lunedì 26 dicembre 2011

IL REGALO CHE NON TI ASPETTI

Quest'anno per la prima volta dacché ho memoria mio nonno paterno ha parlato apertamente di me e del papà.
"Io gliel'ho sempre detto: se continui a comportarti come ti stai comportando alla fine quella figlia la perderai e così è stato. Io non l'avrei mai, mai fatta una cosa del genere"
Non credo che lui si sia reso conto del valore che hanno avuto le sue parole, perché per timore di mortificarlo o far soffrire la nonna ho sempre cercato il più possibile di evitare ogni discorso su questo argomento ma il fatto di non poterne parlare, il pensiero che nessuno da quella parte della famiglia si sia mai fatto veramente avanti per me in questo senso ha significato che in fondo non meritavo poi così tanto di lamentarmi e soffrire per quello che mi era successo. Che sia stato proprio il nonno a legittimare la mia sofferenza ha avuto un peso immenso per me, anche se in fondo adesso ci sto molto meno male di una volta per questo. Le parole che gli ho visto uscire dal cuore sono state il regalo più bello che potessi ricevere per questo Natale.
La cosa divertente è che il 23 avevo pensato di mandare qualche riga proprio a mio padre.
Mi ricordavo di avergli scritto all'inizio dell'anno poco dopo essere entrata in terapia e di essere stata piuttosto brusca anche se non a torto, tanto che da quel giorno non l'avevo più sentito, e così mi sono detta che sarebbe stato un bene per entrambi se avessi fatto un passo verso di lui, e immaginavo così che se fossimo riusciti a vederci per Natale ci saremmo potuti scambiare finalmente degli auguri decenti e magari anche un abbraccio. Allora, armata delle migliori intenzioni, sono andata a ripescarmi il suo indirizzo e-mail e già che c'ero ho riletto le ultime righe che gli avevo spedito a marzo.

Sono stata molto dura nella mia mail, è vero e mi dispiace. In realtà non era quello che volevo ma quando l'ho scritta mi sentivo a terra ed ero molto scossa perché quella famosa domenica non mi aspettavo di vederti a pranzo...non ero "pronta" a trascorrere del tempo con te e la cosa mi ha destabilizzata.
Ciò che voglio dirti oggi, e che volevo dirti anche con la prima mail, magari non usando certi termini, è che non ti odio e non ti porto rancore per quello che è successo in passato. Lo so che gli esseri umani non sono infallibili, come so che io stessa a volte anche senza volerlo, ho fatto del male a persone che consideravo care, e come io desidero di essere perdonata per i miei errori è giusto che conceda anche agli altri lo stesso perdono.
Il punto è che non posso sforzarmi di volerti bene, ecco quello che intendevo dire.
Ero arrabbiata con te, lo sono stata per tanto tempo e lo sono stata anche quella domenica ma non perché tu sia stato un cattivo padre con me, ero arrabbiata perché non sei stato un padre né buono, né cattivo, né così-così. Non ci sei stato e basta.
Adesso le cose sono diverse, ho 32 anni e non ho più bisogno dell'approvazione degli altri ma quand'ero piccola, come ogni figlia, avevo bisogno di te, della tua presenza e del tuo amore. Ormai il passato è passato e mi rendo perciò conto che è assurdo continuare a portare rancore per qualcosa che nessuno potrà mai cambiare però cerca di capirmi, quella bambina arrabbiata e bisognosa è ancora dentro di me e a volte ritorna e io ne soffro, e ho bisogno di buttare fuori questa sofferenza. Non lo faccio con odio o con la precisa intenzione di ferirti. Può darsi senz'altro che io lo abbia fatto in passato, perché l'immaturità a volte ci fa fare e dire cose sopra le righe e di cui neanche ci rendiamo conto, ma adesso non sono più quella ragazzina, ho un'altra maturità.
Credo infine che la vita sia fatta di scelte più o meno consapevoli, e ogni scelta che facciamo comporta delle conseguenze.
Tu hai fatto le tue scelte e io non ti condanno per questo, però adesso devi accettare la conseguenza che ne è derivata, e cioè il fatto che non ti amo come genitore. Non voglio causare la sofferenza di nessuno, nemmeno la mia, e sarò felice se qualche volta potremo parlare e stare ancora insieme per qualche ora, però non fingerò né mi sforzerò mai di volerti bene. Farò del mio meglio per vedere il buono che c'è in te, anche se non l'ho visto in passato, e così so che tu farai del tuo meglio per capire i miei stati d'animo e non forzare le cose. Non ti giudico come padre di Richard perché non ne ho nessun diritto, anzi, cerco di non giudicarti più in generale, ti dico soltanto quello che provo e che riguarda me e te e nessun altro.
Io e te siamo partiti col piede sbagliato trent'anni fa. Pazienza, quel che è stato è stato, ma lo strappo a me ha fatto tanto male, e certe ferite hanno bisogno di lungo tempo per poter guarire, altre non guariscono mai, ma ciò non significa che tu sia una persona terribile o che io non sia degna d'amore come ho pensato per tutta la vita.
Credo che la cosa importante adesso sia ascoltare quello che abbiamo dentro e agire di conseguenza, perciò è giusto che tu dica e ti comporti come ti viene spontaneo con me, e io farò altrettanto. Adesso sai come stanno le cose davvero, e che la mia ritrosia e la mia rabbia non sono strumenti che uso per ferirti, ma solo momenti della mia vita che devo superare per poter guarire.

