"Io gliel'ho sempre detto: se continui a comportarti come ti stai comportando alla fine quella figlia la perderai e così è stato. Io non l'avrei mai, mai fatta una cosa del genere"
Non credo che lui si sia reso conto del valore che hanno avuto le sue parole, perché per timore di mortificarlo o far soffrire la nonna ho sempre cercato il più possibile di evitare ogni discorso su questo argomento ma il fatto di non poterne parlare, il pensiero che nessuno da quella parte della famiglia si sia mai fatto veramente avanti per me in questo senso ha significato che in fondo non meritavo poi così tanto di lamentarmi e soffrire per quello che mi era successo. Che sia stato proprio il nonno a legittimare la mia sofferenza ha avuto un peso immenso per me, anche se in fondo adesso ci sto molto meno male di una volta per questo. Le parole che gli ho visto uscire dal cuore sono state il regalo più bello che potessi ricevere per questo Natale.
La cosa divertente è che il 23 avevo pensato di mandare qualche riga proprio a mio padre.
Mi ricordavo di avergli scritto all'inizio dell'anno poco dopo essere entrata in terapia e di essere stata piuttosto brusca anche se non a torto, tanto che da quel giorno non l'avevo più sentito, e così mi sono detta che sarebbe stato un bene per entrambi se avessi fatto un passo verso di lui, e immaginavo così che se fossimo riusciti a vederci per Natale ci saremmo potuti scambiare finalmente degli auguri decenti e magari anche un abbraccio. Allora, armata delle migliori intenzioni, sono andata a ripescarmi il suo indirizzo e-mail e già che c'ero ho riletto le ultime righe che gli avevo spedito a marzo.
Sono stata molto dura nella mia mail, è vero e mi dispiace. In realtà non era quello che volevo ma quando l'ho scritta mi sentivo a terra ed ero molto scossa perché quella famosa domenica non mi aspettavo di vederti a pranzo...non ero "pronta" a trascorrere del tempo con te e la cosa mi ha destabilizzata.
Ciò che voglio dirti oggi, e che volevo dirti anche con la prima mail, magari non usando certi termini, è che non ti odio e non ti porto rancore per quello che è successo in passato. Lo so che gli esseri umani non sono infallibili, come so che io stessa a volte anche senza volerlo, ho fatto del male a persone che consideravo care, e come io desidero di essere perdonata per i miei errori è giusto che conceda anche agli altri lo stesso perdono.
Il punto è che non posso sforzarmi di volerti bene, ecco quello che intendevo dire.
Ero arrabbiata con te, lo sono stata per tanto tempo e lo sono stata anche quella domenica ma non perché tu sia stato un cattivo padre con me, ero arrabbiata perché non sei stato un padre né buono, né cattivo, né così-così. Non ci sei stato e basta.
Adesso le cose sono diverse, ho 32 anni e non ho più bisogno dell'approvazione degli altri ma quand'ero piccola, come ogni figlia, avevo bisogno di te, della tua presenza e del tuo amore. Ormai il passato è passato e mi rendo perciò conto che è assurdo continuare a portare rancore per qualcosa che nessuno potrà mai cambiare però cerca di capirmi, quella bambina arrabbiata e bisognosa è ancora dentro di me e a volte ritorna e io ne soffro, e ho bisogno di buttare fuori questa sofferenza. Non lo faccio con odio o con la precisa intenzione di ferirti. Può darsi senz'altro che io lo abbia fatto in passato, perché l'immaturità a volte ci fa fare e dire cose sopra le righe e di cui neanche ci rendiamo conto, ma adesso non sono più quella ragazzina, ho un'altra maturità.
Credo infine che la vita sia fatta di scelte più o meno consapevoli, e ogni scelta che facciamo comporta delle conseguenze.
Tu hai fatto le tue scelte e io non ti condanno per questo, però adesso devi accettare la conseguenza che ne è derivata, e cioè il fatto che non ti amo come genitore. Non voglio causare la sofferenza di nessuno, nemmeno la mia, e sarò felice se qualche volta potremo parlare e stare ancora insieme per qualche ora, però non fingerò né mi sforzerò mai di volerti bene. Farò del mio meglio per vedere il buono che c'è in te, anche se non l'ho visto in passato, e così so che tu farai del tuo meglio per capire i miei stati d'animo e non forzare le cose. Non ti giudico come padre di Richard perché non ne ho nessun diritto, anzi, cerco di non giudicarti più in generale, ti dico soltanto quello che provo e che riguarda me e te e nessun altro.
Io e te siamo partiti col piede sbagliato trent'anni fa. Pazienza, quel che è stato è stato, ma lo strappo a me ha fatto tanto male, e certe ferite hanno bisogno di lungo tempo per poter guarire, altre non guariscono mai, ma ciò non significa che tu sia una persona terribile o che io non sia degna d'amore come ho pensato per tutta la vita.
Credo che la cosa importante adesso sia ascoltare quello che abbiamo dentro e agire di conseguenza, perciò è giusto che tu dica e ti comporti come ti viene spontaneo con me, e io farò altrettanto. Adesso sai come stanno le cose davvero, e che la mia ritrosia e la mia rabbia non sono strumenti che uso per ferirti, ma solo momenti della mia vita che devo superare per poter guarire.
Sono trascorsi nove mesi da queste righe e dopo una vita passata a non fare niente per me, a disinteressarsi completamente della mia esistenza lui si è sentito così offeso da non avermi mai più degnata di una risposta o di un qualunque altro cenno. La dottoressa mi dice di scrivergli lo stesso, ogni tanto, di mandargli cenni della mia esistenza per non dovermene pentire un giorno, suppongo quando lui sarà vecchio e morente, ma io non ci riesco, e l'orgoglio non c'entra niente. Continuo a non odiarlo ma credo che quell'uomo non mi meriti, che non si meriti il mio tempo, la mia energia e le mie attenzioni con la stessa fermezza con la quale lui crede di aver diritto al mio amore.
In ogni caso il 25 ci siamo schivati, perciò ho risolto tutti i miei problemi in questo senso.
Quanto al resto, e parlando di profezie che si autoadempiono, la mamma aveva già deciso il 22 che la torta di compleanno che avevamo ordinato per il nonno avrebbe fatto cilecca e così è stato, dato che il festeggiato e lo zio per cui abbiamo ordinato una bignolata anziché il ricciolo di frutta come l'anno scorso si sono lagnati perché c'era troppa cioccolata.
Mia mamma lavora nell'UFFICIO COMPLICAZIONE AFFARI SEMPLICI.
E per finire niente, ho mangiato così tanto zucchero in questi ultimi tre giorni che credo non ne vorrò più per il resto della mia vita, oggi sono inciampata sui tacchi STANDO FERMA e non so come sono riuscita a non rompermi neanche un osso e alla fine ho scritto un post troppo serio quando avrei tanto voluto buttarla un po' in vacca, e notare come ogni anno la mia emotività faccia dei progressi.
Vabè, sarà per il Natale prossimo...