giovedì 4 maggio 2017

RISOLUTA A DIVERTIRMI

Ieri sera ho finito di mettere a punto due piccoli ebook. Piccoli nel contenuto, ma immensi nel lavoro, con tutto che Streetlib è un ottimo strumento anche per un'impedita come me (certo, se non mettesse invii a caso qua e là e non facesse modifiche ispirate unicamente ai suoi tiramenti di culo sarei più felice). Ho così riscoperto il sadico piacere che provavo nelle infinite attese ai concerti quando, in fila, una misteriosa forza interiore cancellava tutti i miei bisogni fisiologici. Sono rimasta incollata al pc per ore senza bere, mangiare e andare in bagno. Dopo ho avuto una specie di crisi mistica, nel momento in cui ho rimesso piede nel mondo reale e non capivo dov'ero.
Dopo è arrivato il disagio. Disagio da distacco, forse, o disagio e basta. L'inquietudine del «Va bene, ho finito con questi ebook, E ADESSO?».
Adesso dovrò buttarmi su qualcos'altro, su un nuovo progetto. Fare pubblicità al lavoro già fatto, dite? Scherziamo? Senza scherzi, ho riflettuto a lungo su questo punto. Posso sul serio passare giornate intere a trascurare la casa e gli affetti per controllare ogni singola riga di uno scritto, posso leggere e rileggere venti volte la stessa cosa (tanto il refuso o la ripetizione mi scappano lo stesso), e passare altrettanto tempo a preparare la migliore copertina che mi consente la mia incompetenza in materia. Posso infine togliere ore al sonno e ritoccare lo stesso file quindici volte di fila perché nell'anteprima risulti perfetto... ma dopo mi fermo.
So che non dovrei dirlo a me stessa, men che meno scriverlo, perché così mi sto autolimitando, ma la prendo come una situazione temporanea. Temporaneamente, non riesco a buttarmi nella mischia in un cui si buttano tutti coi loro ebook, con i loro link e le classifiche scalate e le recensioni tutte a quattro o cinque stelle. Io non le chiedo nemmeno alle tre persone che i miei libri in effetti li leggono. Non ce la faccio a buttarmi in quel calderone per finire nell'oblio in cui finiscono gli altri. Titoli sepolti sotto altri titoli. Titoli spacciati per meraviglie che poi sono delle cialtronate. Autori che fanno finta di essere famosi, che millantano cifre di vendita o di lettura che non stanno né in cielo né in terra (giorni fa ho letto qualcosa come 150.000 pagine lette. Già 10.000 sarebbero una cifra pretenziosa, figuriamoci 150.000. Ma chi scrive 'ste cazzate spera sul serio che qualcuno ci creda?!). Autori incazzati perché non sono diventati famosi, perché hanno scoperto che quello dello scrittore è un mestiere difficile.
A me non fanno paura le critiche (be', un pochino sì, ma in misura più che accettabile), mi fa paura l'indifferenza. In sostanza a nessuno frega un cazzo di niente e di nessuno, e mi includo in questa categoria di menefreghismo. Magari ho provato per un po' a dispensare likes e a leggere estratti, ma non ci trovo mai niente di eccezionale che mi spinga all'acquisto o a un po' di pubblicità disinteressata per l'autore. Quando va bene, chi scrive non sa prendersi meno sul serio con gusto e mette in commercio delle porcherie che la grammatica non l'hanno vista neanche passare. Oppure sono autori tutti frasi arzigogolate e autrici con gli aforismi sull'ammmore, che chissà quanti cazzo di Baci Perugina se so' magnati per metterli insieme.
Non ho la pretesa di essere migliore, probabilmente se avessi il culo di farmi leggere da un autore valido troverebbe mille pecche nei miei scritti, quindi non sto qui ad indignarmi dal pulpito. Ma tutta questa analisi mi serve a capire che non voglio fare la fine di qualcuno di quegli autori. Vorrei cercare di offrire qualcosa di diverso. Non migliore, diverso. Qualcosa che nessun altro ha ancora tentato. Ma cosa? E come? È un bel dilemma.
Per il momento, credo che la cosa migliore che posso fare sia divertirmi. Sto riscoprendo un po' il piacere di scrivere, dovrei concentrarmi unicamente su questo. Credo dovrei uscire da questo sistema e buttare la spazzatura: il marketing improbabile, i titoloni di aria fritta e cifre inconsistenti, il piegarsi alle richieste di mercato. Magari una volta l'avrei presa come una resa, perché diventare una famosa scrittrice era il mio sogno di ragazzina, ma da ragazzina avevo una visione diversa del mondo, avevo altre aspettative. E comunque, scrivere spinta da questo bisogno di emergere non mi ha portata da nessuna parte e anzi, ha inaridito il mio mondo interiore. Chissà che mollando la presa arrivino un po' di risposte.

Nessun commento:

Posta un commento

Siamo in un blog libero, dì un po' quello che te pare!