«Mentre nella stanza accanto Madeleine si occupa delle coppiette ben vestite, Arthur oscilla. La colonna vertebrale gli cigola come la porta di una prigione. Alla fine si lancia:
"Non preoccuparti, piccolo! Prima o poi nella vita passa tutto, credimi. Si guarisce sempre, anche se ci vuole del tempo. Qualche settimana fa, prima del giorno più freddo del mondo, ho perso il lavoro e mia moglie mi ha sbattuto fuori. E dire che avevo accettato di tornare in polizia per lei. Sognavo di diventare musicista, ma eravamo davvero al verde".
"Che cos'è successo? Perché la polizia non ti vuole più?"
"Puoi negare la tua natura quanto vuoi, tanto quella ti riacciuffa al volo! Al commissariato rileggevo le deposizioni cantandole e passavo più tempo alla tastiera dell'armonium che a quella della macchina per scrivere. E poi bevevo un po' di whisky, giusto quel poco che bastava per dare consistenza alla voce... Ma quelli non capivano niente di musica, mi segui? Alla fine mi hanno chiesto di andarmene. E io ho avuto la cattiva idea di raccontare tutto a mia moglie. Il resto lo conosci già... Allora ho speso quello che avevo in whisky. Mi ha salvato la vita, credimi."
Adoro il modo in cui dice "credimi". Assume un tono molto solenne quando mi spiega che il whisky gli ha "salvato la vita".
"Quel famoso 16 aprile 1874, il freddo mi ha spezzato la schiena: dopo quei bui eventi, solo il calore dell'alcol che mando giù mi ha impedito di gelare completamente. Sono l'unico sopravvissuto fra i barboni, tutti i miei compagni sono morti di freddo."
Alza il cappotto e mi dice di guardare la schiena. Mi sento un po' a disagio, ma non posso rifiutare.
"Per aggiustarmi la parte rotta la dottoressa Madeleine mi ha trapiantato un pezzo di colonna vertebrale musicale con le ossa accordate. Se mi batto sulla schiena con un martello, posso comporre delle melodie. Ha un ottimo suono, in compenso però cammino come un granchio. Suona pure un pezzo se vuoi," mi dice passandomi il martelletto.»
«Quando ho una crisi di panico, la meccanica del cuore deraglia al punto che mi sembra di essere una locomotiva a vapore a cui si stacchino le ruote in curva. Viaggio sui binari della paura. Di cosa ho paura? Di te, o meglio, di me senza di te. Il vapore del panico meccanico del mio cuore, filtra sotto le rotaie. Madeleine, come mi tenevi al caldo. Il nostro ultimo abbraccio è ancora tiepido, eppure ho già tanto freddo come se non ti avessi mai incontrata il giorno più freddo del mondo.
Il treno sbuffa facendo un fracasso lancinante. Vorrei tornare indietro nel tempo per deporre quel vecchio rottame del mio cuore fra le tue braccia. I ritmi sincopati del convoglio mi provocano certi subbugli che prima o poi imparerò a sfuggire, ma ora sembra che mi scoppino dei pop-corn nel cuore. Madeleine, non ho ancora lasciato le ombre londinesi e ho già bevuto tutte le tue lacrime! Ti prometto che durante la prossima sosta andrò da un orologiaio. Vedrai, tornerò in buono stato, o meglio, guasto quel tanto che basta perché tu possa esercitare su di me il tuo talento di riparatrice.»
Mathias Malzieu
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