giovedì 31 maggio 2018

MALCOLM

«Malcolm allora si sentì completamente solo, più solo di quando sedeva sulla panchina. Nella vuota solitudine di quella casa, dai soffitti alti come quelli di un castello, con la sensazione che gli davano i folti tappeti grigi sotto i piedi, con gli autoritratti di Eloisa, i disegni di negri con gli occhi pallidi e quelli di animali forse inesistenti che lo fissavano da tutte le pareti, Malcolm ripensava ai primi viaggi con il padre in paesi di cui non riusciva più a ricordare il nome. Ma questa volta alla solitudine si aggiungeva un senso di disperazione, e per di più non capiva nulla di ciò che accadeva intorno a lui. E allo stesso tempo aveva la sensazione che forse quello era un posto adatto a lui quanto un altro, con i musicisti di colore, i quadri, e un letto diverso ogni notte.»

James Purdy, Malcolm

martedì 29 maggio 2018

AL MASSIMO UN'AMARA CONSTATAZIONE

Oggi ho una domanda da farmi per la quale credo che non troverò mai una risposta: perché ho intitolato questo blog «Libri, musica, storie... e altre cose belle» SE NON SCRIVO PRATICAMENTE MAI DI LIBRI, DI MUSICA, DI STORIE... E ANCORA MENO DI COSE BELLE???!!!!!
Giuro che nella mia domanda tutta urlata in Caps Lock non c'è nessun sarcasmo, al massimo un'amara constatazione.
Il titolo è fuorviante più o meno come la sinossi del romanzo che sto leggendo in questi giorni (superata la metà, non ho ancora capito di che cacchio di storia sta parlando l'autore), così di primo acchito potrebbe indurre l'incauto internauta a credere che QUI SI SCRIVE DI COSE INTERESSANTI - macché, dai. D'altro canto mi rendo conto che intitolare un blog «FUFFA» sarebbe ancora meno attraente.
Ma il vero problema sta qui, nel voler essere attraente, appetibile per qualcuno. Come si può essere attraenti e appetibili lavando i calzini e le mutande sporche in pubblico? Ormai ho scritto davvero di tutto in questo blog, dall'andamento del ciclo mestruale ai malanni intestinali del gatto. La dignità ha cambiato indirizzo da un po' (prima di pubblicare questo post andrò a togliere la connessione Blog → Twitter → Profilo Autore Facebook - quello che non cago mai di pezza), e questo posto virtuale andrebbe raso al suolo, o quantomeno abbandonato a se stesso perché diventi figlio dell'oblio.


I primi caldi mi fanno decisamente male al cervello.

venerdì 18 maggio 2018

NORMALE is the new STRAORDINARIO

Disgustata e al tempo stesso terribilmente affascinata da "Invisibile" di Paul Auster (è stato il mio primo - e data la carica emotiva, probabilmente ultimo, Auster): una settimana per leggere quaranta pagine, e quattro ore per finire il resto di un romanzo che non ho trovato eccezionale, ma che non sono riuscita a valutare con meno di quattro stelle. Qualunque libro mi tenga sveglia a sfogliare pagine come una forsennata fino alle tre di mattina ha per forza dei meriti che non posso ignorare.
Alla fine di questo giro mi rimane la voglia di scrivere solo un appunto, che volevo fare a McGrath per "Trauma" ma che avrei potuto fargli anche per "Follia" e per le quaranta pagine de "La guardarobiera" che ho letto: ne ho ben le piene le balle di queste donne e di questi uomini alti e longilinei, di straordinaria bellezza, di straordinaria intelligenza, sublimi, forti (si intende che non tutti i personaggi sono descritti in questi termini, ma che dalle pagine emerge facilmente come "i belli" siano interessanti mentre "i brutti" o anche i "meno belli" non lo siano).
Voglio dire, che fine ha fatto la gente normale, la gente magari non canonicamente bella? Donne e uomini fuori forma o non particolarmente dotati o acculturati non possono avere storie da raccontare, amori da vivere? Non ci si può innamorare di qualcuno anche se non ha le fattezze di una divinità? Ditemi voi se non sono domande legittime. 
Al prossimo personaggio "straordinario" di cui leggo qualcosa, fregacazzi di chi è l'autore o l'autrice, giuro che lancio il libro fuori dalla finestra.

lunedì 30 aprile 2018

Camp NaNoWriMo DAY 30 ~ 27 LUGLIO 2018 #11

Concluso il Camp NaNoWriMo di aprile.
Sono un po' triste perché so che mi mancheranno le sfide quotidiane - e le gif da ridere, gli incoraggiamenti reciproci, le battute e tutto il resto, d'altro canto sono anche la cazzara che in preda alla commozione del momento scrive «oh, gente, ma restiamo in contatto nei prossimi mesi!» e dopo sparisce.
Questo mese mi sono divertita come una bambina, non ho mai avuto un solo calo di fotta in trenta giorni (gran parte del merito va a Laura e alla sua crawl) e prima di rendermi conto che, scaletta alla mano, a) il libro non sarà mai pronto per la vendita il 27 di luglio - al massimo lo sarà la prima stesura, b) verrà lungo come una quaresima, mi bullerò molto delle neo-prodotte 30.000 parole.


Da domani vorrei tentare una nuova sfida, in attesa del Camp di luglio: continuare a scrivere almeno 1.000 parole al giorno (per un totale di 31.000 a fine maggio) - 2.000 andrebbero meglio, ma temo che se poi non mantenessi l'impegno l'Inquisitrice Inside mi darebbe il tormento fino a farmi desistere del tutto. Partirò dal presupposto che 1.000 saranno il minimo, e che farò il possibile per dare di più. 

giovedì 19 aprile 2018

Camp NaNoWriMo DAY 19 ~ 27 LUGLIO 2018 #1

Tra undici giorni il Camp NaNoWriMo giungerà al termine e per il prossimo capitolo dovrò aspettare il mese di luglio - ammesso che io non mi sia sciolta prima e che sia nel pieno delle mie facoltà (d'estate si funziona a risparmio energetico, c'è niente da fare). Ho viaggiato tutta la settimana con questo pensiero sulle spalle, accomodato vicino alla carogna che mi bisbigliava «E intanto a maggio e giugno, col romanzo in corso cheffffai???!». La mia parte distruttiva già si fregava le mani per la gioia, e le tattiche dilatorie più subdole erano lì in fila per sei col resto di due pronte a colpirmi dalla mezzanotte e un minuto del primo maggio.
Ho pensato, STAVOLTA NO
Va bene tutto - i casini, gli imprevisti, tentennare, gli ormoni a culo, i dubbi, le brutte giornate di brutti ricordi - proprio TUTTO... ma non il cedere un'altra volta alla paura assurda di non saper sviluppare una trama e di non riuscire a mettere la parola fine ad un progetto, e solo perché si è dimostrato un po' più difficile del previsto. Va bene tutto, ma non più il perfezionismo. Ché insomma, raccontiamo storie, mica diamo degli esami. 
Allora mi sono ricordata di quella cosa bellissima che non ho mai approfondito, "Scrivere un romanzo in 100 giorni", e ho deciso di approfondirla proprio adesso, nel momento in cui tutte le mie certezze sono andate a farsi benedire insieme all'idea che mi ero fatta della trama del sopraccitato romanzo, e cioè che fosse solida abbastanza da consentirmi di improvvisare su un po' tutto. 
Non so cosa mi aspetta, se in effetti il percorso mi sarà utile, ma voglio provare a seguirlo lo stesso. A partire da oggi fino al 27 luglio del 2018 - un po' di ordine, un po' di metodo. Dove andrò a finire?

