martedì 13 dicembre 2011

POTREI SCRIVERLO CON ELEGANZA MA NON MI VA: AVETE ROTTO LA MINCHIA!

Non mi piace scrivere post quando sono triste o quando sono incazzata ma come spesso succede non posso farne a meno.
Non lo dico per tirarmela e sembrare la grafomane che non sono, ma è così che stanno le cose: quando sono triste, quando ho paura o sono incazzata se non ho il pc acceso mi ritrovo come per magia con una penna in mano e un foglio che si riempie presto di un po' di tutto. Perché l'ho sempre fatto, fin da quando ero piccola, un po' come gli autolesionisti che si tagliano per trovare sollievo solo che la mia compulsione fa meno male (se non spedisco i miei parti letterari, e molto spesso non lo faccio) e volendo non lascia segni. A volte non mi serve a un cazzo, io scrivo e scrivo e scrivo e riempio quaderni, poi li rileggo a distanza di anni e mi accorgo che sto scrivendo sempre le solite cose, quindi non ho fatto progressi, quindi questa cosa che scrivere è terapeutico è vera ma anche no, o forse non è vera per me o forse non lo so. I miei diari, i post it, i foglietti, le fotocopie smangiucchiate e sputacchiate dalla stampante, i cartoni della pizza e chissà cos'altro sono come gli avverbi nel romanzo di Gardumi, se li metti tutti in fila o se conti le parole ti esce un numero spaventosamente grande, tipo la circonferenza della Terra. A volte penso di non farci davvero niente con tutte quelle parole ma alla fine mi fanno un po' compagnia quando non c'è nessuno con cui parlare o quando io non voglio parlare con nessuno, perché mi piace fare la vittima però è anche vero che di persone disposte ad ascoltarmi ce ne sono sempre ma non sempre sono quelle di cui ho bisogno, e non perché siano loro ad avere qualcosa di sbagliato ma perché solo io mi posso sistemare certi casini, non c'è niente da fare. Ci sono tante parole che non riesco a dire, o che dette sono brutte e cattive ma scritte prendono un'altra forma, come la rabbia che se la esprimi la sputi e fa male ma se la metti nero su bianco puoi anche trasformarla in qualcosa di elegante.
Sono tanto arrabbiata ma anche stanca, così tanto che ancora non ho capito qual è il piatto della bilancia che pesa di più. 
Stando in tema di
"Ma tu
che cazzo vuoi dalla vita
lo sai sì o no?"

ecco lì la lettera sulla mano
che ogni anno mi chiedi,
e che ogni anno non ti va bene.
Sono arrabbiata perché ho cercato di dialogare con la mia parte odiosa, ho cercato di darle spazio e di mostrarle che insieme possiamo creare qualcosa di buono, che cooperando possiamo far nascere qualcosa come un romanzo, tipo io ci metto le parole e tu ci metti la costanza e il rigore ma invece no, no, quella parte ha dovuto rovinare tutto, le ho dato un po' di spazio e giusto un pezzettino di unghia per essere indulgente, per essere comprensiva, e lei si è presa tutto il braccio fino alla spalla e forse anche più in su e allora io dico adesso basta Persefone, hai superato il limite. Non ti ascolterò mai più, non ci sarà più nessun appello. Ti ho offerto una possibilità e tu ci hai sputato sopra perché tu non sai fare altro che rovinare tutto, che ricordarmi che sono una donna indegna perché non faccio altro che commettere errori. Errori tutta la vita. Sì, di errori ne commetto tanti, il più grosso che ho commesso di recente è stato quello di ascoltarti e darti un'altra volta la mia energia perché in fondo sono fatta così, perché sono buona, perché sono paziente.
Oggi ho realizzato che quella voce è la voce di mia mamma e la cosa mi ha fatto sanguinare il cuore perché la mia mamma è una ferita sempre aperta che non si rimargina mai, perché non riesco a scegliere consapevolmente di essere un'altra causa di sofferenza per lei, perché il pensiero mi terrorizza, non riesco a dirle chiaro e tondo che certe libertà con me non se le deve più prendere però è un tormento, se non riesco a dare alle sue parole il giusto peso che hanno, e permetto loro di entrami nell'anima e farmi male. Non è lei che deve cambiare, sono io a doverlo fare e a trovare la cosa ancora un po' difficile, perché vorrei che non mi importasse ma invece mi importa di quello che mi dice, quando mi dice che sì, in effetti se mi avesse avuta davanti in certe occasioni mi avrebbe volentieri presa a sberle, come se a sbagliare fossi sempre e soltanto io e non lei, o quando mi dice che eh, con tutte le fortune che ho sarei da prendere a schiaffoni quando mi lamento, come se lei sapesse che cosa provo e che cosa ho passato per colpa sua, o come se lamentarmi fosse un passatempo con cui mi diletto tra una faccenda e l'altra. La cosa bella è che contrariamente a tutto il resto del mondo io non le manco di rispetto e non le ho mai rinfacciato gli errori che ha fatto, ma lei è come Persefone, che se una cosa la faccio giusta potevo comunque farla meglio, se la sbaglio beh è ovvio, e non bisogna lasciarmela passare, non sia mai che ci sia un giorno della mia vita in cui non mi sento colpevole per qualche motivo.
Detto tutto ciò, a mio uso e sfogo, aggiungo soltanto che ho lasciato le lezioni di danza del ventre. Non facevano per me. La ragazza del corso avanzato che arriva mezzora prima, si siede nell'angolino e mi guarda sorridendo tutto il tempo non era compresa nel pacchetto, e non ce la voglio, mi mette a disagio quella sua espressione compassionevole da "Non sentirti spastica, tra mille lezioni sarai brava come me". Non hai una vita fuori dalla sala da ballo? Forse è ora che te ne fai una, porco cazzo. E non ho grande passione neanche per l'insegnante che non conta mai i passi e non fa due volte la stessa coreografia. "A me piace inventare, improvvisare" ...ma grazie al cazzo, anche a me piacerebbe improvvisare se solo mi dessi le basi per farlo, basi che sono la merce per cui ho pagato.
Insomma, tanto per fare un riassunto ci sono cose che potrei lasciar perdere o magari scrivere con eleganza, ma oggi proprio non mi va: MI AVETE ROTTO LA MINCHIA!!!

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