"Lasciò vagare lo sguardo sull'esterna desolazione spazzata dal vento. La luna nuova era ora scivolata dietro l'orlo tagliente della terra. Lì nel deserto, ancor più che in mare, aveva l'impressione d'essere sulla cima di una grande tavola, e l'orizzonte le appariva come l'orlo dello spazio. Immaginava un pianeta a forma di cubo sospeso al di sopra della terra, tra questa e la luna, sul quale fossero stati trasportati non si sa come.
La luce sarebbe stata dura e irreale proprio come nel Sahara, l'aria altrettanto secca e rigida, ai contorni di paesaggio sarebbero mancate le riposanti curve terrestri proprio come avveniva in tutta quella vasta regione. E il silenzio, proprio dell'ultimo grado, avrebbe lasciato posto soltanto al fruscio dell'aria. Toccò il vetro del finestrino: era di ghiaccio."
"Secondo la logica, una dichiarazione del genere non avrebbe dovuto rassicurarla, eppure il fatto ch'egli fosse d'accordo con lei le riusciva di grande conforto. Tuttavia, l'altro continuò: "L'errore che lei commette è d'avere paura. Quello è il grande sbaglio.
I segni ci vengono dati per il nostro bene, non a nostro danno. Ma, avendo paura, lei si confonde nel leggerli, e fa cose sbagliate quando avrebbe dovuto farne di giuste.""
"Poi si alzò, infilò il soprabito, prese il burnus che Tunner le aveva lasciato e, senza voltarsi, uscì. Chiuse a chiave dietro di sé e mise la chiave nella borsetta. Al portale, la guardia fece l'atto di fermarla. Lei gli augurò la buonasera e passò oltre, spedita. Subito dopo sentì l'uomo, da una stanza interna, gridare qualcosa a un altro. Respirò di sollievo e proseguì, scendendo verso l'abitato.
Il sole era scomparso; la terra era come un singolo tizzone ardente che, solo sul focolare, si raffreddi rapidamente, diventando nero. Un tamburo batteva nell'oasi. Più tardi, probabilmente, vi sarebbero state danze nei giardini: la stagione delle feste era cominciata. A passi rapidi lei scese la collina e andrò dritta al negozio di Daoud Zozeph, senza guardarsi intorno nemmeno una volta."
Paul Bowles