lunedì 16 aprile 2018

Camp NaNoWriMo DAY 16 ~ ATTESE, MIRACOLI E CAZZATE DEL LUNEDÌ

La vita che si sospende nell'attesa del corriere. 
Dovendo stare attenta al campanello non posso ascoltare musica, non posso passare l'aspirapolvere, non posso andare in bagno (argh!!!!)... ma il compenso per queste privazioni sarà più che soddisfacente - quattro libri (e un bussolotto formato famiglia di probiotici perché, come si dice, "Mens sana in panza sana" - semicit.).
Devo dire grazie a mia nonna - grazie, nonna - a cui non importa un cacchio della mia veneranda età e che per il compleanno mi allunga sempre la mancia con la mossa del pusher esperto, e si incazza pure se tento di dirle che le voglio bene anche se mi offre soltanto un caffè. Mi guarda con l'espressione indignata, da «Come osi rifiutare, nipote degenere!», mentre mi schiaffeggia affettuosamente la mano e mi raccomanda di usarli bene, il soldi, ad esempio per farci benzina "che costa tanto, lo so". E io la rassicuro, certo nonna che metto benzina, anche quando so che è l'ultimissimo dei miei pensieri.
Che volgare bugiarda. 
Tempo due giorni e si compie il miracolo: i soldi si trasformano in libri (ed eventualmente in integratori perché devo mantenermi in salute, altrimenti come posso leggere e scrivere tutti i libri che ho nella mia infinita lista?). Sicché anche quest'anno l'investimento è stato fatto: "Trauma" e "Port Mungo" di Patrick McGrath, "Nelle terre di nessuno" di Chris Offutt e per finire "Storia della follia nell'età classica" di Michel Foucault - un tomo di 819 pagine che non ho idea di quando mi metterò a leggere e che ho comprato con metà del cervello in modalità What The Fuck?!?! - lascia stare, Cervello, lo volevo e basta. Se l'istinto dice compra, si compra. È un imperativo indiscutibile.
Intanto però è il 16 di aprile e non ho ancora letto nemmeno un libro intero, complici la mia disorganizzazione cronica** e la mia indecisione del momento*** - come se non fossi sempre indecisa (l'unica certezza con cui attualmente convivo è che posso anche provare ad ascoltare altra musica oltre a quella dei Metallica ma alla fine voglio ascoltare solo i Metallica - facciamocene una ragione, suvvia).
**Il Camp NaNoWriMo mi sta assorbendo moltissimo, ma poiché tale assorbimento nel sublime atto della produzione artistica quotidiana è un elemento costante di ogni competizione (e ne è anche il senso profondo), perché, porco il governo ladro, non posso organizzarmi un po' una volta tanto, dico, anche solo per trenta giorni di fila (risposta: PERCHÉ SONO UNA CAZZARA)
E a parte questo, ***degli ultimi tre libri che ho iniziato nemmeno uno ha acceso in me quel desiderio di spicciarmi a finire quello che sto facendo per rimettermi al più presto a leggere (la pulsione irresistibile a continuare una lettura è seconda solo alla pulsione irresistibile a scrivere altre mille parole anche se sono le due di notte e gli occhi mi ciondolano fuori dalle orbite - e sono entrambe fonti di somma gioia), con la conseguenza che in quindici giorni ho letto un po' di questo e un po' di quello e non ho concluso niente.
Ma allora, la Atwood?
Ho trovato la Atwood noiosa - dopo quaranta pagine di "Tornare a galla" volevo tornare anch'io... in libreria, per restituire il libro. Allettata dalla ricca prosa e dai personaggi superlativi di "Grottesco" di McGrath (eletto mio "Amore Letterario dell'Anno") ero piena di aspettative per "La guardarobiera"... ma ahimè, sono state tutte disattese. Anche in questo caso son durata poco più di una quarantina di pagine, forse per un fastidio da traduzione piuttosto che per la storia in sé - comunque il libro lo finirò, prima o poi. È Patrick, non si molla così dopo quaranta pagine. Nel frattempo si è fatto lunedì: ho messo via anche "Il paradiso del diavolo" di J. G. Ballard dopo 15 pagine, spinta dalla sensazione nota come "Non è il momento giusto per leggerlo" ma ieri notte ho buttato giù al volo una ventina di pagine di Malamud ("Gli inquilini") decidendo subito che ok, questo mi piace quindi credo che lo finirò. Credo.
Così, con tutti questi capricci e tentennamenti, ho mandato a monte il mio piano di leggere costantemente almeno cinque libri al mese, per superare me stessa e vincere una challenge di lettura mai tentata prima (70 titoli). A riprova del fatto che in fondo sono una ribelle: se mi do una regola da seguire, poi faccio il possibile e anche l'impossibile per infrangerla. 

martedì 10 aprile 2018

Camp NaNoWriMo DAY 10 ~ DUBBI, DOMANDE, PERPLESSITÀ?

A volte mi chiedo come mai per scrivere duemila parole ci metto un'eternità. Poi, a sessione finita, vado a guardare la cronologia e capisco tutto.

«Ma le torte che si comprano al supermercato... sarà meglio definirle "torta industriale" o "torta confezionata"? No, giusto per capirci. Secondo me industriale rende meglio l'idea, ma confezionata mi dà i giusti risultati d'immagine. Vada per confezionata, allora.»

«Dio, COME CACCHIO SI CHIAMA IL COSO PER PAGARE CON LA CARTA DI CREDITO???!»

«Allora, torta e? Vino bianco. Ma facciamo che la protagonista beve quanto me e quindi di vino non sa un cazzo e compra quello sbagliato. Così, è tanto per metterla un po' in difficoltà. Prende un vino da... oddio, con cosa si abbina il vino bianco? Col pesce. ... col pesce, giusto?»

«COME CACCHIO SI SCRIVE... CRAKER... NO, CRACKER. E IL PLURALE? CRACKERS? MA SI USA IL PLURALE, OPPURE SOLO IL SINGOLARE?»

«Comare, ESATTAMENTE, sta per?»

«... e la protagonista cammina per la strada con quell'andatura scazzata, con le scarpe che fanno tipo SPLAT-SPLAT sull'asfalto. Sciabatta... no, aspè, forse è CIABATTA... esiste il verbo CIABATTARE? Cioè, si usa in italiano? Cioè, si può ciabattare anche con le scarpe o solo con le ciabatte?» 

