sabato 23 gennaio 2016

ANALISI SENZA FINE

È così difficile per me non giudicare persone o situazioni, in generale, che per smettere, o almeno esserne consapevole, devo avere la volontà di soffermarmi sui pensieri che sto facendo quando guardo qualcuno o rifletto su una decisione che ho preso, o una cosa che voglio fare. Un impegno notevole, ma mi ci sono messa davvero, e non intendo dire che sto cercando di dare un taglio solo ai giudizi negativi ma anche a quelli positivi, perché sono incapace di prendere una situazione così come sta, sono incapace di osservarla senza analizzarla e poi ricamarci sopra delle aspettative o delle opinioni non richieste e questo non mi fa bene.
Oggi ho chiuso tutti i libri che stavo studiando per il nuovo romanzo e le cartelle con i "lavori in corso" dentro una scatola per poi portarla nello studio, perché ho sentito il bisogno di chiudermi là dentro per qualche giorno anche se è più freddo e devo dividere lo spazio vitale con due gatti che non amano particolarmente i rumori e le intrusioni (l'immensità del cazzo che gliene frega che quello è il mio studio). Neanche il tempo di posare la scatola sulla scrivania e la Critica Interiore aveva già detto la sua sulla mia decisione, senza tenere conto del fatto che non avevo espresso nessuna intenzione particolare in merito, non avevo detto, per esempio, che volevo spostare il materiale per lavorare in un'altra stanza della casa.
«Non è la prima volta che fai questo trasloco, e dopo due mesi ti ritrovi con un nulla di fatto e trasferisci un'altra volta il casino in cucina!»
Non so neanch'io che cosa voglio fare in questo momento della mia vita, ho da finire di imballare i libri e le cianfrusaglie della camera da letto per i lavori di ristrutturazione del muro e questa mette subito le mani avanti, giudicando un gesto semplicissimo e senza nessuna implicazione. Ecco di cosa sto parlando. Tutto deve avere un senso, tutto deve avere un ordine, una ragione, un motivo. Perciò il mio cervello non si ricarica mai, perché non ha spazio per altro che questa analisi senza fine.
Quand'ero ragazzina avevo tappezzato i muri, i quadri e tutti i mobili della mia cameretta di poster e foto dei cantanti e gli attori che mi piacevano. Adoravo la mia camera, era il rifugio più sicuro e meraviglioso del mondo e il posto più comodo per scaricare i nervi, così, se qualche sabato sera ero sola e avevo una crisi da smaltire accendevo lo stereo, prendevo la scala, un rotolo gigante di nastro adesivo e riorganizzavo i poster. A volte ci mettevo anche quattro ore per far combaciare ogni foto in modo che non restasse vuoto nemmeno un angolino, ma alla fine mi sentivo incredibilmente sollevata. In mancanza di poster, stasera riorganizzerò i libri nello studio, alla faccia della Critica, e guarderò un po' delle cose scomode che negli ultimi giorni ho fatto di tutto per ignorare. Se non c'è altro modo di scendere a patti con il concetto che la mia realtà quotidiana è quella che è perché io me la sono voluta così, allora ci sbatterò contro il naso a forza, non importa quante volte né se alla fine sanguinerà.  

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