Tre settimane trascorse dall'ultimo post... e come le riassumo? Ma soprattutto, ne ho veramente voglia? Il mondo diventerà un posto migliore dopo che avrò finito di tirargli una pippa così sulle mie ansie e le mie piccole disgrazie quotidiane? No, ma qualcosa la scriverò ugualmente.
Qualcosa del tipo che sono stanca, non so se più nel corpo o nella mente.
Tanto per dare un po' di numeri: l'altro ieri ho fatto le cinque di mattina nel tentativo (fallito) di completare il capitolo finale della prima parte di Hear my voice. Ho chiuso il file con circa duemilacento parole, quattro belle paginette interlinea 1,5 equilibrate col resto dei capitoli che stranamente sono riuscita a mantenere grossomodo della stessa lunghezza. Però non avevo finito, e così quando ieri mi sono alzata a un orario improponibile, e liberata dei mille inconvenienti che mi piovono addosso ogni volta che ho urgenza di scrivere, ho buttato giù altre tre pagine. L'ultimo capitolo è venuto lungo come la messa di Pasqua e ho una voglia di imprecare che non ve la so descrivere. Vorrei imprecare anche perché questo progetto che "è solo una song-fiction, non voglio tirarla lunga, al massimo ci lavoro quindici giorni" (LI MORTACCI MIA) finora mi ha portato via quasi un mese - quando ho letto la data nell'intestazione della prima bozza non sapevo se ridere o piangere.
Ridimensionando il file per la futura stampa (nell'adorabile formato altezza 20,32 cm ~ lunghezza 13,34 cm), con interlinea singola e senza calcolare titoli, disclaimer, eventuali citazioni, dediche eccetera eccetera, la sola prima parte conta 88 pagine. "È solo una song-fiction, non voglio tirarla lunga" un par di balle, insomma. Intendiamoci, non me ne faccio un vanto, sono più portata a pensare che un maggior numero di pagine si traduca facilmente in una maggiore quantità di fuffa, nonché in un lavoro di editing assai più dispendioso a livello energetico (aggiungiamo questo punto alla lista di motivi validi per imprecare).
Ma perché mai vado cianciando di editing che la parte più difficile, la Parte Seconda, ancora non esiste? Ho paura di farmi portare in giro dalla storia, già quello che è successo in queste prime pagine mi ha molto coinvoltaperché sono una psicopatica che si innamora dei suoi personaggi ma in qualche modo l'affronterò. Mi spaventano anche i temi che ho trattato in Hear my voice e che tratto/tratterò in Dark Roads... riuscirò a non ripetermi? Riuscirò a dar voce a personaggi che non si assomiglino? Alla peggio avrò dato vita a due libri simili, una lezione da tenere a mente per il futuro.
L'unica cosa di cui avrei bisogno, in questo momento, è di almeno un mese senza imprevisti. Posso scendere anche a tre settimane. Per tre settimane di normalità vi posso regalare un rene e un pezzetto di fegato - roba buona, eh, tutta sana.
Dico davvero. Giovedì scorso hanno operato Franz: lo hanno aperto in due come un pistacchio perché era l'unico modo di capire la natura di quella macchia sospetta di cui l'ecografia ci rendeva parzialmente conto (erano linfonodi ingrossati). Sette punti di sutura e adesso ha metà del corpo infagottato dentro il cerotto adesivo, odia l'antibiotico e quando glielo do lo sputacchia dappertutto (sul pavimento, sui mobili, sul letto... così, il prossimo inverno, sono sicura che la casa non si prenderà la sinusite). Intanto fa ancora una cacca terribile, e a momenti sono due mesi che spalo ogni giorno cacca di colore, forma e odore che a posto così, grazie, ho espiato tutti i peccati di questa e anche delle prossime settantacinque vite. Non mi resta che aspettare l'esito dell'esame istologico sui linfonodi che gli hanno tolto, e pregare il Santo Protettore Dei Gatti che non abbia bisogno di fare la chemioterapia.
Giovedì scorso sono stata a una serata-dibattito tenuta da Craig Warwick, il sensitivo che parla con gli angeli e con i defunti. La faccio breve sul serio, ché se mi dilungo altro che poema epico, scrivo un'enciclopedia. Solo a sentire la parola "sensitivo" di solito avverto un brivido giù per la schiena e inizio subito a fiutare puzza di fregatura. Può sembrare un controsenso per me che credo negli angeli, ma per quanto mi riguarda aver fiducia in un'entità incorporea è un conto, riporla in un altro essere umano che può usare biechi trucchi per farmi intendere che sa cose su di me che solo io e chi mi conosce sappiamo be', è tutt'altra cosa. Però ci tenevo a partecipare a questa serata, ero curiosa (non conoscevo Craig Warwick né il suo lavoro) e ho cercato di pormi al tutto con imparzialità, senza alcuna aspettativa.
