mercoledì 28 febbraio 2018

GRAZIE PER LA NEVE

Stamattina il vento ha portato i primi fiocchi di neve, e fa un freddo che solo uscendo per prendere la posta mi si sono congelate le ossa. Ho cominciato a sognare e a desiderare la neve già verso la fine di novembre, quando le giornate erano cortissime, il pomeriggio uscivo a passeggiare e dovevo affrettarmi a tornare a casa perché alle quattro cominciava già a fare buio, e allora ogni tanto chiudevo gli occhi per un secondo e mi immaginavo la campagna tutta imbiancata. Non posso lamentarmi che il mio desiderio si stia avverando, anche se con mesi di ritardo, penso che sembrerei un'ingrata. 
Quindi, grazie Universo per la neve... ma se a questa valanga di gelo non ne seguono altre non piangerò tutte le mie lacrime (sì, me lo ricordo: marzo 2005 e marzo 1997. Non metterò via il piumone fino ad aprile, giuro).

Oggi sono arrivati due libri nuovi: "La strada" di Cormac McCarthy e "Zombie" di Joyce Carol Oates, che non avevo previsto di comprare ma che oops, ho comprato.
Ho abbandonato la lettura de "Il cormorano" di Gregory dopo soli tre capitoli per ragioni che non posso spiegare senza spoiler, perciò non entrerò nei dettagli, e nonostante la prosa mi piacesse molto. L'età mi ha resa delicata di stomaco, e l'horror non lo digerisco più facilmente come una volta. Adesso sto leggendo "Il traghettatore" di Blatty e lo trovo orribile. La prosa è brutta, sembra il libro di un self-pub che stando in tema di stomaco ha fatto indigestione di paurosi filmetti per la tv, e la prima protagonista che viene presentata l'ho trovata immediatamente odiosa, senza spessore e con la bocca piena di volgarità (con dei trascorsi travagliati che sono una sequenza di cliché sbrigata come la lista della spesa). Comunque cercherò di finirlo, o almeno di arrivare a metà se non altro per puntiglio. 

martedì 27 febbraio 2018

PRESCRIZIONE: TANTI, TANTI BAGNI DI UMILTÀ

A tutte queste autrici che si credono originalissime perché scrivono storie a tema incesto tra fratello e sorella vorrei dire un paio di cose:

1) ne ho scritta una anch'io nel 2008 (e pubblicata. Posso produrre prove cartacee) - son passati dieci anni, vero?

2) Ovviamente non sono stata l'unica, intendo in tempi recenti, e tanto per spaccare il capello in quattro Mattew Gregory Lewis l'ha fatto prima di chiunque altro (quantomeno noto) nel 1796, con il suo romanzo "Il Monaco" (che vi consiglio caldamente perché è un romanzo strepitoso).

Perciò, la smettiamo di darci delle arie? La smettiamo di crederci delle campionesse di originalità e  già che ci siamo cominciamo a leggere un po' di più così da riconoscere i nostri piccoli e involontari plagi? Brave, facciamo tutte un bel bagnetto di umiltà.

lunedì 26 febbraio 2018

STRONZE DEL LUNEDÌ SERA

Vaffanculo STRONZAAAAA!!!!
Mettendo da parte la mia intolleranza cronica verso il 90% degli esseri umani, che so bene comporta delle conseguenze, capisco di aver avuto una giornata storta quando attiro nella mia zona personale (ergo VICINISSIMO) la stronza di turno che viene a una serata di meditazione per parlare dei cazzi suoi con l'amica vicina di sedia e per COMMENTARE le spiegazioni del relatore.
Ma scusa, se lo scopo della meditazione è spegnere la mente E SOPRATTUTTO STARE IN SILENZIO, perché i cazzi tuoi alla tua amica non li racconti al bar? Perché i commenti non te li ficchi dove sai?

Morale della serata: anziché far salire la kundalini mi stava salendo l'onda energetica. 

I'M FREEZING, AND LOSING MY WAY... ***(cit.)

