Comincia una nuova settimana all'insegna del "sono in ritardo sulla vita" e stamattina ho riunito e ho finalmente organizzato come si deve tutti gli appunti messi insieme per il progetto a cui mi dedicherò durante il NaNoWriMo del prossimo novembre, che poi è lo stesso progetto a cui ho lavorato per il NaNoWriMo dell'anno scorso e a cui avrei lavorato nel 2014 se avessi partecipato alla competizione. Allora, più o meno nello stesso periodo, ho buttato giù una sessantina di pagine che poi hanno fatto la fine delle cinquantamila parole di novembre 2015: l'archivio forzato, e solo perché non elimino mai le prime versioni di quello che scrivo anche se, come in questo caso, sono così imbarazzanti che se qualcuno dovesse leggerle e chiedermi spiegazioni negherei di esserne l'autrice. Ma non credo sia un male, da qualche parte bisogna pur partire, e comunque meglio provarci e fare schifo che non tentare nemmeno.
La storia che racconterò per me è speciale... ma in fondo potrei dirlo di ogni storia che scrivo. Quand'è nata, a settembre del 2014, ero ben lungi dall'essere la persona che sono oggi. Stavo meglio degli anni precedenti, l'ansia era diminuita e la depressione cominciava a perdere colpi sempre più spesso ma non avevo recuperato neanche la metà del mio entusiasmo, e la creatività poi era così fiacca e arrugginita da farmi temere che fosse irrecuperabile. Il dolore si era portato via la mia voglia di fantasticare e di mettermi in ascolto (perché è così che funziona con le trame, mi "metto in ascolto" e loro arrivano), sicché la domenica mattina che mi son svegliata con la voglia di andare in giro a fare un po' di foto è stata una specie di miracolo. Mi ricordo di aver guardato mio marito e di avergli detto «Ho voglia di fare un po' di foto» con grande decisione per la prima volta dopo quattro anni. Era pur sempre qualcosa che assomigliava a un atto creativo.
Nel pomeriggio ci siamo diretti ad Arsiero, dove abitano i suoi zii, perché c'erano dei posticini che avevo visto con loro durante una camminata e che avevano smosso un po' la mia curiosità (ne ho scritto QUI - e ci sono anche un po 'di foto), ma a metà strada < < non so perché > > ho cambiato idea e gli ho chiesto di fare una deviazione.
Siamo finiti a Caltrano, sul Ponte dei Granatieri che non avevo mai visto. È un ponte molto alto, parliamo di 90 metri: mi ha impressionata, e così mi sono voluta fermare. Volevo "guardare giù". Non capivo perché mi sentivo tanto a disagio in un posto che non aveva niente di particolarmente sinistro, eppure ero così inquieta che dopo qualche minuto mi son fatta riaccompagnare a casa (dopo aver fatto poco più di una decina di foto).
Qualche sera più tardi, intorno alle nove stavo sonnecchiando in poltrona quando nel dormiveglia è apparsa una delle case vicine al ponte, e in quella casa ho visto accadere cose... ho visto personaggi, ho sentito una storia. Mi sono svegliata di colpo e ho cominciato ad abbozzare la trama. Pochi giorni più tardi, discutendone con un'amica, ho dato anche un senso alla mia inquietudine.
«Ah, sì, conosco il Ponte dei Granatieri» mi ha detto lei, «con la scusa che è altissimo ci va un sacco di gente a suicidarsi.»
Non voglio sottintendere una qualche dote da sensitiva, era una deduzione abbastanza facile che avrei potuto fare se ci avessi pensato su, ma i sentimenti richiamati da quella rivelazione mi hanno comunque un po' sconvolta. Mi sono innamorata del posto, ovviamente. Ci sono tornata, qualche tempo dopo, a scattare un intero servizio fotografico da poter guardare e riguardare in fase di stesura della storia, ed è come se ora un po' mi appartenesse.
Io non credo al caso, alle fatalità della vita, penso piuttosto che tutto accada per una ragione e nel caso specifico mi piace pensare che il 28 settembre del 2014 sono finita sul Ponte dei Granatieri di Caltrano perché dovevo raccogliere la storia che aveva da raccontarmi, che era là per me.
QUI, QUI e anche QUI c'è qualcuno degli scatti di quel giorno.
La storia che racconterò per me è speciale... ma in fondo potrei dirlo di ogni storia che scrivo. Quand'è nata, a settembre del 2014, ero ben lungi dall'essere la persona che sono oggi. Stavo meglio degli anni precedenti, l'ansia era diminuita e la depressione cominciava a perdere colpi sempre più spesso ma non avevo recuperato neanche la metà del mio entusiasmo, e la creatività poi era così fiacca e arrugginita da farmi temere che fosse irrecuperabile. Il dolore si era portato via la mia voglia di fantasticare e di mettermi in ascolto (perché è così che funziona con le trame, mi "metto in ascolto" e loro arrivano), sicché la domenica mattina che mi son svegliata con la voglia di andare in giro a fare un po' di foto è stata una specie di miracolo. Mi ricordo di aver guardato mio marito e di avergli detto «Ho voglia di fare un po' di foto» con grande decisione per la prima volta dopo quattro anni. Era pur sempre qualcosa che assomigliava a un atto creativo.
Nel pomeriggio ci siamo diretti ad Arsiero, dove abitano i suoi zii, perché c'erano dei posticini che avevo visto con loro durante una camminata e che avevano smosso un po' la mia curiosità (ne ho scritto QUI - e ci sono anche un po 'di foto), ma a metà strada < < non so perché > > ho cambiato idea e gli ho chiesto di fare una deviazione.
Siamo finiti a Caltrano, sul Ponte dei Granatieri che non avevo mai visto. È un ponte molto alto, parliamo di 90 metri: mi ha impressionata, e così mi sono voluta fermare. Volevo "guardare giù". Non capivo perché mi sentivo tanto a disagio in un posto che non aveva niente di particolarmente sinistro, eppure ero così inquieta che dopo qualche minuto mi son fatta riaccompagnare a casa (dopo aver fatto poco più di una decina di foto).
Qualche sera più tardi, intorno alle nove stavo sonnecchiando in poltrona quando nel dormiveglia è apparsa una delle case vicine al ponte, e in quella casa ho visto accadere cose... ho visto personaggi, ho sentito una storia. Mi sono svegliata di colpo e ho cominciato ad abbozzare la trama. Pochi giorni più tardi, discutendone con un'amica, ho dato anche un senso alla mia inquietudine.
«Ah, sì, conosco il Ponte dei Granatieri» mi ha detto lei, «con la scusa che è altissimo ci va un sacco di gente a suicidarsi.»
Non voglio sottintendere una qualche dote da sensitiva, era una deduzione abbastanza facile che avrei potuto fare se ci avessi pensato su, ma i sentimenti richiamati da quella rivelazione mi hanno comunque un po' sconvolta. Mi sono innamorata del posto, ovviamente. Ci sono tornata, qualche tempo dopo, a scattare un intero servizio fotografico da poter guardare e riguardare in fase di stesura della storia, ed è come se ora un po' mi appartenesse.
Io non credo al caso, alle fatalità della vita, penso piuttosto che tutto accada per una ragione e nel caso specifico mi piace pensare che il 28 settembre del 2014 sono finita sul Ponte dei Granatieri di Caltrano perché dovevo raccogliere la storia che aveva da raccontarmi, che era là per me.
QUI, QUI e anche QUI c'è qualcuno degli scatti di quel giorno.
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