giovedì 18 maggio 2017

SBRONZE

In questo periodo mi sto impegnando moltissimo ad andare a letto a orari decenti, ovvero non più tardi di mezzanotte e mezza. L'idea era quella di migliorare la qualità della mia vita nonché il mio rendimento durante il giorno, ed evitare alla lunga un altro esaurimento nervoso. Tutto molto nobile da parte mia, nevvero?
Tuttavia, il mio impegno non ha ancora sortito alcun risultato. Ieri notte alle tre ero più sveglia che mai, lì a rigirarmi tra le coltri, poi a litigare con Franz e la sua alpecia ansiogena del cazzo (con l'arrivo del caldo ha ricominciato a spazzolarsi dei metri quadrati di pelo - sembra un mappamondo), e infine a fare passeggiate in corridoio. Sicché ho deciso che smetterò di impegnarmi e continuerò a vivere allo sbaraglio, non dormendo se non avrò sonno. Prima o poi finirà anche questa fase della mia vita, giusto? (L'imminente arrivo del caldo mi suggerisce che forse dovrò aspettare ancora un po' per questa fine... ma nevermind.)
Ero anche agitata, ieri sera, per via dei postumi di una "Sbronza di Vita".
La "sbronza di vita" è quello stato di grazia in cui vivo per quattro giorni sparsi a caso durante l'anno, giorni in cui tutto è meraviglioso e io mi comporto come se avessi fatto colazione con pane e anfetamine. Allora, in stato di grazia che talvolta prende la piega di un delirio di onnipotenza, posso fare progetti pieni di ottimismo e a lungo termine, e posso scrivere bene, scrivere davvero, per delle ore senza sosta nella più totale esaltazione.
Ieri è andata più o meno così, mentre decidevo che avrei finito questo e quel progetto, e quell'altro a ottobre e il secondo capitolo della dilogia nel 2018 (e ho anche preso appunti per il prequel dell'appena citata dilogia).
Se solo la sbronza durasse.
Se solo.
La fase di delirio ha comunque sortito migliori risultati della mia volontà di dormire nelle ore "più giuste" della notte, perché senza grandi meditazioni ho deciso di rimettere mano al primo capitolo de "La città delle rondini albine" per una ripubblicazione. Il titolo erano finito a fare la muffa dentro un cassetto principalmente per due motivi:
1) ritenevo che avesse bisogno di essere riscritto e ampliato, e
2) non ero più abbastanza innamorata dei personaggi e della storia per rileggere, correggere e ampliare.
Sei imperfetto,
e per questo io ti amo.
Ma io un po' mi conosco, e so che non mi disinnamoro mai di un progetto o di un personaggio. L'amore è sempre lì, che arde sotto la cenere, e basta il giusto colpo di vento per ravvivarlo. Rileggendo parti a caso del romanzo non l'ho trovato orribile come lo ricordavo, anzi, alcuni brani mi sono piaciuti. È un romanzo vero, intero... un mondo che sono riuscita a mettere in piedi in un momento orribile della mia vita, e lo so che ha un mucchio di difetti e che riscriverlo probabilmente sarebbe la cosa più giusta da fare... però non la farò. Lo sto ripassando interamente per qualche aggiustamento, ma poi lo ripubblicherò così com'è: imperfetto.
Adesso, scrivere non è più questione di voler emergere, di cercare il successo a tutti i costi, e questo libro ne sarà una prova concreta. L'ho realizzato stando su Messenger con Laura, qualche giorno fa, quando rispondendo a un suo messaggio ho ripescato dalla memoria il ricordo di una serata del 2011 trascorsa a una festa di paese a cui, non so come, il topo era riuscito a trascinarmi.
C'era questo tizio seduto alla nostra tavolata, uno che avevo di fronte e che aveva passato tutta la sera a seguire con lo sguardo sua moglie che rincorreva il figlio dappertutto, in mezzo a un'orda di altri bambini indemoniati. Guardava la sua famiglia con un'espressione vacua, e la sua bocca sorrideva ma tipo paresi, con il resto della faccia che non partecipava. Sorrideva, ma non c'era tenerezza negli occhi, né divertimento o magari del sarcasmo. Ad un certo punto si è girato a guardare mio marito.
«Eh, la vita...» gli ha detto. «Quando sei giovane non vedi l'ora di avere diciott'anni per farti la patente e comprarti la macchina. E poi? Trovi lavoro e ti fai la casa, ti sposi e fai dei figli. E lì la vita l'hai proprio finita.»
Poco dopo, grazie a dio ha iniziato a piovere. La festa si teneva in collina, nel giardino di una villa, e noi avevamo trovato parcheggio piuttosto lontano, così, con la scusa di non volerci bagnare siamo letteralmente scappati a casa.
Non è che il concetto "cresci, ti sposi e la vita sostanzialmente finisce" mi fosse nuovo, è che il tizio l'ha espresso in un modo talmente chiaro e diretto che mi si è ficcato nel cervello come un dardo e mi ha fatto molto male. Ripensare a quel discorso a sei anni di distanza mi ha sì dato i brividi, come li ho avuti quella sera, ma ha avuto anche un risvolto positivo.
Questa è la vita, ho pensato. Scrivo. Forse non diventerò famosa e non viaggerò per il mondo in prima classe come ho sognato di fare tante volte, ma se continuerò ad emozionarmi per una storia e ad amare un personaggio come se fosse una persona reale non penserò mai che la mia vita è finita con il matrimonio e il raggiungimento dell'età adulta. 

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