martedì 28 giugno 2016

PROBABILMENTE

Mamma operata all'occhio stamattina e per ora tutto bene anche se, ancora mezza piena di anestesia, era fredda come un ghiacciolino. Povera mami. I nostri rapporti non sono mai stati idilliaci ma negli ultimi tempi le divergenze si sono molto appianate, parliamo di meno e comunichiamo meglio e oserei dire che anche per questo abbiamo imparato a volerci bene sul serio, o quantomeno in un modo normale. Spero che già domani sarà dimessa e potrò riportarla a casa.
Ho visto anche mio padre oggi pomeriggio, abbiamo parlato un po' di cazzate. «Ancora porti l'orecchino al naso? Ma se te lo tagliassi a metà?» «Ho tolto il piercing dalla lingua, accontentati.» «Eh, era ora... ma le porti ancora le scarpe grosse?»... era da un sacco che non mi parlava delle "scarpe grosse", vale a dire degli anfibi, e anche che non notava che sono sempre vestita di nero. Pa', questa sono io, lo sono sempre stata. 
Prima di andar via l'ho stretto fortissimo, non so neanch'io perché. È una cosa che non gli va molto a genio, si vede e si percepisce. Scappa dai contatti e ha paura di chi entra nel suo spazio vitale e io lo so, ma faccio sempre finta di dimenticarmene e lo abbraccio, mi arrogo il diritto di invadere il suo spazio sacro per una manciata di secondi perché sono l'unico contatto che posso avere con lui. Le battute sulle scarpe grosse, i vestiti scuri e i piercing sono le chiacchiere che si possono fare con dei conoscenti, o le cose che si possono dire a una figlia quindicenne, non le parole che decidi di scambiare con una figlia di trentasette anni che, tra l'altro, vedi una volta ogni morte di papa. Probabilmente dovrei smettere di abbracciarlo e di ostinarmi a cercare di cambiare un rapporto che non cambierà mai. Probabilmente un giorno lo farò, quando sarò pronta a lasciarlo andare, e pronta a maturare ancora un po'.

martedì 21 giugno 2016

A VOLTE RITORNANO (cit.), O NEL MIO CASO...

... ritorno SEMPRE.
Per una volta tanto ho dimostrato di conoscere bene un lato di me, quando ho dato un arrivederci al blog sapendo che l'allontanamento era temporaneo. Sapevo che se non lo avessi eliminato sarebbe rimasto un luogo in cui tornare dopo aver gironzolato per un po' e aver imparato cose nuove.
Cose nuove che ho imparato dal 13 aprile ad oggi:

1) sono ancora, irresistibilmente attratta da persone che prima o poi mi feriscono, e le preferisco a persone che invece mi vogliono bene davvero e mi trattano con rispetto. 
Nulla di male in tutto questo, non è che un riflesso della mia profonda credenza di non meritare rispetto, di non avere il diritto di alzare la voce o di stare male, qualche volta.
Ho scoperto di essere una persona molto positiva e ottimista, piena di fiducia, ma che qualche volta ha dei momenti di cedimento. Oddio, avrò mica scoperto di essere umana?!!? Ebbene sì. Qualcuno però non è d'accordo con la mia analisi e pensa, tu fai la bella vita, cara, di che vuoi lamentarti?, come se io non potessi avere momenti di crollo emotivo perché non ho problemi con il lavoro, per dirne una. Dato che un lavoro non ce l'ho mi è difficile farci a botte, ma questo non implica che io non abbia altri problemi, né che sia una ricca ereditiera che anche se si gratta la passera da mattina a sera vive lo stesso nell'agio. 
Tutto ciò mi ha portato a imparare una seconda, grandissima lezione, ossia

2) giudicare è la cosa più facile del mondo.
Guardando come gli altri giudicano me e altre persone penso di essere diversa, di non farlo. Invece lo faccio anch'io e con grande agio, spesso come un'abitudine automatica. È facile giudicare il mondo e la vita degli altri attraverso il mio metro, se non fosse che il metro in questione è, per l'appunto, mio e solo mio... e io chi sono per sapere o affermare che va bene anche per gli altri? Appunto.
Quindi, il famoso "Pacchetto di Cazzi Tuoi" prima di offrirlo agli altri devo imparare a offrirlo a me stessa. 

