domenica 21 febbraio 2016

E DOMANI ARRIVA SHIRLEY (e altre cose creepy)

Domani arriva Shirley, non vedo l'ora!!! Intanto covo un po' di mal di testa in attesa di andare a dormire se ci riuscirò, dato che oggi sono stata per la seconda volta alla mostra dei serial killer a Jesolo, ho guidato io andata e ritorno perché la Chiaretta non si fidava dell'autostrada e per finire in bellezza, dopo cena film horror. Hai voglia poi a fare sogni e sonni tranquilli (che poi mi lamento ma non tengo mai conto di questi particolari che non sono esattamente dei particolari. Voglio dire, è come mangiare un chilo di peperonata e poi lamentarsi di una notte insonne e del culo in fiamme, eh...).

Sono stanca, di nuovo. Di quella stanchezza che non è dispendio energetico dovuto al movimento ma dispersione di energia vitale in attività inutili (rimuginare sulle solite pippe mentali come una vaccona che rumina per ore lo stesso sputo di erba). 
Ieri sera, dopo che avevo già preso la decisione di finire un monte di libri che mi aspetta da ottobre dell'anno scorso e intendevo mantenerla, ho iniziato comunque un nuovo percorso con un manuale di Mindfulness, un argomento del tutto nuovo e l'alternativa a un aiuto esterno di qualche tipo che non mi sento ancora pronta a chiedere. Insomma, in qualche modo vedrò di uscirne anche stavolta. Sento che la soluzione è a portata di mano, vediamo se stavolta ho le palle (e se è il momento giusto) per espormi un po' e prenderla.

E poi boh, ho scoperto di essere ossessionata dalla statale che passa per Musile di Piave e porta a Jesolo, che è tutta casali abbandonati e campi a perdita d'occhio da un lato, acqua dall'altro e nutrie spiaccicate sull'asfalto. Un posto di merda in cui non starei neanche dipinta ma che nello stesso tempo mi affascina, oggi che ci sono ripassata ho rallentato di proposito un po' per godermi il passaggio da un lato e poi dall'altro. 
Il paesaggio desolato mi ha ricordato quella gita nella zona del ferrarese e del rodigino del 2009 con la morosa, a fine luglio, con un caldo becco e la Berta al collo. È stata anche la prima volta che ci siamo inoltrate nel giardino dell'ospedale psichiatrico infantile di Aguscello e solo a stare lì c'era da cagarsi in mano. Che figata però... 
Ho pensato a una cosa stupida, negli ultimi giorni, su di lei. Anzi, a due cose stupide. La prima è stata che le gite organizzate nei luoghi abbandonati che faccio adesso con Devis e la sua associazione le sarebbero piaciute un casino. La seconda è stata un pensiero su Venezia. 
Non sono ancora sicura di quello che provo quando ripenso a lei, in questo momento. Ci sono giorni in cui la carogna sulla schiena mi sussurra cattiverie, altri giorni in cui mi tornano in mente solo i ricordi migliori. Giorni in cui ripenso a quando non ci siamo capite, altri in cui mi manca comunicare con lei perché al di là di tutto, dell'essere amiche o non esserlo, ho sempre avuto la sensazione che sapesse leggermi dentro senza che avessi bisogno di esprimermi apertamente.
Io non la conoscevo altrettanto bene né la vedevo così profondamente, suppongo di essere stata quasi sempre troppo presa da me stessa e dalle sue reazioni alle mie azioni (lo so, è una logica contorta ma rimane una logica) per accorgermi che con lei avevo appena scalfito la superficie, e lo capisco soltanto adesso che ho preso le distanze e che sono maturata un po'. Ma che mi piaccia o meno lei è ancora nella mia vita, e ci sono un mucchio così di situazioni in cui il suo ricordo ciccia fuori e mi chiede attenzioni. Hey, sono qui, esisto e non puoi fare finta di non vedermi. 
Qualche giorno fa ho scritto alla Ele e ho chiarito la mia posizione riguardo la nostra amicizia. E sì, ho cancellato il post sull'argomento che trasudava acidità perché a volte scrivo scemenze, perché sono arrabbiata col mondo o in crisi ormonale, e poi me ne pento. Mi assumo pienamente la responsabilità del mio essere un po' stronza come è un po' stronza tutta l'umanità. Dopo il chiarimento, la Ele mi ha fatto sapere che intendeva passare un fine settimana a Venezia, a marzo, e che se avessi voluto essere della partita le avrebbe fatto piacere e io ho accettato. Abbiamo trovato una sistemazione comoda e a un buon prezzo e l'abbiamo prenotata. 
E io ho pensato per tutto il tempo a lei. Alla Lennie, intendo. È una stronzata in realtà, a Venezia ci vado da anni e ci sono andata decine di volte prima che ci conoscessimo, ma dopo quelle tre o forse quattro occasioni in cui l'abbiamo scelta come meta per me è diventata un posto diverso. Riesco a non dare peso ai ricordi quando ci vado con il topo, perché è il topo, ma se penso di trascorrerci tre giorni con la Ele non possono non tornarmi in mente il Bar Torino, i sedici euro a testa di caffè, quanto cazzo ho riso il giorno della prima riunione creativa, il portaprogetti con le banane, quella minchia di cestino per la merenda dei Barbapapà.
Quanti post ho scritto, finora, su quella maledetta di una donna? Quante volte, da due anni a questa parte, ho scritto che la odiavo e che non vedevo l'ora che il suo ricordo si levasse dai coglioni così da permettermi di andare avanti con la mia vita? Non perdo tempo a contarle ma so che sono tante. E sì, a volte vorrei che non avessimo condiviso tanto, o che quello che abbiamo condiviso non mi facesse l'effetto che mi fa perché non è giusto, perché, ricordiamocelo bene, sono trincerata dietro il mio muro di odio e la mia convinzione di aver ragione su tutto. Però succede, che cosa ci posso fare?
Posso aspettare, suppongo. Aspettare di trovare il bandolo della matassa. Nell'attesa, spingo tutto da parte (sono diventata bravissima, di recente, a spingere da una parte quello che non voglio vedere), e pubblico questo post senza riletture. Diciamo che va bene così, grezzo ma onesto, anche se magari tra qualche tempo farà la fine di tanti suoi simili, cancellati al passare di una crisi.

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