lunedì 22 maggio 2023

14° DI BLOG

Entro nel quattordicesimo anno di blog con una vaga tristezza per non averlo più aggiornato con regolarità, dico, almeno un piccolo post al mese lo potrei anche scrivere nel mio diario NON segreto. Ho dimenticato in fretta quanto mi piace tornare qui a rileggere quello che stavo facendo il tal giorno di quel tal anno - anni che, porca di quella puttana infame, corrono a una velocità supersonica. 
Ricomincio oggi, così.

È tutto più o meno come al solito: faccio piani troppo ambiziosi e poi li devo ritoccare, ho mal di schiena, periodiche gastriti, le occhiaie che mi arrivano alle ginocchia e poi è il 22 maggio e ancora non ho nessun progetto finito - madonna quanto cazzo sono lenta a scrivere i libri e a correggerli - ma è anche tutto molto diverso da qualche tempo fa, dagli ultimi aggiornamenti. Credo sia successo che d'un tratto ho cominciato a sostenermi e ho cambiato radicalmente il mio dialogo interiore perché era arrivato il momento di farlo, perché questo cambiamento importante è stato la famosa somma dei tantissimi cambiamenti più piccoli e all'apparenza insignificanti del passato. 

Tagliare i ponti con il dottor G. mi ha fatto bene, ero talmente arrabbiata con lui per quelle sue "provocazioni necessarie", perché ha dato ai miei progressi il valore di "mere strategie per sedare l'ansia" - anche fosse così, e non sono d'accordo, che cosa ci sarebbe di male se le strategie mi hanno aiutata? - che ho saltato l'ultima seduta "per fare il punto della situazione" e non l'ho nemmeno avvisato. Il punto della situazione è che NO, non puoi dire a una persona ipocondriaca e ansiosa che ha sbagliato a fidarsi delle rassicurazioni del suo medico, che avrebbe fatto meglio a indagare, che avrebbe dovuto scoprire la vera natura di quel valore del sangue un po' sopra la media. E che nemmeno si sarebbe dovuta accontentare che le analisi fossero in ordine perché «I valori sono indicativi solo di un momento, di un giorno in particolare. E poi ci sono persone gravemente ammalate ma con i valori nella norma». A ripensarci a distanza di quasi un mese ancora mi ci incazzo. Le indagini accurate le ho fatte per dodici anni, a momenti facevo solo quelle, e da lui ci sono andata apposta per liberarmi da questo giogo. Come gli è venuto in mente di uscirsene così? 
Quando l'ho raccontato alla mamma lei mi ha molto candidamente esposto la sua teoria: «Non ne poteva più di te, e in questo modo ti ha spinta a smettere con le sedute». Grazie per la padellata sulle gengive, mamma. Ne sentivo proprio la necessità. E magari ha anche ragione. Io comunque non mi sono ancora pentita della mia decisione né di aver saltato l'ultima seduta. Sono stata maleducata per non aver avvisato? Sì. Compensa per tutte le volte in cui il dottore ha malamente sedato gli sbadigli mentre io cercavo di spiegargli come stavo, e perché mi sentivo di merda.

Adesso che in me risuonano parole nuove - c'è dell'affetto, ci sono degli incoraggiamenti - ho la forza di rimettere mano ai programmi dimenticati anche nelle giornate più nere, perché non è che di giornate nere non ce ne siano più. 

Oggi è grigia. Grigio scuro. Ieri notte ho preso una pasticchetta di Lorazepam per riuscire ad addormentarmi in un tempo non lunghissimo e per dormire almeno sette ore filate, non mi sentivo troppo rimbambita quando mi sono alzata ma adesso sì, adesso ho voglia di dormire di nuovo (sono le 14.26, posso prendere subito un secondo caffè oppure posso svenire sulla poltrona per un'ora e mezza, così da non avere più sonno stasera quando sarebbe opportuno e salutare coricarsi). Ma non importa qual è il colore della vita: scrivo almeno 2047 parole al giorno. 
«Brutte, imbarazzanti» dice la Perfezionista.
«SCRITTE» ribatto io, che è la cosa più importante. Non puoi migliorare parole che non ci sono. Faccio fatica, ogni volta è come mandare giù una medicina. Penso: DEVO scrivere. E quando finisco mi sento sollevata, come se mi fossi tolta un peso dal cuore. Ma lo faccio perché so che quando avrò finito WDF sarò contenta, e so anche che se non lo finirò me ne pentirò. Ci sono voluti tanto tempo e pazienza per digerire la delusione, lo scorso inverno, per lenire la sensazione di aver fallito un'altra volta, per metabolizzare l'esperienza e trasformarla in una lezione utile, e non vorrei doverlo rifare il prossimo inverno.
Allo zio Stephen ho sempre obiettato che con una moglie alle spalle a organizzare la sua vita quotidiana/casalinga gli veniva più facile trovare il tempo per scrivere 2000 parole al giorno, mentre qui la moglie sono io, capisci, zio Steve? Ma era una scusa. Non intendo sentirmi in colpa per averla usata a lungo né starò qui a bullarmi perché adesso quelle 2000 parole al giorno riesco a scriverle, ma nemmeno posso negare che sì, era una scusa. Sì, volendo - e l'ho voluto più di ogni altra cosa al mondo - il tempo l'ho trovato.

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