Non ce l'ho più fatta a mandargli gli auguri e nemmeno a pensare di riabbracciarlo, perché di quella durezza che ricordavo in tutta onestà qui non ne ho trovata nemmeno una briciola. Mi è sembrato anzi di essere stata fin troppo comprensiva con lui, quando dovrebbe accadere il contrario giacché non sono stata io a scaricare mio padre per andarmene a scegliere un altro.
Sono trascorsi nove mesi da queste righe e dopo una vita passata a non fare niente per me, a disinteressarsi completamente della mia esistenza lui si è sentito così offeso da non avermi mai più degnata di una risposta o di un qualunque altro cenno. La dottoressa mi dice di scrivergli lo stesso, ogni tanto, di mandargli cenni della mia esistenza per non dovermene pentire un giorno, suppongo quando lui sarà vecchio e morente, ma io non ci riesco, e l'orgoglio non c'entra niente. Continuo a non odiarlo ma credo che quell'uomo non mi meriti, che non si meriti il mio tempo, la mia energia e le mie attenzioni con la stessa fermezza con la quale lui crede di aver diritto al mio amore.
In ogni caso il 25 ci siamo schivati, perciò ho risolto tutti i miei problemi in questo senso.
Quanto al resto, e parlando di profezie che si autoadempiono, la mamma aveva già deciso il 22 che la torta di compleanno che avevamo ordinato per il nonno avrebbe fatto cilecca e così è stato, dato che il festeggiato e lo zio per cui abbiamo ordinato una bignolata anziché il ricciolo di frutta come l'anno scorso si sono lagnati perché c'era troppa cioccolata.
Mia mamma lavora nell'UFFICIO COMPLICAZIONE AFFARI SEMPLICI.
E per finire niente, ho mangiato così tanto zucchero in questi ultimi tre giorni che credo non ne vorrò più per il resto della mia vita, oggi sono inciampata sui tacchi STANDO FERMA e non so come sono riuscita a non rompermi neanche un osso e alla fine ho scritto un post troppo serio quando avrei tanto voluto buttarla un po' in vacca, e notare come ogni anno la mia emotività faccia dei progressi.
Vabè, sarà per il Natale prossimo...

domenica 18 dicembre 2011

VALE FATTI CURARE!

Per TORINO 2009


Un momentino di sclero a cena...
(notare BENE la cremina di aceto
balsamico intorno al piatto
che da al tutto un che di
novelle cuisine)

NATALE 2011:
quando dei semplici biscotti di zenzero
NON BASTANO!!

Limitarsi a mangiare le cose
anziché farci delle scritte
no, eh???!!!!

venerdì 16 dicembre 2011

A proposito di TANTA MA TANTA fuffa...

