lunedì 18 maggio 2015

MALEDETTA PRIMAVERA


Pare proprio che siano tornate in auge le nottatacce "di una volta", quelle che trascorrevo sveglia a scrivere o a mettere in cantiere progetti e a prendere appunti.
Non so se è colpa del caldo improvviso o se più semplicemente è un periodo in cui ho bisogno di dare i numeri, comunque è un fatto che in questi giorni tra la mezzanotte e mezza e le sei di mattina (che sarebbe il momento migliore per il riposo e la rigenerazione) io praticamente non dormo, e allora ho deciso che tanto vale stare davanti al pc, perché di alzarmi cento volte per andare al cesso, fare una passeggiata in corridoio, bere un bicchier d'acqua, fare due grattini al gatto e sperare che mi venga sonno ne ho un po' (tanto) piene le palle.
Non sta succedendo praticamente una leppa nella mia vita virtuale, i social mi annoiano fuori di misura e non li uso quasi più, e i fandom che mi interessano su EFP si possono dire defunti ormai da mesi. Ho finito da poco di ripostare "La città delle rondini albine" (che oh, se lo son cagato giusto in due) e non avendo altro di pronto al momento anche il mio profilo è andato in standby, e allora che faccio?
Diapositiva della Vale
in sessione di scrittura notturna
Riscrivo e finisco quella vecchia storia che a momenti mi prende bene e a momenti non mi prende per niente, ma tutto sommato come esercizio quotidiano può andare, finché riesco a scriverla senza complicare le cose e cercare di convincere i personaggi a fare quello che voglio io (tanto non va MAI a finire così, il massimo che riesco ad ottenere con la coercizione è un mare di fuffa che poi mi tocca tagliare e buttare in fase di revisione).
Cerco di non pensare a tutto il tempo che mi ci è voluto per tornare ad interessarmi alle storie nella mia testa, quanto ci è voluto per ricominciare a scrivere senza provare una pressione a volte quasi fisica, come se stessi tra due pareti di cemento che si stringevano sempre di più. Cerco di non pensarci perché se ci penso ancora mi viene il magone. Rileggo vecchi appunti e mi sembrano scritti da un'altra persona in un'altra vita e mi accorgo che mi sto chiedendo davvero è successo tutto quello che è successo? 
Sembra una fase di distacco, non dettata dalla paura né dall'urgenza di dimenticare ma una fase tranquilla, in cui sto seduta a riguardare il passato recente e non mi sembra il mio, come se non credessi che io l'ho vissuto e alla fine ci sono passata sopra.
Ma bando alle serietà, a quell'essere serioso che ero diventata e che s'è portato via l'influenza di marzo (grazie al cielo, cominciavo a perdere le speranze).
Scrivo e mi piace, adesso conta solo questo. Scrivo e mi sento spensierata e anche un po' stupida che ci sta sempre bene, e aspetto con pazienza la notte in cui, dopo tante ore insonni, finalmente crollerò e riuscirò a dormire per sfinimento.

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