Sto implodendo.
Partorito questo pensiero, per un attimo ne sono stata vittima, stordita come se mi avesse colpita con un cazzotto. Poi mi sono ricordata la promessa che ho fatto, di non essere sempre e solo negativa.
Sto implodendo, ma forse per espandermi.
Sto implodendo, ma forse per espandermi.
Mi espanderò e farò del bene, farò cose belle, sarò buona. Intanto implodo e sono una merda, avevo promesso di scrivere alla Paola cinque giorni fa e poi mi sono data alla macchia. Ho scritto una lettera di quattro pagine a Laura, ed è tutta piena di cose spiacevolissime su mia cognata e sulla zia ricca che palesemente mi odia (che poi magari non è vero... uhm, ok, ho fatto finta di crederci per due secondi).
Ma che cattiva, cattiva pampina.
Venerdì abbiamo fatto l'annuale puntatina a Caorle a trovare suocera e nipoti in vacanza (riassunto della giornata: caldo, che palle, sveglia alle cinque - manco dovessimo fare migliaia di chilometri - che palle fa caldo, sono sudata, puzzo, voglio andare a casa), e sotto l'ombrellone ho iniziato "Metropolis" di Thea von Harbou. Delle prime due pagine non credo di aver capito un cazzo, lo scrivo con grande onestà, ma questo non mi ha scoraggiata. La traduzione è ricca, si prospetta una lettura del genere per fare il pieno di vocaboli e di lezioni di stile, e confido nel fatto che non essere interrotta ogni due per tre da una domanda ma al massimo dal russare del marito (a cui posso eventualmente assestare un delicato calcio sugli stinchi, così si gira sul fianco e smette di fare il verso del tosaerba) mi aiuterà a gustare appieno il romanzo. Perché chi non legge non conosce quella regola non scritta ma sottintesa per cui se mi vedi con un libro aperto in mano non mi devi parlare.
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