Sono sicura di ripetermi nello scrivere questa affermazione, ma la dolce sensazione del mal di testa che se ne va è una delle sensazioni più meravigliose del mondo, meno di un'ora fa non ero neanche in grado di mettere insieme due pensieri di senso compiuto e volevo tipo morire, adesso mi sento pronta a fare le pulizie di Pasqua con un po' di anticipo.
Mentre aspettavo che l'antidolorifico facesse effetto ho rimesso mano al dizionario dei serial killer che da un po' avevo voglia di rileggere, stimolata dalla recente visita alla mostra di Jesolo e dalle chiacchiere condivise con la mamma sull'argomento (detto tra noi lo preferisco grandemente alla relazione dettagliata del disordine che mio padre lascia in giro per casa).
Sono sconcertata dalla facilità con cui leggo libri del genere, e dall'interesse che suscitano in me. Ne sono sconcertata perché pur provando disgusto e orrore per quello che leggo continuo a leggere. Non vado in giro a dire che sono una persona "strana" per farmene un vanto, o perché "strano" uguale "diverso" uguale "figo"... non lo dico, ma talvolta i fatti parlano da soli. Anche le mie amiche parlano da sole, quelle che mi conoscono bene e mi dicono «Oh, Vale, 'sta cosa è strana e inquietante: sicuramente a te piacerà» (quasi sempre hanno ragione). Insomma, diciamo pure che sono un po' strana, se per strano si intende insolito, vagamente fuori dall'ordinario, e non sono sicura che questa "stranezza" mi faccia sempre felice.
Non sono cambiata molto da quando ero piccola e di ritorno dalla scuola andavo a sbirciare l'ultima vetrina della videoteca, quella più nascosta perché esponeva tutte le videocassette e le locandine dei film horror. Avevo sette anni, forse otto, e per fare una cosa del genere a quell'età secondo me qualche rotella mi mancava, e deve mancarmi anche adesso, quando mi riscopro a guardare cose che mi danno il voltastomaco senza potermelo impedire.
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