«So che l'ho già guardato settecento volte, ma SGOMENTO, esattamente, che significa? Ci sta nel contesto, no?»


sabato 31 marzo 2018

WRITER ALLO SBARAGLIO

Poco meno di tre ore all'inizio del Camp NaNoWriMo di aprile e io?
Ho fatto Camp NaNo Prep? Finito le letture che dovevo finire? Deciso cosa scrivere??! 
NO. 
Ho passato le ultime settimane a cuorare foto dei Metallica come un'adolescente in piena tempesta ormonale. Sicché questo aprile, il Camp NaNo sarà allegramente all'insegna de "La Corrida - Dilettanti allo sbaraglio".


mercoledì 28 marzo 2018

VIZI DI MERDA

Stasera ho fatto il funerale e ho dato fuoco a qualcuno dei diari che ho accumulato negli ultimi sei anni. Era una cosa che volevo fare da tanto tempo ma che non mi aveva ancora colta nella giusta disposizione d'animo, perché per quanto mi riguarda bruciare diari non vuol dire solo bruciare dei pezzi di carta. Nello specifico non sono andata in ordine, ho bruciato il 2012, un po' di 2013 e quasi tutto l'inizio del 2017 perché erano i peggiori che avevo in archivio e i primi che mi sono capitati per le mani riordinando alcuni documenti.
Rileggere i diari è un vizio di merda, non dovrei cedervi così facilmente come mi succede ma ahimè, sono una debole (e mi piace sguazzare nel guano del mio passato - credo di averlo già scritto decine di volte in questo stesso blog). Ho aperto quello che avevo a portata di mano e dopo una veloce lettura mi è salita una rabbia in corpo che se mi fossi presa la temperatura avrei mandato in tilt il termometro. Mi è venuta voglia di schiaffeggiarmi. Con quegli schiaffi didattico-pedagogici che mi dava mia madre da piccola quando facevo i capricci e me li meritavo. Me ne volevo dare tanti da stordirmi, giuro. Dopo ho capito - e intendo dopo venti minuti di pediluvio gelato. Va bene, mi sono detta, è stata una fase della tua vita. Una fase un po' lunga: finiamola. Sul serio, stavolta. Di qui l'idea del fuoco.
Guardavo dentro il camino e pensavo adesso quelle cose che ho scritto e ripetuto milioni di volte almeno non esistono più, posso rinnegarle? Posso fingere di non aver trascorso gli anni migliori della mia vita a tormentarmi per ragioni di cui ormai ho smarrito l'origine? Ho pensato e rimaneggiato così tanto il passato che dubito abbia ancora la forma che aveva in realtà, probabilmente quello che ricordo è talmente distorto che non assomiglia nemmeno per sbaglio a ciò che è stato veramente - e che comunque non si può recuperare per un confronto.
La purga emotiva stava quasi dandomi un po' di soddisfazione quando dalla taschina interna di un diario sono cicciati fuori alcuni dei foglietti che tanti anni fa riempivo di nascosto in ufficio, usandoli in alternativa a un diario che in quel contesto sarebbe saltato subito all'occhio. A proposito di ciarpame che non so perché ho tenuto (taschina infame, per te solo lame). La prima frase di uno di questi appunti recitava qualcosa come "Credo che quando sarò vecchia mi farà piacere sapere che cosa stavo pensando oggi, a quest'ora": mia cara Valentina del passato, NO. Ti assicuro che ne avrei fatto volentieri a meno. Ma su questo sarei passata oltre senza battere ciglio, se solo non avessi letto un bigliettino del 7 marzo 2005 in cui mi dichiaravo così angosciata e disperata da essere pronta a farmi male sul serio pur di far cessare la sofferenza. Sul serio, eh.
Ora mi chiedo, ma da quanto va avanti VERAMENTE questa storia? Da quando sono nata? Da quand'ero ancora nel grembo materno o nei progetti divini?? I progetti divini mi sembrano la risposta più sensata. A non aver senso è l'essere nata per replicare modelli comportamentali appresi nell'infanzia fino a trentanove anni suonati - se avesse un senso non avrei provato sconcerto standomene in piedi di fronte a mucchio di cenere fumante, premendomi una mano sulla bocca perché il sopraccitato sconcerto non si tramutasse in molte bestemmie.
Mi capite? Una pensa di essere drogata di vittimismo, pessimismo e melodrammi da sette, otto anni al massimo, e invece vien fuori che si fa da quasi una vita. Che orrore. Ma soprattutto, che faccio adesso? Sono diventata consapevole della mia dipendenza, non posso più fingere di non vedere. Non si tratta più di un po' di polvere da spazzare sotto il tappeto, ma di una montagna di cacca di elefante che, potete ben immaginarlo, anche se il tappeto è grande non ci sta né sotto né sopra.
Eventuali suggerimenti a riguardo saranno bene accetti.


POSCRITTO IGNORANTE:
come precettato da Doc. Morelli, per dimostrare a me stessa un po' di buona volontà, stamattina ho deciso di fare qualcosa di diverso dal solito,"per sorprendermi": non ci ho messo quarantacinque minuti a uscire dal letto e mi sono alzata prima del solito.
Per fare qualcosa di utile e produttivo? Qualcosa di divertente? Magari per scrivere un po'? NO. Per scoprire che Franz aveva di nuovo la ghiandola perianale infiammata e portarlo così di volata dal veterinario. Non è il caso di dire "che culo", vero?

sabato 24 marzo 2018

SE CERCATE LA COERENZA, NON CHIEDETE INDICAZIONI A ME

Ho riaperto la pagina autore su Facebook. E no, non so perché - ero sicura di sapere per quale motivo la stavo chiudendo, ma non ho idea del perché mi sia venuta voglia di riaprirla e a pelo, tra l'altro, se aspettavo qualche altra ora sarebbe stata eliminata in modo permanente.
Con questa azione, e con questo post, rinuncio ufficialmente a mettere ordine nella mia vita, a dare un senso a quello che faccio, a dare un senso a quello che provo ché tanto è inutile - si vede che le cose devono andare così. 

sabato 17 marzo 2018

SE FIRMI, ACCETTI

Stando alle letture psicosomatiche, molte delle mie tensioni rivelano il bisogno e il desiderio di approvazione da parte degli altri, e la paura di deludere gli altri, e anche la mia rigidità nei confronti del comportamento degli altri. In poche parole: perché le persone non sono come io le voglio e non fanno quello che dico loro di fare?
Lasciando perdere l'analisi semplicistica di una faccenda che andrebbe approfondita, e intendo non da me ma da un terapeuta adeguatamente preparato, oggi più che mai mi rendo conto di quanto siano stupidi questi meccanismi - sono utili in quanto indicatori di un bisogno profondo che non sto ascoltando, ma nel contempo sono stupidi... sono dei freni auto-imposti MA A CHE PRO, dato che ogni volta che mi sforzo di essere sincera e di aprirmi con gli altri ottengo disapprovazione perché non ho seguito la via prestabilita e ho osato oppormi. Comunque io mi comporti, qualcuno se ne esce sempre scontento di me.
Quello che ho imparato in questo senso è che fintantoché mi adeguo al comportamento degli altri, anche in un piccolo gruppo, fintantoché seguo quelle insulse e non scritte ma sottintese regole del branco sono una persona "a posto", sono "degna" - di attenzioni, di gentilezza. Se prendo un'altra strada, anche soltanto per una volta, il meccanismo si inceppa. Fintantoché sono gli altri a fare il cazzo che vogliono, giustificati e legittimati perché ognuno ha diritto di fare il cazzo che vuole, è sacrosanto, ma se sono io a farlo è un sacrilegio. 
A questo punto vorrei che tutto questo schifo venisse messo a verbale, vorrei che esistesse un contratto per ogni cosiddetto rapporto d'amicizia: queste sono le regole, se firmi le accetti e sei dentro, se le infrangi sei fuori. 
Sono sicura che così tutto sarebbe  più facile.