3) La felicità non paga.
Tutti mi incoraggiano a cercare la felicità e dicono che vogliono sapermi felice ma non è vero. Il bisogno a cui mi sono adeguata e ho risposto, è stato che io fossi sfigata come quasi tutti gli altri. Per far parte di tre quarti dell'umanità e non sentirmi esclusa, e per non attirarmi le antipatie e le critiche degli altri. Concedetemi un momento per avere la coda di paglia, grazie. Le pochissime persone davvero felici che ho incontrato nella mia vita, o almeno quelle che provavano veramente ad esserlo, le ho tutte allontanate e aspramente criticate. Per invidia, certo che sì. Perché loro facevano quello che io non avevo il coraggio di fare: godermi la vita e preoccuparmi del mio benessere.
Ciò mi riporta, in parte, al primo punto di questa lista, alle persone che trovano il modo di sminuirmi e mancarmi di rispetto. E anche un po' al secondo punto, in cui parlo delle persone che senza tanti complimenti applicano il proprio metro di giudizio alla mia vita affermando che io non ho proprio motivo di stare male. 
In parte è vero, in parte no. La differenza sta nell'intento: chi vuole aiutarmi a uscire da una condizione autoimposta di vittima mi aiuta a vedere tutte le cose meravigliose che ci sono nella mia quotidianità perché io possa esserne grata. Una persona invidiosa, e che vuole ferirmi, mi fa sentire una merda perché io ho qualcosa che lei non ha.

A questo punto la mia domanda è: voglio veramente andare avanti a vivere così per sentirmi uguale agli altri? 
Ci ho provato, e che cosa ho ottenuto? L'ansia, gli attacchi di panico e la depressione. Ecco a che cosa mi è servita 'sta carovana di malesseri. A capire che sì, posso rendermi infelice per tutta la vita, ma il prezzo è molto più salato di quello che pagherei se fossi felice e me ne sbattessi i coglioni, scusate il francesismo, di chi mi circonda e ha qualcosa da ridire sull'argomento.
Gli anni passati a vestire i panni di quella che si sudava ogni briciola di felicità sono stati tanti, adesso è ora di darci un taglio. Se mi spoglio una volta per tutte di questi panni vecchi e scomodi chissà, magari stavolta ce la faccio... ad essere qualunque cosa deciderò di essere strada facendo. Se comincio ad ammettere di avere dei difetti orribili e a piacermi lo stesso forse arrivo dove devo arrivare.

La terribile e inammissibile e inconfessabile verità è che sono felice della vita che conduco ora. Sono felice di essere privilegiata, con tutti i vantaggi e gli svantaggi che questa condizione comporta, anche se, ovviamente, sono solo i vantaggi quelli che saltano agli occhi. Sì, è vero, non devo alzarmi presto la mattina per andare a fare un lavoro che non mi piace e ho davanti a me lunghe giornate di libertà per fare tutto quello che mi pare. In compenso non ho soldi miei, e quelli che ci sono spesso sono contati. Posso fare un numero limitato di cose, per non spendere troppo. Non posso andare in vacanza con mio marito né fargli un regalo, o sentirmi utile per lui, la nostra casa, la nostra famiglia, ma spesso l'unico messaggio che passa è che io faccio la bella vita e ho le spalle coperte. Niente di più sbagliato, credetemi.
Ma stare qui e potermi prendere certe libertà mi piace, e mi sono stancata di doverlo nascondere, di non poterlo ammettere o mostrare apertamente per non risultare antipatica. Questo mi ha portata a sentirmi colpevole e immeritevole, e con il tempo indegna e incapace. Con tanta libertà, anziché buttarmi e provare a trovare una qualche fonte di reddito ho saputo solo chiudermi sempre di più in me stessa, ammalarmi di ansia e convincermi che tentare era inutile, e che non meritavo niente. Ecco, allora, quello che la malattia mi diceva. Ecco come la parte saggia dentro di me ha deciso di scuotermi (e meno male che l'ha fatto). 
Quindi ora non importa quante altre volte cadrò, né quante terribili e inconfessabili verità tirerò fuori da me stessa con sommo raccapriccio della mia Inquisitrice interiore: qualunque cosa, in qualunque quantità, sarà accolta amorevolmente, bene accetta, amata e ascoltata. 
Ama le tue ombre, insegna Morelli, perché «Non dobbiamo diventare persone migliori, ma persone complete»e solo amando anche i nostri demoni possiamo farlo.