giovedì 24 ottobre 2019

DIRETTAMENTE ALL'OBITORIO

Stando al dottor G., perché io ho cercato mille risposte alla Grande Domanda che mi ha fatto e, sorpresa, nessuna di queste era la risposta giusta, il motivo per cui non metto in atto le soluzioni che penso per i miei problemi è che so bene che non funzioneranno.
Perché quando vengo colta da terrori ipocondriaci non corro da un medico, ad esempio? È la scelta più sensata da fare - ho un problema, chiedo aiuto al mio medico di base. Dal mio medico non ci voglio andare perché so già che è un coglione che non saprà dare una risposta coerente al problema che gli presento. Questa è parte di una risposta, ma d'altro canto esistono anche gli specialisti. La vera risposta è che nel profondo so qual è la causa dei miei forti disagi fisici e dei miei terrori ipocondriaci, e finché non avrò risolto quella i disturbi continueranno a tornare. Concentro l'attenzione sul malanno del momento, una volta che ho esaurito gli accertamenti da fare e ho scoperto di essere sana sto tranquilla per un po' e poi trovo una nuova anomalia. E sono sicura anche che se dovessi esaurire le anomalie e gli accertamenti arriverei a pensare che forse gli esami a cui mi sono sottoposta non sono stati eseguiti correttamente, o che il problema, la malattia, può essere cominciata proprio poco dopo l'ultimo controllo. In effetti non è impossibile che accada... ma a meno di non controllarsi di dentro e di fuori ogni giorno è impossibile fare una previsione certa. Ed è doloroso. Cercare di mantenere il controllo su tutto è doloroso. Rende la vita una immane e disgustosa fatica quotidiana. 
E con la scrittura è la stessa cosa. Domanda diversa, stessa risposta. Perché non finisco più niente, o il mio entusiasmo si esaurisce con tanta fretta? Perché in fondo credo che non valga la pena di sbattersi tanto. Credo che non ne valga la pena perché ci ho già provato,e più di una volta, ma poiché deficito in quanto a comunicazione e strategie di marketing e non propongo argomenti che stuzzicano la moda del momento è inutile, ho poche speranze. Non dico di non averne del tutto, ma sono poche. E non dico nemmeno che questa sia LA verità assoluta... ma è la verità per me. Non ci metto più passione e non ho più la convinzione necessari perché immagino di aver dato il mio massimo e di non aver comunque ottenuto quello che speravo e che desideravo. Non credo di potercela fare, non credo abbastanza, eppure se ci penso bene ho le stesse opportunità che avevo quindici anni fa - e ho molta più competenza per il solo fatto di avere quindici anni di libri letti e di storie scritte alle spalle. 
Non so ancora bene che cosa farci con questa consapevolezza, con queste risposte, ma sentivo di volerle mettere per iscritto.

Ho trascorso buona parte delle ultime due settimane a stare molto male. Il ciclo mestruale in ritardo di quindici giorni, un cambio di stagione mai partito veramente dato che dopo qualche perturbazione e un po' di fresco si è instaurata una primavera tardiva con umidità e temperature sopra le medie, fino a venticinque gradi; e poi gastrite e grandi tensioni in casa con tutte le conseguenze del caso, e una nuova visita specialistica prenotata per la prossima settimana. 
Sono tornate le angosce mattutine, quelle del risveglio, e le lunghe ore di ricerche in internet sulle malattie, gli infiniti dibattiti con me stessa sui sintomi che accuso e che posso includere o escludere nelle liste che trovo online. 
Per paura ho iniziato a mangiare anche troppo bene, reintroducendo nella dieta quotidiana alimenti da tempo esclusi come la frutta - qualche mela, che adesso sono deliziose - e mettendone per un po' da parte altri come il caffè, di cui sento ogni giorno la mancanza, ché sostituirlo con l'orzo e il tè che pure amo moltissimo, o con la camomilla che ho ricominciato ad apprezzare grandemente, dà una soddisfazione appena sufficiente. Così però posso dire che dal disagio almeno è scaturito qualcosa di positivo. Non che prima avessi ripreso a ingozzarmi di schifezze ma ammetto che sgarravo più spesso, anche perché «Ho ripreso gli allenamenti e quindi posso mangiare di più»... che ridere. E mi vien da ridere anche quando mi rendo conto di quanto sono convinta che se non seguirò pedissequamente le regole della perfetta alimentazione morirò... non mi concedo nemmeno la possibilità chessò, di avere un raffreddore in più o qualche altro disturbo comunque risolvibile. No, io vado direttamente all'obitorio.
Ma ecco, mi sto di nuovo mettendo alla gogna. Mi sto ancora criticando e sbeffeggiando con tutto questo inutile sarcasmo. Da dove si comincia a volersi bene, ad avere rispetto per sé stessi? Forse smettere di fare certi pensieri, di essere crudele e colpevolizzarmi sarebbe un buon punto di partenza.

PS: in tutto ciò non serve che scriva come ho vissuto e sfruttato il Preptober - quello che doveva essere il momento più bello dell'anno. Non serve, vero?

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