giovedì 15 marzo 2018

CHE MERDA LA VITA, A VOLTE

Come in ogni dramma che si rispetti, il tempo ha recitato la sua parte fino in fondo.
Avevo giurato che non avrei fatto l'ultimo viaggio insieme a Tino, e invece l'ho fatto. Abbiamo convissuto per undici anni, glielo dovevo. Non ho pensato al futuro, a quanto me ne pentirò quando le immagini di questo pomeriggio mi balzeranno alla memoria - ovviamente nei momenti in cui avrò il morale sotto le scarpe.
In un'ora abbiamo sbrigato tutto. Abbiamo portato a casa Tino per seppellirlo in giardino. Lui voleva arrangiarsi a seppellirlo da solo, io gli ho detto COL CAZZO CHE LO FAI DA SOLO, vengo a tenere l'ombrello così ti bagni meno. Col mio contributo in verità ci siamo bagnati di più e tutti e due, perché veniva giù una pioggia torrenziale da cui era difficile ripararsi e dopo un paio di minuti era inzuppato anche l'ombrello, ma se l'ho fatto vuol dire che dovevo farlo.
A quel punto mi è venuto da ridere. Volevo scoppiare a ragliare come un asino per quanto patetica e melodrammatica mi è sembrata la scena di noi due, marito e moglie armati di ombrello, piccone e pala a seppellire un gatto nel buio della sera, sotto secchiate d'acqua, con un freddo umido e odioso e quello schifo di odore di terra bagnata. 

mercoledì 14 marzo 2018

A proposito di amiche che mi fanno ridere e mi tirano su, grazie a un tag ho appena scoperto di essere Batman. 

E grazie a Orgoglio Nerd per la citazione

martedì 13 marzo 2018

L'OV

(Why the fuck was I given emotions)
Metti una sera che stai malissimo, dopo una giornata trascorsa a stare sempre malissimo, e sei lì che tiri su col naso e ti ripeti ma sì, dai, passerà, passerà anche questa, ma intanto continui ad allungare il tè con amare lacrime, e in quel momento ti arriva una notifica. Apri Facebook, e scopri che un'amica ha pubblicato una citazione presa da un tuo libro. 
Madò, che cosa è stata. 
Che cosa. 
Mi è venuto di nuovo da piangere, ma perché ero felice e commossa (eviterei di piangere a ogni piè sospinto, giuro, se non fossi nata con delle ghiandole lacrimali difettose). È stata una prova per confutare la mia teoria preferita, quella che La Vita stia sempre a tramare contro di me. E INVECE NO, TIÈ! 

È stato il più bel regalo di non-compleanno che potessi ricevere in un momento come questo. Perché, ne converrete tutti, le sorprese positive e le belle notizie che arrivano nei momenti tristi valgono mille punti in più. 

SMILE, YOU'RE ON CANDID CAMERA!

Stanotte sono andata in bagno, mi sono guardata allo specchio e ho sorriso: non avevo più neanche un dente in bocca, solo gengive. Meno male che dopo mi sono svegliata.


Screen da QUI.
[Ma anche QUESTO ARTICOLO mi è piaciuto].

Comunque non farò grandi analisi, dato che al risveglio i denti erano tutti al loro posto e che non c'è niente di nuovo all'orizzonte, niente che non sappia già. "I sogni esprimono le tue angosce più profonde"... ma dai? Io preda di qualche angoscia? Non l'avrei MAI detto.

lunedì 12 marzo 2018

NEL REGNO DELLE IPOTESI

Oggi ho concluso la mia splendida avventura con la "pagina autore" di Facebook, una cosa che mi è sembrata stupida fin dall'inizio e che col tempo ha ampiamente dimostrato la sua inutilità. Pazienza per i sedici like totali, non avendo mandato inviti a nessuno e non essendomi impegnata troppo soprattutto negli ultimi tempi non potevo neanche pretendere di ricevere chissà quali riscontri. La mia incertezza ha logicamente prodotto risultati incerti anche se quando ho cominciato volevo veramente fare qualcosa di carino, volevo veramente impegnarmi... ché facevo dei banner di merda con le mie limitate possibilità, ma a farli, scegliendo la foto giusta e la giusta citazione e mettendo insieme i pezzi, ci voleva del tempo. E per che cosa? Qualche mi piace? Qualche copia venduta in più, o magari per il mio personale divertimento? Neanche per sogno. 
Ascoltare i Metallica mi diverte e mi intrattiene molto di più, preferisco usare il mio tempo libero così che rimettendoci diottrie. In questo modo non mi farò mai conoscere come autrice? PAZIENZA. Ci sono anche persone che mi conoscono come tale ma non per questo mi supportano, e intendo anche con una cosa stupidissima come UNA singola condivisione che può far visualizzare un post a tante altre persone. Ci vogliono due secondi - ma per carità, non siamo qui a chiedere l'elemosina, e nessuno è obbligato a farlo. Lascerò più spazio alle altre autrici e agli altri autori che hanno voglia di farsi sentire, così non dovremo spintonarci. È legittimo volere un seguito, a me non sembra più così necessario.
D'ora in avanti SE pubblicherò ancora qualcosa lo farò con un nuovo pseudonimo, nel più totale anonimato. E sempre stando nel regno delle ipotesi, SE qualcuno comprerà un mio libro e lo leggerà fantastico, mi farà piacere. SE lo commenterà o lo criticherà - darà, insomma, un qualsiasi segno di vita - ancora più fantastico. Ma SE non accadrà niente di tutto questo sarà fantastico lo stesso perché non avrò investito emotivamente in aspettative di nessun genere.
Tutta questa storia dei like da dare e da ricevere, tutto questo provare a fare anch'io quello che fanno gli altri ma senza alcuna convinzione, perché evidentemente non è nelle mie corde, mi hanno solo distolta dalla cosa più importante: SCRIVERE STORIE. Raccontare qualcosa prima di tutto a me stessa. È stata questa la ragione per cui ho sempre scritto. Raccontare per essere trasportata in un altro mondo, lontano da dove sono adesso quando dove sono adesso mi fa stare male, e perché la vita ordinaria mi piace sì, ma fino ad un certo punto. Leggere certe avventure è appagante, ma quelle che talvolta immagino per conto mio mi piacciono lo stesso: provo a tradurle in parole e a lasciarle andare, quel che deve succedere succederà.

