L'editing di LCDRA continua.
Un'estenuante tiramolla di individui che quando non si cioccano sono occupati a pensare.
E pensare. E pensare, pensare, pensare...e poi ancora pensare.
Mi ricordano qualcuno.
Chi, forse la sottoscritta??
Over-thinking is the main cause of depression.
Ho scoperto l'acqua calda e la patata lessa nello stesso giorno, sono un genio!!!
Insomma, per farla breve sto togliendo un sacco di roba dalla prima stesura, e con
"un sacco" intendo pagine e capitoli interi, ma dato che questo romanzo è stato un po' diletto e un po' un mezzo con cui ho cercato di purgare la mia anima da troppo dolore in troppo poco tempo mi dispiace di buttar via proprio tutto, così tengo gli scarti. Tengo gli scarti per farci degli spin-off, forse.
Quarantaquattro spin-off in fila per sei col resto di due.
Questo è uno scarto che non mi dispiace.
OVER-THINKING IS THE MAIN CAUSE OF DEPRESSION
Lucinda era riuscita ad
aprire gli occhi per un momento e a distinguere qualcosa attraverso la nebbia
che il narcotico aveva fatto calare sulla sua mente.
Aveva visto McGrow che
la fissava e aveva capito di trovarsi all'interno dell'auto di lui, ma a parte
quello non aveva potuto fare altro. Il suo intero corpo era rimasto inerte, e
poco dopo il solo mantenere il più a lungo possibile quella blanda presenza
mentale le era costato una fatica enorme. Pensò che a quel punto non c'era
davvero più nulla che potesse fare, o per cui valesse la pena di addolorarsi.
Se non per
l'espressione di McGrow.
Era assurdo, ma
fissandolo così a lungo negli occhi iniziava quasi a sentirsi colpevole come se
l'avesse ferito di proposito, o non fosse stata lei la vittima della
situazione, ma non appena sentì i battiti del suo cuore che acceleravano si
impose di ignorarli, e di immaginare che di lì a poco l'auto si sarebbe
fermata, lui avrebbe consegnato il suo corpo intorpidito nelle mani di Killeen
e poi le avrebbe sussurrato che era davvero dispiaciuto, ma aveva dovuto fare
il suo dovere.
Non c'era altro oltre a
quello, si disse Lucinda, nessun vero sentimento, solo un dovere da compiere
anche se McGrow si preoccupava per lei, la teneva saldamente tra le braccia
curandosi che gli scossoni della strada non la disturbassero, e non smetteva di
guardarla e di controllarle il polso. Se lei fosse stata soltanto “una missione
da compiere” si sarebbe dato tutta quella pena?
Non poteva negare a se stessa che era accaduto
qualcosa di importante dentro di lei quando si erano incontrati, come non
poteva mettere a tacere l'emozione che aveva provato poco prima, quando si era
sentita davvero viva per la prima volta dopo un lunghissimo periodo trascorso a
brancolare nell'oscurità e sopravvivere, a interfacciarsi con creature
disgustose e ad avere più pietà per loro che per la sua stessa anima, tuttavia
che futuro poteva sperare ci fosse per tutte quelle meravigliose emozioni?
È stato tutto molto
bello, pensò, ma è finito.
Anche se in quegli
istanti per una volta tanto si sentiva protetta dentro quell'abbraccio,
abbandonarsi alla speranza non aveva senso.
All'improvviso chiuse
di nuovo gli occhi, per non dover più guardare dentro quelli di lui.
Si sforzò di ricordare
che le aveva mentito, che l'aveva ascoltata e forse persino sedotta soltanto
per renderla più arrendevole e catturarla meglio nella sua rete. Uccise subito
quel barlume di piacere che provava nell'essere ancora tanto vicina a lui da
sentire il suo respiro sul viso e la mano salda contro il fianco, e attese il
momento in cui l'auto si sarebbe fermata e il suo viaggio sarebbe così finito.
Finito e miseramente
fallito.
Anche McGrow stava
meditando sul suo tracollo emotivo, scosso dall'imprevedibilità di una vita che
dopo la trasformazione aveva immaginato incolore e senza terremoti.
