta, quella tutta d'un pezzo, quella che «Vi faccio vedere io, stronzi, che cosa so fare!» la notte non prende mai sonno e la mattina a volte non ha il coraggio di alzarsi, appena ha accumulato un po' di serenità la fa a pezzi e la butta via, o la storpia «... perché tanto, comunque non dura». La Grande Donna che nella vita ne ha passate un po' di tutti i colori e ormai si è fatta forte, ha imparato, è cresciuta e vi fa vedere lei che cosa sa fare, si rannicchia a piangere dove capita e certe volte non si ferma per ore.
Forse adesso la Donna Forte si prenderà una pausa, stordita dall'ansiolitico come una bestia feroce colpita da un dardo tranquillante. Un dardo che vale la pena di essere sparato se la bestia è ferita, e ha bisogno urgente di cure.