LA STRADA


Cormac McCarthy
Scrivere un post su come sia miseramente fallito il mio ennesimo tentativo di dare una svolta ottimista alla mia vita, anche passando per questo blog, mi fa sentire una grandissima cogliona. Lo scriverò ugualmente, perché anche se fallirò altre mille volte, altrettante proverò a ripercorrere la strada in cui mi sono persa. Non è più un dovere, ma una necessità. Non posso tornare indietro, non posso più essere la persona che sono stata, nemmeno quella che ero una settimana fa quando stavo meglio di come sto oggi e mi immaginavo che questo star meglio sarebbe durato. 
Va detto che neanche il disagio durerebbe molto di sua spontanea volontà, ma a me piace farlo restare perché mi dà una scusa per non assumermi la responsabilità di come va la mia vita. Alcune cose capitano (il gatto che si ammala - che comunque è ancora vivo. Non certo in forma smagliante ma mangia, si lava, miagola e mi odia come prima), per cui non c'è niente da fare perché è questo il funzionamento del meccanismo detto vita. Ce ne sono altre che invito costantemente coi miei ragionamenti contorti e sempre uguali, e per cominciare a cambiare aspetto dall'esterno una conferma che deve invece arrivare dall'interno, da me stessa. Devo credere, o non avere aspettative, PRIMA di una qualunque manifestazione. Dopo vengono solo le ovvie conseguenze.
E se non posso più essere quella che sono stata, bisogna allora che mi inventi una nuova me - anche brutta se occorre, non mi interessa più. Scrivo la verità: non mi interessa di come sono adesso, se piaccio o meno agli altri. A me gli altri non piacciono più come una volta. Mi capita ancora di affezionarmi a qualcuno, ma mi stanco subito dell'incostanza, della freddezza, di quel distacco della serie «sì, ci sentiamo, ma non ti aspettare niente, non ti montare troppo la testa». Mi si spezza qualcosa dentro con grande facilità, e dopo non c'è più modo di aggiustarmi. Dopo non me ne frega più un cazzo di niente anche se può essere sbagliato. Perché io sono sempre qui a chiedermi se ho sbagliato, con gli altri, come ho sbagliato o se posso rimediare? Quasi nessuno mi concede la stessa cortesia. 
Sono diventata brutta, fredda come una lastra di marmo. Non provo trasporto che per due o tre persone al massimo, tutti gli altri mi sono indifferenti. Non provo rancore, né invidia o rabbia, né mi sento offesa. No, mi sento solo indifferente, anche ai blocchi senza spiegazione, alle assenze improvvise, alla mancanza di gentilezza (ringraziare, seppur per dei piccoli gesti, a quanto pare non trenda da nessuna parte quindi a che serve...). 
Se poi in questo modo, con la mia indifferenza, divento sgarbata oppure offendo qualcuno che non se lo merita mi dico pazienza, a me è capitato un sacco di volte. Perché agli altri dovrebbe essere concesso di peccare e a me no? Via il cilicio, adesso non serve più. Che mi cancellino, mi buttino e mi dicano anche che sono una stronza. Magari hanno ragione, ma così va la vita. 

giovedì 8 marzo 2018

Arriva di nuovo un giorno in cui niente mi consola, NIENTE. 
Tino sta morendo, e non ne parlo perché non voglio sentirmi dire «Ma che tragedie fai, È SOLTANTO UN GATTO!» perché so che se dovesse capitarmi non risponderei di me. Se ne va ancora abbastanza giovane e non posso fare niente per curarlo, posso solo aspettare sabato pomeriggio per l'appuntamento concordato con la veterinaria - perché io non ce la faccio a portarcelo prima e deve farlo il marito. Di gatti ne ho già portati a morire in passato, e ne ho abbastanza. No, io Tino lo saluto sulla porta di casa,e poi mi immagino che sia libero di andare in giro a viversi le sue avventure come in fondo avrebbe sempre voluto fare, perché lui non è mai stato veramente un gatto di casa e lo so che a tenerlo rinchiuso, anche se così è stato protetto, gli ho fatto un dispetto. Appena ci riusciva mi scappava dalla porta d'ingresso, correva per il giardino come un matto e gli mancava veramente poco coraggio per uscire dal cancello e non tornare più indietro. Tanto lui della strada non si ricordava niente, secondo me, anche se è stata la strada a portarcelo undici anni fa. Non si ricordava quanto è pericolosa perfino per noi esseri umani. Adesso non si muove quasi più, non prova a scappare né mi segue più giù per le scale cercando puntualmente di farmi inciampare, e non mi tira più i capelli né mi pianta le unghie sulla faccia perché non ha altro modo di dimostrare affetto. Mi guarda con un muso triste e infelice e le unghie mi sembra di sentirle dentro il cuore. Penso a cose stupide, insensate. Tanti anni di esperienza e tanti gatti morti eppure non ho mai imparato che affezionarsi alla fine porta un grandissimo dolore. Mi sono dimenticata troppo in fretta questo inscindibile binomio. Passerà tutto. è ovvio, ma intanto? Che cosa faccio, nel frattempo? Come faccio a non annegare? Magari stavolta annego. Non per il gatto, perché il gatto non mi appartiene come non mi appartiene nessuno, e segue la sua strada. Annego per tutto il resto, per l'insieme, non per i pretesti per star male. È che sono stanca, e non ne esco. Non voglio vedere nessuno, non voglio sentire nessuno e non voglio parlare, perché se comincio a parlare ricomincio con la solita tiritera che avevo giurato di non ripetere più - ci ho provato, va bene? Stavolta è andata male. Sono tornata indietro di mille passi - ho persino ricordato il 1994. Potevo restare lesa per sempre. Io che oggi non prendo niente se non ho letto tutte le clausole del contratto - "Ti faccio passare il mal di testa ma intanto ti intossico il fegato: prendere o lasciare" - allora non ci ho proprio pensato, ho buttato giù tutto eppure me la sono cavata, sono sopravvissuta, non mi si è bruciato il cervello. Ma adesso mi chiedo, perché? Se c'è un motivo, io ancora non l'ho visto, non l'ho capito. Mi sa che io non ho capito niente della vita in generale, mi devo essere persa qualche pezzo per strada e poi sembro anche un'ingrata - hai avuto un'altra occasione, ne hai avute centomila fino ad oggi. Hai la vita, la salute, perché non vivi? Perché non sei felice? Già, perché. Sono un'ingrata, tra poco con un gatto di meno. Nel male mi rendo conto che sono contenta di non avere figli. Mi vengono i brividi se penso a che madre di merda sarei. Io meriterei di stare da sola, imbozzolata nei miei egoistici dolori, a bagno in questo spreco di lacrime, e penso di esserci vicina, a questa solitudine. Se recido i legami è vero, non posso ricevere amore, ma non posso nemmeno ricevere dolore. 

mercoledì 28 febbraio 2018

GRAZIE PER LA NEVE

Stamattina il vento ha portato i primi fiocchi di neve, e fa un freddo che solo uscendo per prendere la posta mi si sono congelate le ossa. Ho cominciato a sognare e a desiderare la neve già verso la fine di novembre, quando le giornate erano cortissime, il pomeriggio uscivo a passeggiare e dovevo affrettarmi a tornare a casa perché alle quattro cominciava già a fare buio, e allora ogni tanto chiudevo gli occhi per un secondo e mi immaginavo la campagna tutta imbiancata. Non posso lamentarmi che il mio desiderio si stia avverando, anche se con mesi di ritardo, penso che sembrerei un'ingrata. 
Quindi, grazie Universo per la neve... ma se a questa valanga di gelo non ne seguono altre non piangerò tutte le mie lacrime (sì, me lo ricordo: marzo 2005 e marzo 1997. Non metterò via il piumone fino ad aprile, giuro).