Craig mi è piaciuto. Alla fine non saprei dire se lo ritengo o meno un sensitivo, ma certamente lo ritengo una bella persona. Tanto per cominciare non ha chiesto soldi, la serata infatti era gratuita anche per chi, come me, non aveva acquistato il suo ultimo libro. L'unico vantaggio che derivava dall'acquisto era una poltrona numerata al pianterreno dell'auditorium, anche se lui alla fine, non fermandosi alle poltronissime ma salendo a relazionarsi con un po' tutto il pubblico, ha di fatto annullato qualsiasi distinzione. A fine serata, il dibattito si è concluso intorno alle 22.45, ha concesso qualche minuto di tempo a non meno di duecento persone. Io e la Greta eravamo tra le ultime in fila e ce ne siamo andate che erano quasi le due e un quarto di notte. È stato un bellissimo gesto da parte dell'uomo. Chi partecipa a serate simili e segue l'operato di persone come Craig è di solito qualcuno che soffre, e che cerca conforto nella spiritualità, e ricevere un messaggio positivo privo di interessi economici o di altra natura, sia o meno frutto di un qualche contatto con l'Aldilà, non può che fargli bene. Per quanto mi riguarda, questo è ok. Craig è ok, anche se non condivido del tutto il suo pensiero (io non traggo grande beneficio dal negare le mie emozioni negative in favore di quelle positive, è una tecnica che ho sperimentato e che mi ha cagionato una quantità di problemi quindi non me ne servirei ancora, ma nemmeno mi sognerei di contestarla in assoluto).
Dopo che gli ho stretto la mano e l'ho ringraziato per l'interessante serata, Craig mi ha chiesto come stavo. Perché tu non stai bene, ha affermato (e non sto bene no, ho trentotto anni e ancora passo le ore su Facebook a cuorare foto dei Metallica, ti pare che io stia bene??). Ha detto con molta convinzione che ho problemi a dormire, un dettaglio che poteva essere facilmente intuibile dalle occhiaie che mi arrivavano all'altezza delle ginocchia, perché ho la testa troppo piena di pensieri. D'accordo, è vero, ma anche questo è un particolare deducibile senza grandi difficoltà - escludendo i casi di insonnia dovuti a cause fisiche non restano che le preoccupazioni. Poi ha aggiunto che mi trattengo troppo, che è necessario che io mi lasci andare e che abbracci la nuova vita che mi attende. Vedo tanti angeli vicino a te, ha concluso. Anche se sei stata abbandonata, in questa vita, dall'altra parte c'è tanto amore per te. A quelle parole, sono sincera, un po' di magone mi è venuto, e ammetto anche di aver sentito un certo brividino... ma non quello dello scetticismo perché insomma, che cosa ne sapeva lui dei miei abbandoni? È stata una bella esperienza, alla fine. L'ho detto, Craig è ok. Leggerò senz'altro qualcuno dei suoi libri.
Sono andata a dormire serena, alle tre passate, il problema è che al risveglio ho avuto subito l'impressione che l'Incredibile Hulk, King Kong e un Panzer VI Tiger avessero passato la notte a calpestarmi, in più ero di un umore che non potrei nemmeno definire nero - era più qualcosa di vicino a un premestruo elevato alla terza - e dopo essermi vista in una foto scattata la notte precedente ho passato il resto della giornata a piangere (se qualcuno mi porta un paio di pietosi veli ce li stendo sopra. Belli grandi, grazie). Certamente non ho i titoli, le competenze e le conoscenze per affermare con sicurezza che l'essere umano assorbe l'energia di altri esseri umani, ma per ora lo stato assurdo in cui mi sono trovata venerdì riesco a spiegarlo solo così.
Ma questo è il passato. Oggi inizia una nuova settimana (fa freddino, che bello), e in qualche modo dovrò finire Hear my voice. Sono nel mezzo del progetto, in un punto da cui non vedo né la fotta delle prime pagine né il sollievo della fine: adesso è davvero il momento di dare il massimo.
Qualcosa del tipo che sono stanca, non so se più nel corpo o nella mente.
Tanto per dare un po' di numeri: l'altro ieri ho fatto le cinque di mattina nel tentativo (fallito) di completare il capitolo finale della prima parte di Hear my voice. Ho chiuso il file con circa duemilacento parole, quattro belle paginette interlinea 1,5 equilibrate col resto dei capitoli che stranamente sono riuscita a mantenere grossomodo della stessa lunghezza. Però non avevo finito, e così quando ieri mi sono alzata a un orario improponibile, e liberata dei mille inconvenienti che mi piovono addosso ogni volta che ho urgenza di scrivere, ho buttato giù altre tre pagine. L'ultimo capitolo è venuto lungo come la messa di Pasqua e ho una voglia di imprecare che non ve la so descrivere. Vorrei imprecare anche perché questo progetto che "è solo una song-fiction, non voglio tirarla lunga, al massimo ci lavoro quindici giorni" (LI MORTACCI MIA) finora mi ha portato via quasi un mese - quando ho letto la data nell'intestazione della prima bozza non sapevo se ridere o piangere.
Ma perché mai vado cianciando di editing che la parte più difficile, la Parte Seconda, ancora non esiste? Ho paura di farmi portare in giro dalla storia, già quello che è successo in queste prime pagine mi ha molto coinvolta
L'unica cosa di cui avrei bisogno, in questo momento, è di almeno un mese senza imprevisti. Posso scendere anche a tre settimane. Per tre settimane di normalità vi posso regalare un rene e un pezzetto di fegato - roba buona, eh, tutta sana.