Il freddo polare a febbraio mi fa così strano che dire mi fa strano è niente, sono uscita a camminare senza berretto "perché tanto io il freddo non lo temo" e dopo tre metri mi sono dovuta incappucciare con felpa e giacca, e in questo quadretto da dicembre inoltrato sono le cinque e mezza di pomeriggio ed è ancora chiaro. 
Bioritmi ciao, ci vediamo tra un po'.

domenica 25 febbraio 2018

UTILI SCOMODITÀ

Dopo un sonno di non meno di dodici ore e un risveglio al limite della crisi di identità, stamattina ho finito di leggere "La Nausea" di Jean-Paul Sartre e sono ancora scossa. Sono sicura di non aver capito una miriade di passaggi (quelli che mi perderò per la strada col passare del tempo) e di averne fraintesi altrettanti, soprattutto perché dell'autore non sapevo niente e non potevo quindi contestualizzare correttamente il romanzo, ma se ho deciso di leggerlo nella totale ignoranza è chiaro che così doveva essere.
Seppur sguazzando nell'incompetenza ho capito come la narrativa che scava nell'intimo dell'animo umano finisca sempre per tramortirmi in questo modo, per lasciarmi stanca e inappagata ma ugualmente più ricca. Se una storia ha un inizio e una fine posso cercare di prevedere dove andrà a parare, se i personaggi pensano ed elucubrano in funzione di un atto pratico riesco a seguirli senza intromettermi, ma se le riflessioni e i ragionamenti sono più astratti mi perdo... è come se mi sganciassi da una navetta spaziale per finire a galleggiare chissà dove nell'universo. Non è esattamente una sensazione piacevole, ma so che alla lunga contribuisce alla salute del mio cervello (quello che riesco a tirar fuori dalle situazioni e dai ragionamenti scomodi a volte sbalordisce anche me stessa).
Adesso comunque ho voglia di riposare, ho voglia di letture meno impegnative e di personaggi concreti, di azioni che posso seguire mandando la mia mente e la voglia di ragionare in vacanza per un po'. 
A questo scopo, per la settimana entrante ho in lista questi titoli:

~ "Invisibile" di Paul Auster
~ "Il cormorano" di Stephen Gregory
~ "Il bravo di Venezia" di Mattew Gregory Lewis 
~ "Il traghettatore" di William Blatty e 
~ "Solo il mimo canta al limitare del bosco" di Walter Tevis 

Trattandosi di libri abbastanza brevi dovrei riuscire a leggerli nell'arco della settimana, a parte il romanzo di Tevis che è più corposo e che terrò per ultimo anche se mi incuriosisce più di tutti gli altri perché la sinossi ha creato determinate aspettative, perché è un distopico, e adoro le distopie, e perché non so come prendere il fatto che sia un romanzo di cui non ho mai sentito parlare scritto da un autore di cui non ho mai sentito una parola - e di liste di romanzi distopici ne ho consultate moltissime, negli anni. 
A proposito di distopie, e senza alcuna vergogna per i libri che ho accumulato dalla scorsa estate alla scorsa settimana (ma quando mai mi vergogno per questo motivo), ho deciso di approfittare dello sconto del 25% della Einaudi per comprare "La strada" di Cormac McCarthy. Di questo ho sentito grandi cose - e con "questo" mi riferisco sia al romanzo che all'autore - e non posso proprio esimermi dal leggerlo per scoprire se posso condividere o meno l'entusiasmo di chi l'ha già letto e apprezzato.

venerdì 23 febbraio 2018

SPENTO E RIAVVIATO

Ad un certo punto di qualche giorno fa ho effettivamente spento e riavviato il cervello, realizzando di conseguenza certe scoperte che quella dell'acqua calda e della patata lessa in confronto sono bazzecole.
Traduco in parole povere: non c'è stata una vera scoperta perché la realtà ce l'ho sempre avuta sotto il naso e la conoscevo bene, solo che non ero pronta/non avevo voglia di farci i conti. 
La realtà in questione è che dal 2012 ho girato intorno agli stessi argomenti in ogni diario, post o altro spazio a disposizione per scrivere. I disagi, i malanni quotidiani, le cose che non mi piacciono. Dappertutto racconto dell'ansia, dell'ipocondria, delle ipotesi sulle cause, di cose che sono successe tanto in là nel tempo che è effettivamente come se fossero capitate ad un'altra persona.
Immagino che sia stato un male necessario, una tappa obbligata, ma che adesso è bene che si concluda. Ho alcuni nuovi ritornelli che mi piace recitare ogni giorno, fin da quando mi sveglio:
~ non ho nessuna aspettativa,
~ non sono il mio passato, 
~ se continuo a cercare spiegazioni per i miei disagi li rendo cronici. 
Mai fatto niente di più utile per me stessa che ricordare questi semplici propositi.

Volevo archiviare questo blog e aprirne un altro e stasera ci ho effettivamente lavorato per un po', ma mi sono così annoiata a cercare una combinazione di colori e di caratteri che mi piacesse, e a copia/incollare quello che mi serviva e che avevo deciso di esportare, che alla fine ho fatto la cosa più veloce che mi è venuta in mente: ho cambiato titolo di questo blog. 
Problema risolto in due minuti, evviva.

giovedì 22 febbraio 2018

LA NAUSEA

«La statuetta mi parve sgradevole e stupida e sentii che mi annoiavo profondamente. Non arrivavo a capire perché mi trovavo in Indocina. Che cosa facevo lì? Perché parlavo con quella gente? Perché ero vestito in modo così strambo? La mi passione era morta. Mi aveva sommerso e trascinato per anni; ora mi sentivo vuoto.» 