Oggi sono arrivati due libri nuovi: "La strada" di Cormac McCarthy e "Zombie" di Joyce Carol Oates, che non avevo previsto di comprare ma che oops, ho comprato.
Ho abbandonato la lettura de "Il cormorano" di Gregory dopo soli tre capitoli per ragioni che non posso spiegare senza spoiler, perciò non entrerò nei dettagli, e nonostante la prosa mi piacesse molto. L'età mi ha resa delicata di stomaco, e l'horror non lo digerisco più facilmente come una volta. Adesso sto leggendo "Il traghettatore" di Blatty e lo trovo orribile. La prosa è brutta, sembra il libro di un self-pub che stando in tema di stomaco ha fatto indigestione di paurosi filmetti per la tv, e la prima protagonista che viene presentata l'ho trovata immediatamente odiosa, senza spessore e con la bocca piena di volgarità (con dei trascorsi travagliati che sono una sequenza di cliché sbrigata come la lista della spesa). Comunque cercherò di finirlo, o almeno di arrivare a metà se non altro per puntiglio. 

martedì 27 febbraio 2018

PRESCRIZIONE: TANTI, TANTI BAGNI DI UMILTÀ

A tutte queste autrici che si credono originalissime perché scrivono storie a tema incesto tra fratello e sorella vorrei dire un paio di cose:

1) ne ho scritta una anch'io nel 2008 (e pubblicata. Posso produrre prove cartacee) - son passati dieci anni, vero?

2) Ovviamente non sono stata l'unica, intendo in tempi recenti, e tanto per spaccare il capello in quattro Mattew Gregory Lewis l'ha fatto prima di chiunque altro (quantomeno noto) nel 1796, con il suo romanzo "Il Monaco" (che vi consiglio caldamente perché è un romanzo strepitoso).

Perciò, la smettiamo di darci delle arie? La smettiamo di crederci delle campionesse di originalità e  già che ci siamo cominciamo a leggere un po' di più così da riconoscere i nostri piccoli e involontari plagi? Brave, facciamo tutte un bel bagnetto di umiltà.

lunedì 26 febbraio 2018

STRONZE DEL LUNEDÌ SERA

Vaffanculo STRONZAAAAA!!!!
Mettendo da parte la mia intolleranza cronica verso il 90% degli esseri umani, che so bene comporta delle conseguenze, capisco di aver avuto una giornata storta quando attiro nella mia zona personale (ergo VICINISSIMO) la stronza di turno che viene a una serata di meditazione per parlare dei cazzi suoi con l'amica vicina di sedia e per COMMENTARE le spiegazioni del relatore.
Ma scusa, se lo scopo della meditazione è spegnere la mente E SOPRATTUTTO STARE IN SILENZIO, perché i cazzi tuoi alla tua amica non li racconti al bar? Perché i commenti non te li ficchi dove sai?

Morale della serata: anziché far salire la kundalini mi stava salendo l'onda energetica. 

I'M FREEZING, AND LOSING MY WAY... ***(cit.)

Il freddo polare a febbraio mi fa così strano che dire mi fa strano è niente, sono uscita a camminare senza berretto "perché tanto io il freddo non lo temo" e dopo tre metri mi sono dovuta incappucciare con felpa e giacca, e in questo quadretto da dicembre inoltrato sono le cinque e mezza di pomeriggio ed è ancora chiaro. 
Bioritmi ciao, ci vediamo tra un po'.

domenica 25 febbraio 2018

UTILI SCOMODITÀ

Dopo un sonno di non meno di dodici ore e un risveglio al limite della crisi di identità, stamattina ho finito di leggere "La Nausea" di Jean-Paul Sartre e sono ancora scossa. Sono sicura di non aver capito una miriade di passaggi (quelli che mi perderò per la strada col passare del tempo) e di averne fraintesi altrettanti, soprattutto perché dell'autore non sapevo niente e non potevo quindi contestualizzare correttamente il romanzo, ma se ho deciso di leggerlo nella totale ignoranza è chiaro che così doveva essere.
Seppur sguazzando nell'incompetenza ho capito come la narrativa che scava nell'intimo dell'animo umano finisca sempre per tramortirmi in questo modo, per lasciarmi stanca e inappagata ma ugualmente più ricca. Se una storia ha un inizio e una fine posso cercare di prevedere dove andrà a parare, se i personaggi pensano ed elucubrano in funzione di un atto pratico riesco a seguirli senza intromettermi, ma se le riflessioni e i ragionamenti sono più astratti mi perdo... è come se mi sganciassi da una navetta spaziale per finire a galleggiare chissà dove nell'universo. Non è esattamente una sensazione piacevole, ma so che alla lunga contribuisce alla salute del mio cervello (quello che riesco a tirar fuori dalle situazioni e dai ragionamenti scomodi a volte sbalordisce anche me stessa).
Adesso comunque ho voglia di riposare, ho voglia di letture meno impegnative e di personaggi concreti, di azioni che posso seguire mandando la mia mente e la voglia di ragionare in vacanza per un po'. 
A questo scopo, per la settimana entrante ho in lista questi titoli:

~ "Invisibile" di Paul Auster
~ "Il cormorano" di Stephen Gregory
~ "Il bravo di Venezia" di Mattew Gregory Lewis 
~ "Il traghettatore" di William Blatty e 
~ "Solo il mimo canta al limitare del bosco" di Walter Tevis 

Trattandosi di libri abbastanza brevi dovrei riuscire a leggerli nell'arco della settimana, a parte il romanzo di Tevis che è più corposo e che terrò per ultimo anche se mi incuriosisce più di tutti gli altri perché la sinossi ha creato determinate aspettative, perché è un distopico, e adoro le distopie, e perché non so come prendere il fatto che sia un romanzo di cui non ho mai sentito parlare scritto da un autore di cui non ho mai sentito una parola - e di liste di romanzi distopici ne ho consultate moltissime, negli anni. 
A proposito di distopie, e senza alcuna vergogna per i libri che ho accumulato dalla scorsa estate alla scorsa settimana (ma quando mai mi vergogno per questo motivo), ho deciso di approfittare dello sconto del 25% della Einaudi per comprare "La strada" di Cormac McCarthy. Di questo ho sentito grandi cose - e con "questo" mi riferisco sia al romanzo che all'autore - e non posso proprio esimermi dal leggerlo per scoprire se posso condividere o meno l'entusiasmo di chi l'ha già letto e apprezzato.

venerdì 23 febbraio 2018

SPENTO E RIAVVIATO

Ad un certo punto di qualche giorno fa ho effettivamente spento e riavviato il cervello, realizzando di conseguenza certe scoperte che quella dell'acqua calda e della patata lessa in confronto sono bazzecole.
Traduco in parole povere: non c'è stata una vera scoperta perché la realtà ce l'ho sempre avuta sotto il naso e la conoscevo bene, solo che non ero pronta/non avevo voglia di farci i conti. 
La realtà in questione è che dal 2012 ho girato intorno agli stessi argomenti in ogni diario, post o altro spazio a disposizione per scrivere. I disagi, i malanni quotidiani, le cose che non mi piacciono. Dappertutto racconto dell'ansia, dell'ipocondria, delle ipotesi sulle cause, di cose che sono successe tanto in là nel tempo che è effettivamente come se fossero capitate ad un'altra persona.
Immagino che sia stato un male necessario, una tappa obbligata, ma che adesso è bene che si concluda. Ho alcuni nuovi ritornelli che mi piace recitare ogni giorno, fin da quando mi sveglio:
~ non ho nessuna aspettativa,
~ non sono il mio passato, 
~ se continuo a cercare spiegazioni per i miei disagi li rendo cronici. 
Mai fatto niente di più utile per me stessa che ricordare questi semplici propositi.