«Dai, sorridi, che la vita è bella!» ... |
Giovedì scorso sono stata a una serata-dibattito tenuta da Craig Warwick, il sensitivo che parla con gli angeli e con i defunti. La faccio breve sul serio, ché se mi dilungo altro che poema epico, scrivo un'enciclopedia. Solo a sentire la parola "sensitivo" di solito avverto un brivido giù per la schiena e inizio subito a fiutare puzza di fregatura. Può sembrare un controsenso per me che credo negli angeli, ma per quanto mi riguarda aver fiducia in un'entità incorporea è un conto, riporla in un altro essere umano che può usare biechi trucchi per farmi intendere che sa cose su di me che solo io e chi mi conosce sappiamo be', è tutt'altra cosa. Però ci tenevo a partecipare a questa serata, ero curiosa (non conoscevo Craig Warwick né il suo lavoro) e ho cercato di pormi al tutto con imparzialità, senza alcuna aspettativa.
Craig mi è piaciuto. Alla fine non saprei dire se lo ritengo o meno un sensitivo, ma certamente lo ritengo una bella persona. Tanto per cominciare non ha chiesto soldi, la serata infatti era gratuita anche per chi, come me, non aveva acquistato il suo ultimo libro. L'unico vantaggio che derivava dall'acquisto era una poltrona numerata al pianterreno dell'auditorium, anche se lui alla fine, non fermandosi alle poltronissime ma salendo a relazionarsi con un po' tutto il pubblico, ha di fatto annullato qualsiasi distinzione. A fine serata, il dibattito si è concluso intorno alle 22.45, ha concesso qualche minuto di tempo a non meno di duecento persone. Io e la Greta eravamo tra le ultime in fila e ce ne siamo andate che erano quasi le due e un quarto di notte. È stato un bellissimo gesto da parte dell'uomo. Chi partecipa a serate simili e segue l'operato di persone come Craig è di solito qualcuno che soffre, e che cerca conforto nella spiritualità, e ricevere un messaggio positivo privo di interessi economici o di altra natura, sia o meno frutto di un qualche contatto con l'Aldilà, non può che fargli bene. Per quanto mi riguarda, questo è ok. Craig è ok, anche se non condivido del tutto il suo pensiero (io non traggo grande beneficio dal negare le mie emozioni negative in favore di quelle positive, è una tecnica che ho sperimentato e che mi ha cagionato una quantità di problemi quindi non me ne servirei ancora, ma nemmeno mi sognerei di contestarla in assoluto).
Dopo che gli ho stretto la mano e l'ho ringraziato per l'interessante serata, Craig mi ha chiesto come stavo. Perché tu non stai bene, ha affermato (e non sto bene no, ho trentotto anni e ancora passo le ore su Facebook a cuorare foto dei Metallica, ti pare che io stia bene??). Ha detto con molta convinzione che ho problemi a dormire, un dettaglio che poteva essere facilmente intuibile dalle occhiaie che mi arrivavano all'altezza delle ginocchia, perché ho la testa troppo piena di pensieri. D'accordo, è vero, ma anche questo è un particolare deducibile senza grandi difficoltà - escludendo i casi di insonnia dovuti a cause fisiche non restano che le preoccupazioni. Poi ha aggiunto che mi trattengo troppo, che è necessario che io mi lasci andare e che abbracci la nuova vita che mi attende. Vedo tanti angeli vicino a te, ha concluso. Anche se sei stata abbandonata, in questa vita, dall'altra parte c'è tanto amore per te. A quelle parole, sono sincera, un po' di magone mi è venuto, e ammetto anche di aver sentito un certo brividino... ma non quello dello scetticismo perché insomma, che cosa ne sapeva lui dei miei abbandoni? È stata una bella esperienza, alla fine. L'ho detto, Craig è ok. Leggerò senz'altro qualcuno dei suoi libri.
Sono andata a dormire serena, alle tre passate, il problema è che al risveglio ho avuto subito l'impressione che l'Incredibile Hulk, King Kong e un Panzer VI Tiger avessero passato la notte a calpestarmi, in più ero di un umore che non potrei nemmeno definire nero - era più qualcosa di vicino a un premestruo elevato alla terza - e dopo essermi vista in una foto scattata la notte precedente ho passato il resto della giornata a piangere (se qualcuno mi porta un paio di pietosi veli ce li stendo sopra. Belli grandi, grazie). Certamente non ho i titoli, le competenze e le conoscenze per affermare con sicurezza che l'essere umano assorbe l'energia di altri esseri umani, ma per ora lo stato assurdo in cui mi sono trovata venerdì riesco a spiegarlo solo così.
Ma questo è il passato. Oggi inizia una nuova settimana (fa freddino, che bello), e in qualche modo dovrò finire Hear my voice. Sono nel mezzo del progetto, in un punto da cui non vedo né la fotta delle prime pagine né il sollievo della fine: adesso è davvero il momento di dare il massimo.