Not PRETTY sure, SURE SURE!
Oggi c'è un tempo che definirlo da lupi è fargli un favore, fa un freddo porco, piove, sono le due e venti del pomeriggio ed è già buio: ho bisogno di un post con delle cazzate a random e "A proposito di TANTA fuffa..." per tirarmi su.
Allora, per cominciare ieri notte ho fatto per la prima volta benzina da sola al self service e...vabè, vi sento già ridere tutti. Per me la benzina fai da te è sempre stata un limite da quella prima volta che ci ho provato anni fa e non sono riuscita nemmeno a svitare il tappo del serbatoio e ci sono rimasta malissimo, ma come vuole il detto "Quando l'acqua tocca il culo si impara a nuotare" ieri tornando da Pravisdomini o cacciavo dentro benzina, o spingevo la macchina fino a casa da Spinea. Allora ho fatto la cosa che faccio sempre quando sono da sola e devo uscire da una delle mie zone di comfort (in questo specifico caso costituita dal benzinaro, affettuosamente noto anche come"Uomo del pompone" che mi mette benzina): ho chiamato il Topo.
"TOPO, DEVO FARE BENZINA DA SOLA, DAMMI SUPPORTO MORALE!"
Alla seguente affermazione accompagnata da una leggera nota di panico nella voce è seguito un dialogo surreale a base di "Aspetta che infilo il pompone, schiaccio forte, un attimo che gli do un'ultima sgrullata", dopodiché ho pagato e mi sono rimessa in strada come se avessi appena vinto un Premio Nobel.
Ma voi già tutti così esperti di self service non potete capire la mia gioia.
In seconda battuta parliamo un attimo della Persy.
Anzi no, perché è una grandissima puttana e non la voglio più ascoltare.
Allora parliamo un attimo di quanto sono ancora incazzata con mia mamma.
Anzi no, perché se non smetto di dare energia a queste situazioni non smetterà di venirmi mal di testa e mal di stomaco.
Allora prendiamo per un istante in esame il corriere espresso a cui non ho chiesto quando consegnerà le mie strenne e che mi sta facendo pensare, e soprattutto temere, che arriveranno per la befana e che facevo prima con un piccione viaggiatore.
Oppure facciamo che per il tempo che mi occorrerà a mettere insieme questo post penserò a quello che funziona nella mia vita anziché a tutto quello che va tristemente a rotoli.
Nelle ultime 24 ore ho mangiato una quantità di cioccolatini alla menta tale per cui non riesco a calcolare il mio attuale livello di libidine. Ho mal di pancia ma chi se ne sbatte, e poi solo Iddio sa che scariche di adrenalina ricevo ogni volta che ci sono visite in questo blog dall'Inghilterra/Irlanda, tipo oggi che me ne sono accorta e ciao ciao, ho perso il contatto col pianeta Terra e adesso vivo in una landa spensierata che sta a metà strada tra Pufflandia e il Mondo dei Minipony -voo-ola mio Minipony, voo-ola mio Minipony dai voo-ola mio Minipony, quante avventure tu vivrai!
Vorrei che l'Universo ricominciasse a darmi ogni giorno questi segni di totale sintonia, queste sue speciali pacchette sulle spalle *pat-pat* indicative del fatto che sono sulla giusta strada verso l'erotomania il futuro che voglio, questi segni divini sei un'erotomane, scendi a patti con questa realtà che solo lui sa darmi, un po' come quando sto pensando alla Puccettina e lei mi manda un messaggio e io saltello sul posto mezzora oltre che un'erotomane sei anche una BiMbAmInKia.
Ma forse voi persone normali ed equilibrate non potete capire neanche questo e io non ve ne posso fare una colpa, ma dovete sapere che quando una persona ha addosso come me una quantità di mefitici fiati familiari ma vuole essere se stessa si inventa di tutto pur di liberarsene, perché la verità tra le cazzate è che a sentire loro niente di quello che faccio va bene e niente di quello che sono è giusto, e allora io dico tanto vale essere come mi pare e sognare quello che mi pare e tutti loro che si attacchino al tram.

martedì 13 dicembre 2011

POTREI SCRIVERLO CON ELEGANZA MA NON MI VA: AVETE ROTTO LA MINCHIA!

