mercoledì 2 dicembre 2015

PICCOLI GRANDI TRAGUARDI e RESOCONTI DI FREDDO E DI GELO

L'altro ieri è finito il NaNoWriMo e per questo mi sento un po' triste e un po' sollevata.
In un certo senso ho barato sulla vincita, perché volevo arrivare alla meta senza contare le parole che avevo già scritto prima di iniziare e invece alla fine ho conteggiato anche quelle, quindi a competizione chiusa ho tolto gli avvisi dai social e ho fatto finta di niente. Diciamo che questa è stata più che altro una vittoria morale, ecco.
Comunque, sono sollevata per la fine del NaNo perché il numero fisso di parole quotidiane sommato agli impegni stava per farmi sbroccare, adesso se anche ne scrivo appena cinquecento di parole perché sono riuscita a rosicchiare solo un'ora alla giornata non mi sento in qualche modo manchevole.


Domenica sono stata a Poveglia, per una gita che resterà scolpita per sempre nella mia memoria.
Ero emozionata, ma non avevo aspettative. Sto imparando cose molto interessanti, in questi giorni, sulla gestione delle aspettative, e avendo letto di tutto e di più sull'isola e il manicomio (o casa di riposo per anziani, o quel che è stato il posto) ho cercato di mantenermi il più distaccata possibile.
Alla partenza da casa, alle sette circa, eravamo un bel po' sotto zero, ma secondo me non eravamo tanto sopra nemmeno quando siamo partiti in barca dalla laguna di Chioggia un paio d'ore dopo. C'era il sole, e il viaggio è filato liscio e tranquillo. E il sole splendeva anche a Poveglia, ma in mezzo alla giungla di piante, per non dire all'interno degli edifici, faceva un freddo insopportabile, del genere che ti si infila sotto i vestiti non importa quanto sono pesanti e ti entra nelle ossa. Una volta a casa, la sera, sono rimasta sotto la doccia bollente per mezzora per tirarmi via la sensazione del sangue gelato.
Non mi metterò a raccontare di aver visto o sentito cose strane, ma dopo aver passato un ponticello che separa due parti dell'isola per andare a calpestare il suolo che era stato adibito a cimitero (o grande fossa comune che dir si voglia) mi si è rivoltato lo stomaco. Quella parte dell'isola è più spoglia, per mancanza di edifici ma anche della vegetazione che invece abbonda altrove, e alla fine del ponte c'è un odore tremendo di non si sa cosa, forse di acqua che ristagna (ma giuro, a me non sembrava affatto acqua stagnante). 
Ci sono rimasta solo qualche minuto, e mi è bastato.
Ma anche senza andare alla ricerca di fantasmi e anime in pena, girare per Poveglia inquieta come inquieterebbe qualsiasi altro posto nelle sue stesse condizioni (giova anche il pensiero di trovarsi su un'isola in mezzo al mare, perché è un posto da cui non si può fuggire senza mezzi adeguati). Sicuramente emette una forte vibrazione, da persona nient'affatto impressionabile (non in questo senso almeno) giuro che al primo piano dell'edificio principale ho avuto la pelle d'oca come mai in vita mia, e non mi sono voltata indietro a guardarla dalla barca mentre me ne andavo, ma alla fine non fa così paura. 
Certo, non di giorno, con il sole e una compagnia di trenta persone.

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