«Sono solo in mezzo a queste voci gioiose e ragionevoli. Tutti questi tipi passano il loro tempo a spiegarsi, a riconoscersi felicitandosene che sono della stessa opinione. Quanta importanza attribuiscono, mio Dio, a pensare tutti quanti le stesse cose.» 

«Forse è impossibile comprendere il proprio viso. O forse è perché io sono solo? Le persone che vivono in società hanno imparato a vedersi, negli specchi, esattamente come appaiono ai loro amici. Io non ho amici: che sia per questo che la mia carne è così nuda?» 

«La Nausea è rimasta laggiù, nella luce gialla. Sono felice, questo freddo è così puro, così pura è questa notte; che non sia io stesso un'onda d'aria gelata? Non avere né sangue, né linfa, né carne. Scorrere in questo lungo canale verso quel pallore laggiù. Non esser altro che un po' di freddo.»

«Ecco che cosa ho pensato: affinché l'avvenimento più comune divenga un'avventura è necessario che ci si metta a raccontarlo. È questo che trae in inganno la gente: un uomo è sempre un narratore di storie, vive circondato dalle sue storie e dalle storie altrui, tutto quello che gli capita lo vede attraverso di esse, e cerca di vivere la sua vita come se la raccontasse. Ma bisogna scegliere: o vivere o raccontare.» 

«Niente è cambiato, e tuttavia tutto esiste in un'altra maniera. Non posso descriverlo, è come la Nausea e tuttavia è esattamente l'opposto: finalmente mi capita un'avventura e se m'interrogo vedo che mi capita e che sono io che sono qui; sono io che fendo la notte, sono felice come un eroe di romanzo.» 

Jean-Paul Sartre, La Nausée

domenica 11 febbraio 2018

SPEGNI E RIAVVIA

Domani sarà trascorsa una settimana esatta da quando ho smesso di prendere lo Xanax. Dato che il dosaggio era molto basso e che l'ho preso soltanto per un mese e mezzo non mi sono posta grandi problemi per gli effetti dell'astinenza - mi correggo: non ci ho pensato affatto - incoraggiata anche dall'insolito e costante buonumore dei primi tre giorni senza farmaco.
Poi giovedì, senza alcun segno premonitore, LA DEBACLE.
Pianto regolato a forza 15 già dal risveglio, la fatica bestia prima di prendere sonno pur non avendo bevuto il caffè, e venerdì notte un'insonnia quasi totale. A seguire, crampi addominali, bruciore di stomaco, tensioni muscolari. L'ansia perché ho male dappertutto, l'ansia perché non ho appetito (devo per forza star male malissimo, perché quando mai io non ho fame), l'ansia perché dormo poco e non riposo, l'ansia perché ho l'ansia... e una vocina nella mia testa che canticchia «stai più o meno come stavi prima di iniziare la cura, non è fantastico?? Uacci uari uari, uacci uari uari!!!!!!!!»
Quando mi son detta, e l'ho anche scritto, "va bene, smetto con lo Xanax e sto a vedere cosa succede" non dovevo essere molto in me, perché l'ho detto e l'ho anche scritto ma poi l'ho dimenticato, rimosso, cancellato, annullato. Solo stasera, a quasi una settimana di distanza dalla sospensione, mi si accende un piccolo neon nel cervello - scoppietta, tentenna, si spegne e si riaccende sei o sette volte prima di decidersi - e penso cazzarola, ma non sarò mica un pochino in astinenza, eh?
Che genio del male.

mercoledì 7 febbraio 2018

Il dottore forse non sarebbe contento di saperlo, ma è da qualche giorno che ho smesso di prendere lo Xanax che, mi ricorda la regia, è la ragione per cui sono tornata strisciando nel suo studio. Oh, che vi devo dire? Non mi è servito a un cazzo, sul serio. Sono stata buona e soprattutto diligente, e soprattutto fiduciosa nella medicina tradizionale: mi sono concessa quasi due mesi di trattamento e non sono stata meglio, che senso ha continuare una terapia che non funziona? Magari la dose era troppo bassa, magari mi serviva piuttosto un antidepressivo, che ne so, comunque mi sono rotta le palle di ingoiare roba chimica di nessuna utilità. Sto temporeggiando anche con la terapia che ero risoluta a cominciare da gennaio, perché non ce la faccio neanche a pensare di mettermi nelle mani di un terapeuta che potrebbe farmi del bene o potrebbe farmi molto male, com'è già successo, e perché al pensiero di stare davanti a qualcuno a raccontargli di nuovo il passato mi viene da vomitare. Insomma, basta, è ora di finirla. Quindi, niente più ansiolitico e niente terapia. Stiamo solo a vedere che cosa succede, che cosa si muove nella mia anima e dove vado a finire.