Non mi piace scrivere post quando sono triste o quando sono incazzata ma come spesso succede non posso farne a meno.
Non lo dico per tirarmela e sembrare la grafomane che non sono, ma è così che stanno le cose: quando sono triste, quando ho paura o sono incazzata se non ho il pc acceso mi ritrovo come per magia con una penna in mano e un foglio che si riempie presto di un po' di tutto. Perché l'ho sempre fatto, fin da quando ero piccola, un po' come gli autolesionisti che si tagliano per trovare sollievo solo che la mia compulsione fa meno male (se non spedisco i miei parti letterari, e molto spesso non lo faccio) e volendo non lascia segni. A volte non mi serve a un cazzo, io scrivo e scrivo e scrivo e riempio quaderni, poi li rileggo a distanza di anni e mi accorgo che sto scrivendo sempre le solite cose, quindi non ho fatto progressi, quindi questa cosa che scrivere è terapeutico è vera ma anche no, o forse non è vera per me o forse non lo so. I miei diari, i post it, i foglietti, le fotocopie smangiucchiate e sputacchiate dalla stampante, i cartoni della pizza e chissà cos'altro sono come gli avverbi nel romanzo di Gardumi, se li metti tutti in fila o se conti le parole ti esce un numero spaventosamente grande, tipo la circonferenza della Terra. A volte penso di non farci davvero niente con tutte quelle parole ma alla fine mi fanno un po' compagnia quando non c'è nessuno con cui parlare o quando io non voglio parlare con nessuno, perché mi piace fare la vittima però è anche vero che di persone disposte ad ascoltarmi ce ne sono sempre ma non sempre sono quelle di cui ho bisogno, e non perché siano loro ad avere qualcosa di sbagliato ma perché solo io mi posso sistemare certi casini, non c'è niente da fare. Ci sono tante parole che non riesco a dire, o che dette sono brutte e cattive ma scritte prendono un'altra forma, come la rabbia che se la esprimi la sputi e fa male ma se la metti nero su bianco puoi anche trasformarla in qualcosa di elegante.
Sono tanto arrabbiata ma anche stanca, così tanto che ancora non ho capito qual è il piatto della bilancia che pesa di più. 
Stando in tema di
"Ma tu
che cazzo vuoi dalla vita
lo sai sì o no?"

ecco lì la lettera sulla mano
che ogni anno mi chiedi,
e che ogni anno non ti va bene.
Sono arrabbiata perché ho cercato di dialogare con la mia parte odiosa, ho cercato di darle spazio e di mostrarle che insieme possiamo creare qualcosa di buono, che cooperando possiamo far nascere qualcosa come un romanzo, tipo io ci metto le parole e tu ci metti la costanza e il rigore ma invece no, no, quella parte ha dovuto rovinare tutto, le ho dato un po' di spazio e giusto un pezzettino di unghia per essere indulgente, per essere comprensiva, e lei si è presa tutto il braccio fino alla spalla e forse anche più in su e allora io dico adesso basta Persefone, hai superato il limite. Non ti ascolterò mai più, non ci sarà più nessun appello. Ti ho offerto una possibilità e tu ci hai sputato sopra perché tu non sai fare altro che rovinare tutto, che ricordarmi che sono una donna indegna perché non faccio altro che commettere errori. Errori tutta la vita. Sì, di errori ne commetto tanti, il più grosso che ho commesso di recente è stato quello di ascoltarti e darti un'altra volta la mia energia perché in fondo sono fatta così, perché sono buona, perché sono paziente.
Oggi ho realizzato che quella voce è la voce di mia mamma e la cosa mi ha fatto sanguinare il cuore perché la mia mamma è una ferita sempre aperta che non si rimargina mai, perché non riesco a scegliere consapevolmente di essere un'altra causa di sofferenza per lei, perché il pensiero mi terrorizza, non riesco a dirle chiaro e tondo che certe libertà con me non se le deve più prendere però è un tormento, se non riesco a dare alle sue parole il giusto peso che hanno, e permetto loro di entrami nell'anima e farmi male. Non è lei che deve cambiare, sono io a doverlo fare e a trovare la cosa ancora un po' difficile, perché vorrei che non mi importasse ma invece mi importa di quello che mi dice, quando mi dice che sì, in effetti se mi avesse avuta davanti in certe occasioni mi avrebbe volentieri presa a sberle, come se a sbagliare fossi sempre e soltanto io e non lei, o quando mi dice che eh, con tutte le fortune che ho sarei da prendere a schiaffoni quando mi lamento, come se lei sapesse che cosa provo e che cosa ho passato per colpa sua, o come se lamentarmi fosse un passatempo con cui mi diletto tra una faccenda e l'altra. La cosa bella è che contrariamente a tutto il resto del mondo io non le manco di rispetto e non le ho mai rinfacciato gli errori che ha fatto, ma lei è come Persefone, che se una cosa la faccio giusta potevo comunque farla meglio, se la sbaglio beh è ovvio, e non bisogna lasciarmela passare, non sia mai che ci sia un giorno della mia vita in cui non mi sento colpevole per qualche motivo.
Detto tutto ciò, a mio uso e sfogo, aggiungo soltanto che ho lasciato le lezioni di danza del ventre. Non facevano per me. La ragazza del corso avanzato che arriva mezzora prima, si siede nell'angolino e mi guarda sorridendo tutto il tempo non era compresa nel pacchetto, e non ce la voglio, mi mette a disagio quella sua espressione compassionevole da "Non sentirti spastica, tra mille lezioni sarai brava come me". Non hai una vita fuori dalla sala da ballo? Forse è ora che te ne fai una, porco cazzo. E non ho grande passione neanche per l'insegnante che non conta mai i passi e non fa due volte la stessa coreografia. "A me piace inventare, improvvisare" ...ma grazie al cazzo, anche a me piacerebbe improvvisare se solo mi dessi le basi per farlo, basi che sono la merce per cui ho pagato.
Insomma, tanto per fare un riassunto ci sono cose che potrei lasciar perdere o magari scrivere con eleganza, ma oggi proprio non mi va: MI AVETE ROTTO LA MINCHIA!!!