Aveva sempre fatto del
suo meglio per salvare ogni creatura che avesse trovato in pericolo, ma tra
l'impegnarsi e il provare trasporto per quelli che salvava correva una
differenza abissale. Gli erano capitate famiglie che non riuscivano a staccarsi
dai loro cari nonostante fossero stati infettati, e poi fossero morti e
ritornati. Aveva dovuto uccidere esseri umani ancora vivi che erano stati morsi
e non potevano essere trasformati come lui per mancanza di tempo, e bruciare
pile di corpi ammassati dentro fosse comuni come aveva visto accadere nella
storia passata, durante le guerre o gli stermini di massa. Molti gli avevano
urlato che era un assassino senza pietà senza sapere che sorte gli era toccata,
ma per quanto potessero aver avuto ragione, seppur in minima parte, lui non era
mai giunto alla fine di una giornata provando rimorso per quello che aveva
fatto. Sapeva che il suo cervello era umano, che anche il suo cuore in un certo
senso lo era ancora, ma non era più riuscito a lasciarsi andare a un vero
sentimento. Si ricordava che lo stesso Killeen prima della trasformazione gli
aveva parlato della possibilità che le sue emozioni col tempo subissero una
sorta di ottundimento, e che a quell'idea lui si era sentito enormemente
sollevato. I cervelli sfatti gli avevano portato via la madre, il padre e la
sorella minore e avevano quasi ucciso Jake, prima di mordere anche lui.
Nonostante nessuno dei due portasse più i segni dell'infezione nel corpo quella
strage, le urla e i lampi degli spari nel buio erano qualcosa che difficilmente
avrebbe potuto dimenticare. E poi aveva visto tanto di tutto e di tutti
lasciandosi scivolare ogni cosa sulla sua nuova pelle, finché non era arrivata
Lucinda.
Lucinda era una persona
sola, ma il trasporto emotivo che aveva provato da subito per lei lo aveva
travolto come se tutte le anime che aveva bruciato e le vite che aveva
stroncato senza battere ciglio si fossero unite e scagliate su di lui.
Non vedeva l'ora di
tornare ad Unnamed, nell'unico posto al mondo in cui si fosse sentito veramente
al sicuro, per parlare con il dottore di ciò che gli stava accadendo. Da un
lato si sentiva quasi in imbarazzo per il suo tormento, ma dall'altro sapeva
che la necessità di rassicurazioni sarebbe stata più forte di quel disagio.
Forse c'era stato un contatto anomalo tra i suoi circuiti, pensò, qualcosa che
l'aveva colto impreparato perché non gli era mai capitato prima, dopotutto non
doveva dimenticare che lui, Jake e gli altri erano i primi prototipi, e che
c'era ancora molto che Killeen poteva fare per migliorare la sua specie.
Guardò di nuovo la
ragazza.
Sapeva che era
cosciente, e perciò il fatto che si ostinasse a tenere gli occhi chiusi lo
feriva ancora di più. Per un istante provò il violento desiderio di essere di
nuovo umano, soltanto per il tempo che occorreva per arrivare ad Unnamed e
perché lei si sentisse più a suo agio. Gli sembrò di vederla ancora inorridire
nell'oscurità di quel palazzo abbandonato, quando aveva capito che la sua
natura era tutt'altro che umana. Anche quello lo feriva e allo stesso tempo lo
sorprendeva, perché credeva davvero di aver previsto tutto prima della
trasformazione, per quel poco che era stato cosciente mentre il virus iniziava
a uccidere il suo cervello. Gli sembrò di ricordare che il dottore gli avesse
fatto un lungo discorso anche a proposito di quelle certezze a cui si stava
ostinatamente attaccando, per sopprimere il dolore e superare il trauma della
morte della sua famiglia gli aveva detto, ma non ne era sicuro. Lui e il
dottore avevano fatto così tanti lunghi discorsi che molto era andato perso nel
passato, e forse era lì che dovevano restare.
Giovedì 11 aprile 2013, ore:
16.49