mercoledì 22 gennaio 2014

COSE CHE SUCCEDONO NEL FRATTEMPO

Oggi sembra quasi un giorno di inizio primavera, ci sono dodici gradi, ma secondo me al sole saliamo anche a quindici.
Sono in cucina, con il pc acceso sulla tavola vicino agli appunti e ai dizionari. Le finestre sono spalancate e lo scacciaspiriti dondola e suona dolcemente quando soffia un po' di vento. Preparavo il caffè due minuti fa, e quando il profumo mi si è insinuato nelle narici per un secondo mi sono rivista nella cucina a casa dei miei, di sabato pomeriggio, quando c'era un gran silenzio, avevo finito la settimana lavorativa e mi preparavo il caffè prima di mettermi a scrivere. Avevo una fila di libri e dizionari sulla tavola e una sigaretta che bruciava nel posacenere, e niente di tutto quello che mi era successo durante il resto della settimana mi interessava più. Pensavo soltanto adesso scrivo. Entro in un mondo tutto mio, che ho creato io dal nulla  e non importa come vanno le cose, non importa se a nessuno piacerà: a me piacerà sempre rifugiarmi qui.
A distanza di dieci anni ho bisogno di comprare fior di manuali per imparare a fare quello che una volta facevo istintivamente: vivere il momento presente, godere di quello che avevo, lasciar andare le tensioni e fregarmene di quello che gli altri potevano pensare di me e del mio lavoro.
A distanza di dieci anni mi devo rieducare a quella vita fatta di meraviglia, fatta di problemi, per carità, ma dietro i quali vedevo sempre un motivo per guardare avanti con fiducia. Allora c'erano lo stesso i giorni in cui alzavo gli occhi al cielo e pensavo ma porca puttana, Dio, che cosa ti ho fatto di male che te la prendi sempre con me?, e giorni in cui pensavo che non ce l'avrei fatta ma non duravano un'eternità come adesso, che sono adulta e indipendente e mangio sano e faccio una regolare attività fisica e ho tutto quello che ho sempre sognato eppure mi sanguinano le gengive ogni giorno, mi si spezzano i denti e sono perennemente incazzata con qualcuno.
Ogni volta che ci penso e ci ragiono mi sembra tutto così assurdo che non trovo una spiegazione logica al mio comportamento e alla mia vita interiore.
Quei pomeriggi in serena solitudine, con il caffè, le sigarette e le mie storie erano bellissimi e preziosi perché erano rari, ma lo erano anche perché mentre li vivevo, e quando finivano troppo presto e ne soffrivo pensavo sempre «Un giorno questa sarà la mia vita quotidiana» ...cos'è successo nel frattempo? Perché adesso che posso davvero fare di quei momenti la mia vita quotidiana non sono felice e non sono produttiva?
Ho trovato tante scuse plausibili per rispondermi.
Oh sì, sono la Sagra delle Scuse Plausibili.
Sono passati dieci anni, la mia vita è troppo cambiata, sono disillusa.
L'editoria è cambiata, il libro è diventato solo un prodotto, c'è crisi, le case editrici puntano solo al guadagno.
Ho sofferto troppo in questi ultimi tempi.
Non ho più la stessa forza di una volta.
Sono ansiosa, sono ipocondriaca.
Non ho un lavoro, non posso trovare il lavoro che voglio.
Sto troppo male per concentrarmi, a volte faccio fatica anche ad alzarmi dal letto la mattina.
Persone di cui mi fidavo e a cui volevo bene non hanno esitato a voltarmi le spalle e a dirmi cattiverie che non meritavo.
La lista potrebbe continuare all'infinito, potrei anche aggiungere nomi e cognomi di tutte le persone verso cui nutro ancora del rancore e non per il rancore di per se stesso ma per il mio attaccamento nei suoi riguardi, perché a ben guardare ogni singola scusa che ho elencato si vede che sono disposta ad attaccarmi a tutto pur di non andare avanti.
La crisi, l'età che avanza, l'editoria, la sofferenza, l'ansia... niente ha a che fare con i sogni.
Non dico che dovrei essere una macchina, che dovrei essere perfetta, non portare il lutto, non piangere o non incazzarmi se ne sento il bisogno, dico solo che continuo a dare la colpa a tutto e a tutti della perdita qualcosa che io ho deciso arbitrariamente di abbandonare.
Ho paura, mi dice una vocina interiore, ho troppa paura.
Lei aspetta.
Aspetta che il miracolo e l'illuminazione arrivino da fuori, e così non vede e non capisce (e non ha fede!) che il vero miracolo viene sempre da dentro.

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