martedì 6 dicembre 2011

AFTER 3 (a.m.)

Ciao, ho appena finito di scrivere un romanzo in un tempo personalmente da record e tra quattro ore mi dovrei alzare per andare a lezione di yoga. 
Che dite, faccio un after?!
Fuck Yea Mode:
INTENSAMENTE ON
Comunque devo un grazie IMMENSO a quella pazza della Persy che mi fa finire le cose anche se le ripeto per ore che "Non ce la possiamo fare, È TARDI PERSY, fidati di me! Guarda l'ora diobono!!" ma lei mi tira due sberle e "Dai dai, ci sfondiamo l'ultima vaschetta di marmellata di ciliegie e ce la facciamo, dai che ce la facciamo!"
Persy, dove sarei senza di te?!
Vabè, vado a dormire, sono emotivamente provata da questa fatica letteraria, sul finale mi è pure scappata una lacrima che manco quando mi sono sposata l'ho fatta.
COOL STORY, BRO!!!

PS: ecco le ultime tre parti di UNDER MY SKIN che ho finito ieri ma che fingo di aver finito il 30 novembre perché con Blogger posso barare sulle date dohohohohohoho!!!!!!

UNDER MY SKIN -Appena sotto la pelle part 28
UNDER MY SKIN -Appena sotto la pelle part 29
UNDER MY SKIN -Appena sotto la pelle part 30 (THE END)

sabato 3 dicembre 2011

LA NOTTE ETERNA DEL CONIGLIO

Sarà che sono fedele agli insegnamenti di King sugli avverbi, il che non significa affatto che io sia brava a gestirli ma significa piuttosto che so riconoscere quando gli altri non lo fanno (credo sia per via di quella storia della pagliuzza nell'occhio dell'altro e la trave nel nostro, YOU KNOW...), ma questo libro di Gardumi ho fatto una fatica a digerirlo che Dio solo lo sa, e giuro che non ho pregiudizi perché è uno scrittore italiano. E poi il mio è solo un giudizio personale, condivisibile o meno.
Il plot è interessante: un disastro nucleare su scala mondiale e un assassino che si aggira tra i pochissimi sopravvissuti. 
Promette tensione, mistero e suspense, ma poi ti ritrovi con frasi che contengono un avverbio ogni tre per due, un personaggio che parla con la "evve" moscia e la protagonista che usa il termine "ideuzza".
"Mi è venuta un'ideuzza".
Dei aiutatemi voi.