domenica 4 febbraio 2018

INDISPENSABILI CIANFRUSAGLIE

Ogni volta che lascio passare tanto tempo tra un post e l'altro penso che forse è ora di chiudere il blog, di sospenderlo, di lasciarlo morire, di cancellarlo, ma poi finisce come con tante cianfrusaglie che ci sono nella mia vita: non riesco a buttarle. Le tengo perché ci sono affezionata, perché credo che abbiano ancora un valore. Nel caso specifico, credo che questo blog ne abbia sebbene neanche i più grandi sforzi mi facciano tornare in mente le vere motivazioni che mi hanno spinta ad aprirlo. Esiste da un tempo che magari sul calendario non è poi così degno di nota, ma che sembra lunghissimo perché dà voce a tutte le persone che sono stata dal 2010 ad oggi (e in fondo è una testimonianza positiva. Se fossi rimasta la stessa di sette anni fa dovrei ammettere di non essere umana - e di non aver imparato niente strada facendo).
Troppo spesso mi sono preoccupata che questo spazio avesse un'utilità o un senso per gli altri, anche per il solo fatto che insomma, se scrivi i cazzi tuoi in pubblico lo fai per un motivo, perché vuoi che vengano letti, magari commentati e condivisi, o no?, mentre adesso mi interessa così poco di quello che possono pensare gli altri, per non parlare della dubbia utilità dei miei post, che smettere di usarlo sarebbe la scelta più saggia.
«A chi vuoi che importino i fatti miei?» non va preso come un ritornello triste-acchiappa attenzioni ma come una semplice constatazione, una domanda retorica e nondimeno come una logica conseguenza di quanto appena scritto... i miei post sono senza utilità per tutti tranne che per me. Non scrivo recensioni, né ricette, né consigli. Non pubblico foto, non scrivo articoli. È solo un diario, un diario di cazzate, e dovrebbe andar bene così. Magari un giorno ci darò un taglio, o magari no. Se ripenso agli anni della gioventù, a come mi approcciavo allora alla scrittura, scrivere cazzate mi sembra quasi un modo di portare avanti una tradizione.
Quando andavo al liceo, e in alternativa a carta e penna al posto del pc c'era la Olivetti elettronica di mio padre, scrivevo pagine e pagine di scemenze più o meno come faccio adesso, solo che erano lettere per i posteri che iniziavano proprio così, con Cari Posteri... e finivano con tre o quattro facciate di resoconto sull'ultimo compito in classe di fisica, su quello che avevo fatto nel fine settimana con la best e su quant'era testa di cazzo il tizio che mi piaceva (e che non mi si inculava neanche per sbaglio).
Parliamo di resoconti che non servivano a un cazzo esattamente come non servono a un cazzo quelli che scrivo oggi, da donna adulta, eppure a metterli insieme mi divertivo un botto. Spingevo da parte tutto ciò a cui avrei dovuto dare la priorità (principalmente lo studio), mi sedevo davanti alla Olivetti con una tazza immensa di caffè solubile e tre o quattro Marlboro rosse e via a pestare sui tasti per ore. A volte ridevo perché mi trovavo proprio divertente, altre volte piangevo e mi sentivo una miserabile, ad ogni modo davo aria al cervello.
Ora, che razza di fregatura è stata diventare adulta? Vorrei rispondere a questa domanda continuando a dare la colpa al mondo (alla società, alla famiglia, a chiunque mi rifili il ritornello del "devi mettere la testa a posto!") se ho smesso di scrivere tanto per dare aria al cervello, divertirmi e basta, ma credo sia arrivato il momento di prendermi le mie responsabilità e di ammettere che sono IO il giudice più severo e bastardo di me stessa. Sono io l'unica responsabile - me lo scrivo con intento ottimista, senza biasimo - io che non mi concedo di essere sciocca, frivola, superficiale se qualche volta mi va di esserlo. Sono io quella che cerca sempre un significato per tutto, una ragione per tutto... quella seria e rigida come un manico di scopa. Poi mi lamento, ahi, che mal di schiena! - se smetti di portarci sopra la croce e di far la martire magari ti passa.
Sicché niente, alla fine ho perso il filo ma ho messo insieme un altro post per tenere vivo il blog, come scusa per non chiuderlo. Non oggi, dai. Magari domani.