domenica 14 febbraio 2016

TU CHIAMALA CHIAROSENZIENZA SE VUOI (ma "FARSI LA CACCA IN MANO PER L'ANSIA" per me rende meglio)

Prima volta in vita mia che vado ad esplorare un paio di posti abbandonati e ritorno a casa con un'ansia che a momenti non riesco a prendere sonno. Forse il tempo non ha aiutato, ieri era una giornata decisamente cruda, ma anche riflettendo a distanza di ore, mentre faccio ordine tra le foto, mi sembra che lo stomaco mi si ribalti come il cestello di una lavatrice in centrifuga e non ho ricordi che mi sia mai successo, nemmeno a Poveglia dove invece mi sarei aspettata di sentirmi nauseata ed oppressa.
Pensando che vado a visitare un paio di alberghi abbandonati immagino tutto meno che l'inquietudine. Ok la puzza di urina e chissà cos'altro, la distruzione degli ambienti, i segni inequivocabili dei bivacchi che non sono proprio la gioia per gli occhi ma fanno parte dell'abbandono, ma i brividi e tutto il resto? La vocina nella testa che ripete «Voglio uscire, dai usciamo, ti prego usciamo!»??!
Questa foto è tutta mossa perché sono una fotografa abbastanza incapace e spesso mi parte il dito a banana, ma le due ombre scure in primo piano, che si allungano verso l'alto e sembrano incombere sul corridoio, a me è sembrato di sentirle alitarmi sul collo mentre ero lì, a fare "s-ciaff s-ciaff" con gli anfibi sulla moquette impregnata di umidità.


E non è andata meglio fuori, guardando la piscina esterna piena di acqua torbida e ogni genere di schifezza. Se non esce qualche creatura lovecraftiana da lì non può uscire da nessun'altra parte.


E a proposito di creature lovecraftiane sorte dai fanghi di un vecchio albergo in località termale, se non sono stata catturata e fagocitata da qualche immonda creatura antropomorfa mentre visitavo il secondo albergo è stato davvero un miracolo. Siamo entrati dal retro, passando per due piccole vasche collegate (una interna e una esterna) con solo poche dita d'acqua verdastra sul fondo. Di lì siamo passati per un lungo corridoio dall'aspetto "ospedaliero" (passatemi il termine) disseminato di porte e stanzette per le cure con i getti d'acqua, i fanghi e gli aerosol.




Una doppia porta tagliafuoco ci ha portati nella hall, un'altra simile ci ha dato accesso ai piani con le camere da letto. Non ho mai sentito un odore così schifoso e nauseabondo come quello dell'umidità accumulata nei vani scale, quasi completamente al buio, e chiariamo subito una cosa: ho lavorato come donna delle pulizie in un'azienda metalmeccanica e ho visto bagni che voi umani non potete immaginare, quindi non sono un tipo delicato e che si nausea facilmente. Ma lì stavo per sentirmi male.
Il però peggio l'ho provato al primo piano, esplorando quello che resta delle camere da letto sulla facciata dell'hotel. Dai soffitti piove letteralmente acqua che fa marcire i materassi, la moquette e le imbottiture dei divani e delle poltrone, e ventagli di una muffa marrone che non ho mai visto in vita mia si aprono sulle pareti e sopra le porte e sembrano soffiati lì di proposito, a mo' di decorazioni.


Le stanze disposte sul lato opposto hanno tutte le finestre chiuse, impossibile fare foto o vedere bene l'interno (ma neanche ci tenevo, non vedevo l'ora di andare via e fare duemila docce bollenti con la varechina), mentre quelle sulla parte più interna dell'albergo erano meno devastate ma non meno inquietanti. Una in particolare, una specie di sartoria, credo mi fornirà incubi per almeno il resto dell'anno.


Stessi umori mefitici e pioggerella piena di microbi anche nella hall e nella vicina sala da pranzo, dove non è rimasto gran mobilio ma sopra una credenza sono ancora appese le indicazioni alimentari per alcuni pazienti ospiti della struttura. Sulla moquette nella hall ci sono vecchie tessere della tombola, cartoline con vedute dell'albergo al suo massimo splendore, conti e fatture, vecchi schermi di computer distrutti, e in giro un po' di poltrone e divani.




A parte l'odore tremendo di cose che ammuffiscono (e sembrano in grado di prendere vita propria, della serie che mi aspettavo di essere aggredita e mangiata viva da un materasso da un momento all'altro), di entrambi gli alberghi mi hanno colpita molto due particolari:
1) non ho visto graffiti in nessuna stanza, quando si sa che i posti abbandonati sono le mete preferite dei graffitari (di fatto nei posti che ho visitato in precedenza ho trovato abbondanti reperti di questo tipo) e
2) non ho visto nessun segno di bivacco, nemmeno nelle stanze meno esposte all'umidità e quindi più "vivibili".
Può darsi che questo non significhi nulla, o che significhi qualcosa di più sensato come entrambi gli alberghi si trovano in posizioni bene in vista, uno lungo una strada circondata di caseggiati d'appartamenti e l'altro in piazza, proprio di fronte al municipio del paese, e quindi ad entrarci si attira più facilmente l'attenzione, ma conosco almeno altri due posti con accessi altrettanto in vista che sono diventati lo stesso il ricovero di sbandati, clandestini e senzatetto e allora mi chiedo, com'è che dei rifugi tutto sommato sicuri, che non minacciano crolli, vengono così snobbati in favore di altri più pericolanti? Non sono granché dotata in quanto a chiarosenzienza, e sono anche una persona abbastanza concreta, ma io là dentro qualcosa di strano l'ho avvertito di sicuro e chissà, magari non sono stata l'unica.

Nessun commento:

Posta un commento

Siamo in un blog libero, dì un po' quello che te pare!