Volevo archiviare questo blog e aprirne un altro e stasera ci ho effettivamente lavorato per un po', ma mi sono così annoiata a cercare una combinazione di colori e di caratteri che mi piacesse, e a copia/incollare quello che mi serviva e che avevo deciso di esportare, che alla fine ho fatto la cosa più veloce che mi è venuta in mente: ho cambiato titolo di questo blog. 
Problema risolto in due minuti, evviva.

giovedì 22 febbraio 2018

LA NAUSEA

«La statuetta mi parve sgradevole e stupida e sentii che mi annoiavo profondamente. Non arrivavo a capire perché mi trovavo in Indocina. Che cosa facevo lì? Perché parlavo con quella gente? Perché ero vestito in modo così strambo? La mi passione era morta. Mi aveva sommerso e trascinato per anni; ora mi sentivo vuoto.» 

«Sono solo in mezzo a queste voci gioiose e ragionevoli. Tutti questi tipi passano il loro tempo a spiegarsi, a riconoscersi felicitandosene che sono della stessa opinione. Quanta importanza attribuiscono, mio Dio, a pensare tutti quanti le stesse cose.» 

«Forse è impossibile comprendere il proprio viso. O forse è perché io sono solo? Le persone che vivono in società hanno imparato a vedersi, negli specchi, esattamente come appaiono ai loro amici. Io non ho amici: che sia per questo che la mia carne è così nuda?» 

«La Nausea è rimasta laggiù, nella luce gialla. Sono felice, questo freddo è così puro, così pura è questa notte; che non sia io stesso un'onda d'aria gelata? Non avere né sangue, né linfa, né carne. Scorrere in questo lungo canale verso quel pallore laggiù. Non esser altro che un po' di freddo.»

«Ecco che cosa ho pensato: affinché l'avvenimento più comune divenga un'avventura è necessario che ci si metta a raccontarlo. È questo che trae in inganno la gente: un uomo è sempre un narratore di storie, vive circondato dalle sue storie e dalle storie altrui, tutto quello che gli capita lo vede attraverso di esse, e cerca di vivere la sua vita come se la raccontasse. Ma bisogna scegliere: o vivere o raccontare.» 

«Niente è cambiato, e tuttavia tutto esiste in un'altra maniera. Non posso descriverlo, è come la Nausea e tuttavia è esattamente l'opposto: finalmente mi capita un'avventura e se m'interrogo vedo che mi capita e che sono io che sono qui; sono io che fendo la notte, sono felice come un eroe di romanzo.» 

Jean-Paul Sartre, La Nausée

domenica 11 febbraio 2018

SPEGNI E RIAVVIA

Domani sarà trascorsa una settimana esatta da quando ho smesso di prendere lo Xanax. Dato che il dosaggio era molto basso e che l'ho preso soltanto per un mese e mezzo non mi sono posta grandi problemi per gli effetti dell'astinenza - mi correggo: non ci ho pensato affatto - incoraggiata anche dall'insolito e costante buonumore dei primi tre giorni senza farmaco.
Poi giovedì, senza alcun segno premonitore, LA DEBACLE.
Pianto regolato a forza 15 già dal risveglio, la fatica bestia prima di prendere sonno pur non avendo bevuto il caffè, e venerdì notte un'insonnia quasi totale. A seguire, crampi addominali, bruciore di stomaco, tensioni muscolari. L'ansia perché ho male dappertutto, l'ansia perché non ho appetito (devo per forza star male malissimo, perché quando mai io non ho fame), l'ansia perché dormo poco e non riposo, l'ansia perché ho l'ansia... e una vocina nella mia testa che canticchia «stai più o meno come stavi prima di iniziare la cura, non è fantastico?? Uacci uari uari, uacci uari uari!!!!!!!!»
Quando mi son detta, e l'ho anche scritto, "va bene, smetto con lo Xanax e sto a vedere cosa succede" non dovevo essere molto in me, perché l'ho detto e l'ho anche scritto ma poi l'ho dimenticato, rimosso, cancellato, annullato. Solo stasera, a quasi una settimana di distanza dalla sospensione, mi si accende un piccolo neon nel cervello - scoppietta, tentenna, si spegne e si riaccende sei o sette volte prima di decidersi - e penso cazzarola, ma non sarò mica un pochino in astinenza, eh?
Che genio del male.

mercoledì 7 febbraio 2018

Il dottore forse non sarebbe contento di saperlo, ma è da qualche giorno che ho smesso di prendere lo Xanax che, mi ricorda la regia, è la ragione per cui sono tornata strisciando nel suo studio. Oh, che vi devo dire? Non mi è servito a un cazzo, sul serio. Sono stata buona e soprattutto diligente, e soprattutto fiduciosa nella medicina tradizionale: mi sono concessa quasi due mesi di trattamento e non sono stata meglio, che senso ha continuare una terapia che non funziona? Magari la dose era troppo bassa, magari mi serviva piuttosto un antidepressivo, che ne so, comunque mi sono rotta le palle di ingoiare roba chimica di nessuna utilità. Sto temporeggiando anche con la terapia che ero risoluta a cominciare da gennaio, perché non ce la faccio neanche a pensare di mettermi nelle mani di un terapeuta che potrebbe farmi del bene o potrebbe farmi molto male, com'è già successo, e perché al pensiero di stare davanti a qualcuno a raccontargli di nuovo il passato mi viene da vomitare. Insomma, basta, è ora di finirla. Quindi, niente più ansiolitico e niente terapia. Stiamo solo a vedere che cosa succede, che cosa si muove nella mia anima e dove vado a finire.

