mercoledì 18 luglio 2012

LORD, PLEASE: STOP TESTING ME!

Non potete immaginare che impressione mi abbia fatto riaprire questo blog dopo tanto tempo e leggere la data dell'ultimo post, il 29 giugno.
Ero un po' in apprensione come lo sono sempre prima di una partenza ed emotivamente scarica, dopo sei mesi di fuoco.
Ripensavo ancora alla "rottura" se così posso definirla, con mia madre, alla reazione alle mie parole e al fatto che niente era andato come mi ero immaginata nonostante avessi usato ogni cura affinché non si sentisse in nessun modo ferita da ciò che pensavo. Non intendevo dirle che la odiavo o che doveva sentirsi una madre orrenda, volevo soltanto che capisse quello che provavo nei confronti di certi suoi atteggiamenti verso di me. Mi dicevo che tra persone adulte ci saremmo capite, ma inizio a convincermi che questa cosa che gli adulti ragionano sia solo una stronzata. In ogni caso staccarmi in quel modo da lei, anche se ormai non sopportavo più il peso dei sentimenti contrastanti che avevo nel cuore non è stato facile. È molto più facile, invece, affermare a distanza di tempo che certi dolori sono necessari per maturare. Sarà pure così, ma finché ci si ritrova a viverli e doverli sopportare fanno un male che in certi momenti schiaccia peggio che un masso in mezzo alla schiena.
Poco dopo è morto il nonno.
Pazienza, si diceva, aveva la sua età, capiamo la sua scelta di uccidersi dato che aveva un brutto male che lo avrebbe fatto soffrire a lungo, ma questo non ha reso il dolore della perdita meno intenso. L'avevo visto da poco, mi sembrava che stesse bene, non mi aveva detto niente del suo male e poi all'improvviso non c'era più ma io c'ero, a disagio in mezzo a tutti quei cugini e parenti che non vedo mai, con mio "padre" ubriaco e impazzito che dava pugni contro il muro e mi diceva «Ti voglio bene, anche se mi hai fatto dannare» e mia madre che mi sgridava al telefono per essere stata sempre poco presente coi nonni, perché «Se fossi stata più presente avresti saputo.».
Comunque vada, qualsiasi cosa accada, non dimentichiamoci mai che io sbaglio.
E poi?
Sembrava che un po' alla volta dovessi risalire, del resto io non risalgo sempre?
Pensavo almeno ho ritrovato la mia cara vecchia amica del cuore, che era più di una consolazione, e invece niente è andato come immaginavo e come speravo che andasse. Di nuovo troppe aspettative? Forse, o forse ero la solita ipersensibile che a un certo punto non sapeva più dove sbattere la testa ma che cosa cambia, quando poi stai male?
Niente, stai male e basta, e i come e i perché non hanno nessun valore.
Mi dicevo supererò anche questa, io supero sempre tutto e poi in fondo non è una cosa grave, ma di lì a poco diagnosticano a mio "padre" (virgolette d'obbligo in caso di padre naturale) un tumore all'intestino e quando lo vedo su quel letto di ospedale, irriconoscibile, mi sembra che non ci sia più niente in questo fottuto mondo che abbia un minimo di senso. Mi muore un po' il cuore, vorrei aiutarlo perché è come se guardassi un estraneo per cui provo una pena immensa ma la forza contraria dentro di me mi fa impazzire, mi urla ma come, dopo tutto quello che ha fatto e che non ha fatto per te ti impietosisci e lo vai a trovare? E gli scrivi? E lo baci e lo consoli?
Fino a pochi mesi prima ero la figlia di nessuno, messa a confronto con quel suo figlio prediletto di cui era tanto orgoglioso, ma c'ero io ad abbracciarlo e dirgli che tutto sarebbe andato bene quando è morto il nonno, e c'ero io vicino al suo letto d'ospedale di domenica, nel giorno di festa in cui si dovrebbe avere accanto la famiglia!
Ma al di là di tutto, che cosa fa la Vale quando viene sommersa dalla marea?
Soccombe?
No, nuota.
Nuota e risale in superficie e respira giusto un attimo prima di perdere i sensi e morire annegata.
Pensavo posso farcela, ce la farò!
Arriva l'estate, sono tanto stanca ma penso andiamo in vacanza tutti insieme, sarà stupendo! e mi tengo su con il pensiero del mare, delle passeggiate ma soprattutto della famiglia e del divertimento.
Arriva venerdì 29 giugno e sono un po' spenta, un po' in apprensione per i miei gatti che dovranno andare in pensione il giorno dopo ma so già che una volta partita la tristezza sparirà.
Vado a letto piena di sonno e alle 23.45 spengo la luce.
Intorno a mezzanotte e mezza mio marito mi sveglia di colpo e mi dice che pare che suo padre sia morto.
«Credo che mio papà sia morto.».
E lo è.
All'improvviso non lo so che cosa ci faccio giù in giardino in pigiama, coi capelli per aria. Mi guardo intorno e c'è gente che piange e dico forse è solo un sogno molto vivido, adesso mi sveglio e sono nel mio letto e va tutto bene.
E invece trascorriamo tre giorni con la salma in casa, con una temperatura media di 37 °C.
Il medico legale che deve dare il nulla osta per l'apposizione del coperchio frigorifero se la prende comoda (quella troia bastarda e maledetta) così il cadavere si gonfia, spurga sangue dal naso e la bara va chiusa in anticipo, prima del funerale. Ogni tanto mentre sto facendo una cosa qualsiasi mi sembra di risentire l'odore dolciastro del morto e dei fiori dentro le narici. Ma soprattutto, mi aspetto che Piero spunti da dietro l'angolo da un momento all'altro, che guardando fuori dalla finestra la mattina lui sia là ad annaffiare i fiori, che si parta per quella vacanza che non faremo mai più insieme nella quale gli volevo rompere le scatole con le mie storie sull'alimentazione sana e gli integratori a base di alghe.
Certi giorni non sento niente. Vado in giro e mi muovo per inerzia, mi sembra che sia il vento a spostarmi da una parte all'altra del mondo come se io non avessi un motivo per farlo e questi sono i giorni peggiori. In fondo la paura mi porta a reagire, mette in moto la mia mente con le sue domande seppur angoscianti, ma l'assenza di emozioni, di movimento nella mente e nel cuore, il "non provare niente" ha più di ogni altra cosa il sapore di una resa, di una sconfitta.
A volte non provo più niente per nessuno e non so che cosa devo fare, se devo lasciarmi andare come ho fatto quella sera di aprile che mi sono stesa per terra come l'uomo vitruviano e ho detto Dio, io passo la mano, tu fai un po' quel cazzo che ti pare.

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