Ditemi pure che sono una piattola, ditemi che sono snob, chiedetemi chi mi credo di essere ma io resto fedele alle mie affermazioni.
Un personaggio che parla in questo modo: «Noi abbiamo chiuso, non volevamo vedeve quell'ovvibile cosa un secondo di più» in un thriller non so, mi fa venire voglia di tirare una craniata in fronte all'autore.
Un ragazzo poco più che ventenne che chiede «Notato qualcosa di significativo, là fuori?»  e dice «Devi restare qui a presidiare il rifugio nel caso io non tornassi, o tornassi ferito» per me non è credibile. Non dico che non lo sia in assoluto, dico che per me un ragazzo così giovane non sceglierebbe termini come significativo o presidiare, ma piuttosto interessante e controllare, che saranno anche più semplici ma mi sembrano più adatti. 
E tanto per finire con la critica iniziale gli avverbi...vogliamo parlare degli avverbi??!

«Avevo l'impressione che Steve, ora non più bloccato dalla tensione di dover prendere direttamente lui le decisioni, si stesse calando automaticamente nel ruolo di suggeritore lucido e scrupoloso, quello che viene a ruota del capo e lo corregge nelle dimenticanze e nelle decisioni affrettate.» e poche righe più avanti «"Ho capito, ho capito" commentò quasi acidamente» e a seguire «Steve protestò debolmente dicendo che poteva tranquillamente iniziare lui e che anche io ero in arretrato di sonno, ma poi obbedì subito quando gli indicai...» e ancora, per finire (perché tanto il romanzo è tutto così) «Mi scoprii a domandarmi come facesse zio Frank a sopportare quell'esperienza per più di pochi minuti, e quando finalmente l'orologio segnò le due e quarantatré e mi liberò da quel compito ingrato sospirai di sollievo più rumorosamente di quanto avessi desiderato.»

Se mettiamo in fila tutti gli avverbi disseminati per lo scritto otterremo la circonferenza del pianeta terra.
Gardumi, I'm sorry, ma spero che questa sia stata l'ultima volta che ci siamo incontrati!

venerdì 2 dicembre 2011

ME IN SLOW MOTION

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hyperventilation
forever more
Sto facendo del mio meglio, sul serio, ma questo è uno di quei famosi giorni in cui non capisco se ho davvero così tanto da fare oppure se le cose effettivamente importanti sono tre cagate e per tutto il resto c'è la mia ansia.
Un po' tipo mia mamma che iniziava a dirmi che era tardi con mezzora di anticipo (l'ha fatto anche il giorno del mio matrimonio alle sei e mezza di mattina, giungendo alla conclusione finale che anziché alle dieci e mezza mi sarei potuta sposare anche un po' più tardi, checcazzo!!) e io alla fine ero sempre in ritardo per principio (tranne il giorno delle mie nozze che ha ritardato l'estetista, giurin giurello!!!!).
A volte questo scherzo lo fa pure mio marito, che lui potrà anche essere quello che non rimette una cosa al suo posto neanche sotto minaccia armata (poi non trova mai una ceppa quando la cerca, chissà come mai) e lancia le mutande, rovesce, nel cestino della biancheria sporca così quando entro in bagno posso vederle penzolare per metà dentro e per metà fuori, ma per il resto è di una puntualità svizzera e odia arrivare in ritardo, tipo lui è già vestito e pettinato da un'ora io sto ancora smanettando su Twitter quando mancano venti minuti alla partenza, ma capita che inizi a gironzolarmi intorno pestacchiando perché "Non sei ancora pronta? GUARDA CHE DOBBIAMO USCIRE..." quando mancano ancora tre quarti d'ora, e vabbè, allora dillo che vuoi farmi incazzare.
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WTF is she talking
about?!
Comunque sì, mi rendo conto di essere irritante e di non avere scuse valide per il fatto che mi pesa il culo venti ore su ventiquattro, che ho dei tempi da bradipo e d'inverno poi mi rallenta il letargo ma abbiate pazienza, e soprattutto fidatevi che è meglio la me stessa in versione SLOW MOTION piuttosto che in quella isterica, perché capitano anche a me i giorni in cui in venti ore faccio le cose che farei in una settimana ma poi a parte non riuscire a stare ferma c'è il problema che non riesco nemmeno a stare zitta,  capite cosa intendo?
Forse lo si intuisce anche da certi post...ah, i post, dove tutto può succedere, anche che mi sputtani senza motivo e che trovi la cosa assai divertente.
Vado a rendermi utile che è meglio, se non all'umanità almeno alla mia casa.
Tchuss!