domenica 4 febbraio 2018

INDISPENSABILI CIANFRUSAGLIE

Ogni volta che lascio passare tanto tempo tra un post e l'altro penso che forse è ora di chiudere il blog, di sospenderlo, di lasciarlo morire, di cancellarlo, ma poi finisce come con tante cianfrusaglie che ci sono nella mia vita: non riesco a buttarle. Le tengo perché ci sono affezionata, perché credo che abbiano ancora un valore. Nel caso specifico, credo che questo blog ne abbia sebbene neanche i più grandi sforzi mi facciano tornare in mente le vere motivazioni che mi hanno spinta ad aprirlo. Esiste da un tempo che magari sul calendario non è poi così degno di nota, ma che sembra lunghissimo perché dà voce a tutte le persone che sono stata dal 2010 ad oggi (e in fondo è una testimonianza positiva. Se fossi rimasta la stessa di sette anni fa dovrei ammettere di non essere umana - e di non aver imparato niente strada facendo).
Troppo spesso mi sono preoccupata che questo spazio avesse un'utilità o un senso per gli altri, anche per il solo fatto che insomma, se scrivi i cazzi tuoi in pubblico lo fai per un motivo, perché vuoi che vengano letti, magari commentati e condivisi, o no?, mentre adesso mi interessa così poco di quello che possono pensare gli altri, per non parlare della dubbia utilità dei miei post, che smettere di usarlo sarebbe la scelta più saggia.
«A chi vuoi che importino i fatti miei?» non va preso come un ritornello triste-acchiappa attenzioni ma come una semplice constatazione, una domanda retorica e nondimeno come una logica conseguenza di quanto appena scritto... i miei post sono senza utilità per tutti tranne che per me. Non scrivo recensioni, né ricette, né consigli. Non pubblico foto, non scrivo articoli. È solo un diario, un diario di cazzate, e dovrebbe andar bene così. Magari un giorno ci darò un taglio, o magari no. Se ripenso agli anni della gioventù, a come mi approcciavo allora alla scrittura, scrivere cazzate mi sembra quasi un modo di portare avanti una tradizione.
Quando andavo al liceo, e in alternativa a carta e penna al posto del pc c'era la Olivetti elettronica di mio padre, scrivevo pagine e pagine di scemenze più o meno come faccio adesso, solo che erano lettere per i posteri che iniziavano proprio così, con Cari Posteri... e finivano con tre o quattro facciate di resoconto sull'ultimo compito in classe di fisica, su quello che avevo fatto nel fine settimana con la best e su quant'era testa di cazzo il tizio che mi piaceva (e che non mi si inculava neanche per sbaglio).
Parliamo di resoconti che non servivano a un cazzo esattamente come non servono a un cazzo quelli che scrivo oggi, da donna adulta, eppure a metterli insieme mi divertivo un botto. Spingevo da parte tutto ciò a cui avrei dovuto dare la priorità (principalmente lo studio), mi sedevo davanti alla Olivetti con una tazza immensa di caffè solubile e tre o quattro Marlboro rosse e via a pestare sui tasti per ore. A volte ridevo perché mi trovavo proprio divertente, altre volte piangevo e mi sentivo una miserabile, ad ogni modo davo aria al cervello.
Ora, che razza di fregatura è stata diventare adulta? Vorrei rispondere a questa domanda continuando a dare la colpa al mondo (alla società, alla famiglia, a chiunque mi rifili il ritornello del "devi mettere la testa a posto!") se ho smesso di scrivere tanto per dare aria al cervello, divertirmi e basta, ma credo sia arrivato il momento di prendermi le mie responsabilità e di ammettere che sono IO il giudice più severo e bastardo di me stessa. Sono io l'unica responsabile - me lo scrivo con intento ottimista, senza biasimo - io che non mi concedo di essere sciocca, frivola, superficiale se qualche volta mi va di esserlo. Sono io quella che cerca sempre un significato per tutto, una ragione per tutto... quella seria e rigida come un manico di scopa. Poi mi lamento, ahi, che mal di schiena! - se smetti di portarci sopra la croce e di far la martire magari ti passa.
Sicché niente, alla fine ho perso il filo ma ho messo insieme un altro post per tenere vivo il blog, come scusa per non chiuderlo. Non oggi, dai. Magari domani.

mercoledì 10 gennaio 2018

Avere l'ansia da ansiolitico. Possiamo farci quattro risate insieme?

Mi è rimasta l'ultima compressa di Xanax perché a dicembre, pur potendo comprarne subito tre confezioni con una ricetta, io ho poco saggiamente deciso di comprarne solo una a riprova della mia poca fede nella medicina tradizionale (magari ero convinta di poter risolvere i miei problemi in quindici giorni...). Ma andiamo oltre.
Mi rimane l'ultima compressa per stasera, devo per forza andare in farmacia a prenderne ancora se voglio fare almeno un mese di cura. Vogliamo darci almeno un mesettino di tempo, Vale?
Vogliamo.
Prendo la macchina e vado in farmacia che sono quasi le sei e mezza, a momenti chiude. Perché sono tanto nervosa? E chi lo sa. Sto andando a comprare del plutonio per fabbricarci una bomba? Non mi sembra. Devo raccontare i miei problemi alla farmacista? Nemmeno. Ma se non stessi come sto, non starei nemmeno andando a comprare lo Xanax. Che poi voglio dire, è solo un calmantino, è solo per rilassare i muscoli. Dai.
Entro in farmacia, sorrido, saluto, appoggio la ricetta sul banco. La farmacista dà uno sguardo veloce, si avvia a uno dei suoi cassetti magici lunghi come un treno merci, ci ficca dentro le mani e mi fa: «Quante confezioni?». Io esito un secondo, ne ho già presa una venti giorni fa e quindi immagino di poter comprare solo le due che mi restano, e penso che dovrebbe saperlo anche lei, ma la donna ribadisce: «Può prenderne fino a tre con quella ricetta.» e allora io le rispondo va bene, me dia pure tre. Lo saprà quanta roba può vendermi, no? 
La farmacista chiude il cassettone, mi scatafratta tre scatole sul banco e lì si accorge del malinteso, e cioè che proprio lei ha già timbrato e firmato il mio primo acquisto di dicembre. Dal cervello mi arriva l'immediato suggerimento: dille che siamo a posto con due confezioni, così paghiamo e ci leviamo dal cazzo, ma non so perché io non dico niente.
Così, con la farmacista restiamo qualche secondo a fissarci negli occhi. Io col bancomat in mano, lei con la pistolina per il codice a barre con cui ha già sparato a 90 compresse di Xanax da 0,50 mg. 
Io penso, PARLA MALEDIZIONE, DILLE QUALCOSA. 
Lei mi fissa, io sorrido.
Alla fine mi fa, «Gliele do tutte e tre allora...» e io annuisco. 
Lei mi guarda ancora, non del tutto convinta.
«Ma il dottore le ha detto di continuare la cura?»
Penso, ... e che cazzo ne so. Il dottore l'ho visto venti giorni fa, lui mi ha solo detto prova a prendere una pastiglietta la mattina e se non ti senti meglio prendine una anche alla sera, non ha specificato per quanto tempo. Non lo so, signora Farmacista. Non lo so. Ma ad un certo punto riesco a biascicare un - tipo sssssì - il dottore mi ha detto di continuare la cura. 
Si vede che la donna non mi crede del tutto.
«Sono sotto controllo medico.» aggiungo, con gli occhi che impazienti dicono ti prego, mollami 'sta roba, non ho intenzione di suicidarmici né di spacciarla.
Finalmente pare che ci siamo capite. Aggiungo un collirio. Sono quarantun euro e venti, grazie. Grazie a lei, arrivederci (forse).

Madonna pellegrina, che fatica.

mercoledì 3 gennaio 2018

CONVERSAZIONI DI UN CERTO LIVELLO



«È colpa tua se mi sono fissata così tanto con i Metallica, non fosse stato per te avrei continuato a vivere tranquillamente nella mia beata ignoranza. Sei stato tu a volermi portare al cinema, nel 2013, a vedere il film-concerto, te lo ricordi?»


«Sì, è vero, ma io mica ti ho detto che dovevi diventare un'invasata.»

lunedì 1 gennaio 2018

Revisione del prossimo libro in uscita. 
Ieri ho fatto i salti mortali per mettere tutto in ordine, in casa, e poter dedicare così l'intera giornata di oggi a scrivere e basta. Doppia dose di Xanax, fatico a tenere gli occhi aperti ma procedo, e intanto mi rendo conto che nell'epoca del dominio di romanzi rosa, erotici e soft-porno, con queste copertine piene di maschioni dai muscoli lucidi e scolpiti e queste trame in cui si scopa come non mai, io ho per le mani la storia di due che ci mettono quaranta pagine per darsi un bacio e si danno solo quello, nient'altro. 
Sono condannata all'insuccesso.

Ciao, 2018.