«La statuetta mi parve sgradevole e stupida e sentii che mi annoiavo profondamente. Non arrivavo a capire perché mi trovavo in Indocina. Che cosa facevo lì? Perché parlavo con quella gente? Perché ero vestito in modo così strambo? La mi passione era morta. Mi aveva sommerso e trascinato per anni; ora mi sentivo vuoto.»
«Sono solo in mezzo a queste voci gioiose e ragionevoli. Tutti questi tipi passano il loro tempo a spiegarsi, a riconoscersi felicitandosene che sono della stessa opinione. Quanta importanza attribuiscono, mio Dio, a pensare tutti quanti le stesse cose.»
«Forse è impossibile comprendere il proprio viso. O forse è perché io sono solo? Le persone che vivono in società hanno imparato a vedersi, negli specchi, esattamente come appaiono ai loro amici. Io non ho amici: che sia per questo che la mia carne è così nuda?»
«La Nausea è rimasta laggiù, nella luce gialla. Sono felice, questo freddo è così puro, così pura è questa notte; che non sia io stesso un'onda d'aria gelata? Non avere né sangue, né linfa, né carne. Scorrere in questo lungo canale verso quel pallore laggiù. Non esser altro che un po' di freddo.»
«Ecco che cosa ho pensato: affinché l'avvenimento più comune divenga un'avventura è necessario che ci si metta a raccontarlo. È questo che trae in inganno la gente: un uomo è sempre un narratore di storie, vive circondato dalle sue storie e dalle storie altrui, tutto quello che gli capita lo vede attraverso di esse, e cerca di vivere la sua vita come se la raccontasse. Ma bisogna scegliere: o vivere o raccontare.»
«Niente è cambiato, e tuttavia tutto esiste in un'altra maniera. Non posso descriverlo, è come la Nausea e tuttavia è esattamente l'opposto: finalmente mi capita un'avventura e se m'interrogo vedo che mi capita e che sono io che sono qui; sono io che fendo la notte, sono felice come un eroe di romanzo.»
Jean-Paul Sartre, La Nausée
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