lunedì 12 marzo 2018

Scrivere un post su come sia miseramente fallito il mio ennesimo tentativo di dare una svolta ottimista alla mia vita, anche passando per questo blog, mi fa sentire una grandissima cogliona. Lo scriverò ugualmente, perché anche se fallirò altre mille volte, altrettante proverò a ripercorrere la strada in cui mi sono persa. Non è più un dovere, ma una necessità. Non posso tornare indietro, non posso più essere la persona che sono stata, nemmeno quella che ero una settimana fa quando stavo meglio di come sto oggi e mi immaginavo che questo star meglio sarebbe durato. 
Va detto che neanche il disagio durerebbe molto di sua spontanea volontà, ma a me piace farlo restare perché mi dà una scusa per non assumermi la responsabilità di come va la mia vita. Alcune cose capitano (il gatto che si ammala - che comunque è ancora vivo. Non certo in forma smagliante ma mangia, si lava, miagola e mi odia come prima), per cui non c'è niente da fare perché è questo il funzionamento del meccanismo detto vita. Ce ne sono altre che invito costantemente coi miei ragionamenti contorti e sempre uguali, e per cominciare a cambiare aspetto dall'esterno una conferma che deve invece arrivare dall'interno, da me stessa. Devo credere, o non avere aspettative, PRIMA di una qualunque manifestazione. Dopo vengono solo le ovvie conseguenze.
E se non posso più essere quella che sono stata, bisogna allora che mi inventi una nuova me - anche brutta se occorre, non mi interessa più. Scrivo la verità: non mi interessa di come sono adesso, se piaccio o meno agli altri. A me gli altri non piacciono più come una volta. Mi capita ancora di affezionarmi a qualcuno, ma mi stanco subito dell'incostanza, della freddezza, di quel distacco della serie «sì, ci sentiamo, ma non ti aspettare niente, non ti montare troppo la testa». Mi si spezza qualcosa dentro con grande facilità, e dopo non c'è più modo di aggiustarmi. Dopo non me ne frega più un cazzo di niente anche se può essere sbagliato. Perché io sono sempre qui a chiedermi se ho sbagliato, con gli altri, come ho sbagliato o se posso rimediare? Quasi nessuno mi concede la stessa cortesia. 
Sono diventata brutta, fredda come una lastra di marmo. Non provo trasporto che per due o tre persone al massimo, tutti gli altri mi sono indifferenti. Non provo rancore, né invidia o rabbia, né mi sento offesa. No, mi sento solo indifferente, anche ai blocchi senza spiegazione, alle assenze improvvise, alla mancanza di gentilezza (ringraziare, seppur per dei piccoli gesti, a quanto pare non trenda da nessuna parte quindi a che serve...). 
Se poi in questo modo, con la mia indifferenza, divento sgarbata oppure offendo qualcuno che non se lo merita mi dico pazienza, a me è capitato un sacco di volte. Perché agli altri dovrebbe essere concesso di peccare e a me no? Via il cilicio, adesso non serve più. Che mi cancellino, mi buttino e mi dicano anche che sono una stronza. Magari hanno ragione, ma così va la vita. 

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