sabato 3 dicembre 2011

LA NOTTE ETERNA DEL CONIGLIO

Sarà che sono fedele agli insegnamenti di King sugli avverbi, il che non significa affatto che io sia brava a gestirli ma significa piuttosto che so riconoscere quando gli altri non lo fanno (credo sia per via di quella storia della pagliuzza nell'occhio dell'altro e la trave nel nostro, YOU KNOW...), ma questo libro di Gardumi ho fatto una fatica a digerirlo che Dio solo lo sa, e giuro che non ho pregiudizi perché è uno scrittore italiano. E poi il mio è solo un giudizio personale, condivisibile o meno.
Il plot è interessante: un disastro nucleare su scala mondiale e un assassino che si aggira tra i pochissimi sopravvissuti. 
Promette tensione, mistero e suspense, ma poi ti ritrovi con frasi che contengono un avverbio ogni tre per due, un personaggio che parla con la "evve" moscia e la protagonista che usa il termine "ideuzza".
"Mi è venuta un'ideuzza".
Dei aiutatemi voi.

Ditemi pure che sono una piattola, ditemi che sono snob, chiedetemi chi mi credo di essere ma io resto fedele alle mie affermazioni.
Un personaggio che parla in questo modo: «Noi abbiamo chiuso, non volevamo vedeve quell'ovvibile cosa un secondo di più» in un thriller non so, mi fa venire voglia di tirare una craniata in fronte all'autore.
Un ragazzo poco più che ventenne che chiede «Notato qualcosa di significativo, là fuori?»  e dice «Devi restare qui a presidiare il rifugio nel caso io non tornassi, o tornassi ferito» per me non è credibile. Non dico che non lo sia in assoluto, dico che per me un ragazzo così giovane non sceglierebbe termini come significativo o presidiare, ma piuttosto interessante e controllare, che saranno anche più semplici ma mi sembrano più adatti. 
E tanto per finire con la critica iniziale gli avverbi...vogliamo parlare degli avverbi??!

«Avevo l'impressione che Steve, ora non più bloccato dalla tensione di dover prendere direttamente lui le decisioni, si stesse calando automaticamente nel ruolo di suggeritore lucido e scrupoloso, quello che viene a ruota del capo e lo corregge nelle dimenticanze e nelle decisioni affrettate.» e poche righe più avanti «"Ho capito, ho capito" commentò quasi acidamente» e a seguire «Steve protestò debolmente dicendo che poteva tranquillamente iniziare lui e che anche io ero in arretrato di sonno, ma poi obbedì subito quando gli indicai...» e ancora, per finire (perché tanto il romanzo è tutto così) «Mi scoprii a domandarmi come facesse zio Frank a sopportare quell'esperienza per più di pochi minuti, e quando finalmente l'orologio segnò le due e quarantatré e mi liberò da quel compito ingrato sospirai di sollievo più rumorosamente di quanto avessi desiderato.»

Se mettiamo in fila tutti gli avverbi disseminati per lo scritto otterremo la circonferenza del pianeta terra.
Gardumi, I'm sorry, ma spero che questa sia stata l'ultima volta che ci siamo incontrati!

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