«Nelle ultime settimane non avevo fatto neppure il più utile degli esercizi: la ginnastica facciale. Un clown, in cui l'effetto principale consiste nell'immobilità della maschera, deve mantenere il viso perfettamente immobile. Un tempo, prima di cominciare a fare i miei esercizi, usavo tirar fuori la lingua per sentirmi realmente vivo e presente prima di staccarmi di nuovo da me stesso. Più tardi abbandonai questo esercizio e presi a guardarmi attentamente in viso, senza far uso di nessun trucco e movimento, ogni giorno per almeno mezz'ora, finché alla fine non esistevo più: dal momento che non soffro di narcisismo, spesso mi sentivo prossimo alla pazzia. Dimenticavo semplicemente che ero io quella faccia che vedevo nello specchio, voltavo lo specchio e quando avevo finito gli esercizi, o quando più tardi, nel corso della giornata mi vedevo per caso allo specchio passando, mi spaventavo: c'era un estraneo nella mia stanza da bagno, al gabinetto; un tizio che non sapevo se fosse serio o buffo, un fantasma pallido con il naso lungo; e allora correvo più in fretta che potevo da Maria, per vedermi nel suo viso. Da quando lei non c'è più non riesco più a fare i miei esercizi: ho paura di diventare pazzo.»
«Udii ancora Monica che posava il ricevitore sul coperchio del pianoforte e cominciava a suonare. Suonava splendidamente, il tocco era perfetto; ma mentre suonava mi sentii infelice da morire e cominciai a piangere. Non avrei dovuto tentare di far rivivere quel momento: quando ero tornato a casa dopo essere stato con Maria e Leo suonava quella mazurca nella sala della musica. I momenti della vita non si possono ripetere e neppure si possono dividere con altri. [...] Già il solo parlare di simili momenti è un errore, volerli ripetere è un suicidio. Vi sono attimi che hanno il valore di un rituale e che richiudono in sé il senso della ripetizione. [...] Tanto diaboliche possono essere le conseguenze del sentimentalismo. Gli attimi bisognerebbe lasciarli così come si sono vissuti.»
«Ma cerca di capirmi» supplicò lui.
«Maledizione» esclamai «ti capisco. Ti capisco anche troppo bene»
«Ma che tipo di uomo sei, in conclusione?» domandò Leo.
«Sono un clown» risposi «e faccio raccolta di attimi.»
Heinrich Böll
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