Non riesco a spiegare a me stessa come mi sento in questo momento, come mi sono sentita in queste ultime due settimane, con l'ipocondria che mi ha inseguita ovunque e tuttora quando mi fermo mi mastica i calcagni, con le pressioni invisibili che sono più forti di un blocco di cemento sulle spalle.
In fondo lui non è mai stato mio padre. Per trent'anni ho avuto soltanto sporadiche apparizioni nella mia vita. Non c'è mai stato, aveva da fare il marito con la sua seconda moglie e il padre per mio fratello. Non avrei nemmeno voluto che ci fosse il mio nome nel necrologio o sui fiori. In chiesa sono stata nascosta negli ultimi banchi, con la gente che sussurrava il mio nome e si chiedeva perché non ero davanti insieme al resto della famiglia.
E nonostante tutto questo è come se una parte di me fosse morta insieme a lui. Una parte piccola, che probabilmente non ha una ragione per esistere eppure esiste, da quando in qualche modo lui è rientrato nella mia anima. Dopotutto io sono una parte di lui. Va bene, sarà pure soltanto genetica ma tant'è.
I lutti e i dispiaceri sono come inverni pieni di freddo e di nebbia, mi stanno avvolgendo l'anima in una pellicola ghiacciata lasciandomi senza forze e volontà, e soprattutto senza desiderio.
Ho detto al mio fratellastro se hai bisogno di me chiama.
Tanto io non rispondo mai al telefono.
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