Giornate di NO, di chiusura, di vaffanculo e di non mi interessa. Anzi, non me ne frega un cazzo proprio. Giornate di rifiuto totale senza una spiegazione. Appena qualcosa o qualcuno si avvicina al mio spazio personale riceve subito un ringhio manco fosse un testimone di Geova che si attacca al campanello e non lo molla più.
Giornate in cui il massimo piacere deriva dal pensare al cibo e al caffè, a quando mi alzerò la mattina e berrò il primo, a quando berrò il secondo dopo pranzo, a quello del pomeriggio e magari anche a quello del dopocena. Il pensiero è tutto lì, nello stomaco che brontola e nel chiedermi che cosa mangerò di buono a pranzo o a cena o se mi va alle undici e mezza, come ieri sera che dopo una coppa di frutta dovuta all'organismo che aveva perso due secchiate così di sudore in palestra, ho saziato la voglia vorace con un panino al tonno e crema di tofu (alle undici e mezza, per l'appunto). Non vi dico stasera che sono a cena fuori... ci sto pensando da tre giorni.
Giornate di «Ma chi me lo fa fare?» in riferimento a qualunque stronzata io decida di mettere in atto, dalle pulizie alla scrittura.
È veramente bello essere donna in premestruo.
Bellissimo.
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